lunedì, Aprile 29, 2024

Lifestyle, Società

Volontà o destino?

Quale la misura di libero arbitrio veramente a nostra disposizione?

di Giorgio Scroffernecher

Sì, l’argomento è di quelli che se ci vai troppo dietro ti viene il mal di testa. Tuttavia, se apri questo scrigno ci vedi tutto quello che contiene la vita e il mondo intero. La chiave per aprirlo è questa domanda: siamo liberi di scegliere?

Un grande maestro tantrico, il molto vivente francese Eric Baret, nel suo libro “L’unico desiderio. Nella nudità del tantra” alla domanda «Cos’è che si decide veramente?» risponde, gustosamente, così: «Non decidete le vostre malattie. Non decidete come vi sentite quando vostra moglie fa dei complimenti alla bellezza del vostro vicino. Quando vi aumentano lo stipendio, quando avete una perdita di denaro, non decidete in quale modo questo vi tocca. Quando i vostri figli sono malati o in buona salute, non decidete delle vostre emozioni. Profondamente, che cosa decidete?»
Quindi pare che la risposta possa essere un interrogativo ancora più disarmante.

I filosofi americani Gregg Caruso e Daniel C.Dennett hanno scritto sul tema – da punti di vista diversi – un interessante libro dal titolo “A ognuno quel che si merita”. Caruso, Intervistato per 7 Corriere della Sera dallo psicoterapeuta Giancarlo Dimaggio, ha affermato: «Sono uno scettico del libero arbitrio: no, non esiste. Chi siamo è il risultato di fattori oltre il nostro controllo». Allora prende il volo un altro quesito enorme: quali i confini della nostra responsabilità individuale? Da qui potrebbe derivare una revisione totale del senso di responsabilità, ma anche di quello di giustizia collettiva, quindi delle conseguenze sanzionatorie, punitive o premiali. In effetti, argomenta Caruso, la deterrenza non funziona, neppure negli Stati Uniti che a fronte della pena di morte resta il Paese col maggior numero di omicidi. Sempre con riferimento agli States il filosofo dichiara: «La risposta corretta al crimine non è la punizione. Per prevenire serve ridurre l’ineguaglianza sociale. Negli USA il 90% delle donne in carcere è stato vittima di violenza oppure di abuso infantile, qualcosa che danneggia la loro capacità di funzionare. Uso di sostanze e disoccupazione aumentano la probabilità che compiano atti criminali. Le puoi punire, ritenerle moralmente responsabili, ma un approccio migliore è prevenire che diventino vittime».

Proviamo a riportare queste riflessioni sulle questioni globali e si può dedurre facilmente quanto siamo distanti dalla risoluzione di problemi enormi come, per esempio, i flussi migratori col loro portato anche criminale. O meglio, quanto siamo lontani dall’individuazione di un inizio di rimedio trasformativo.

Ma i quesiti sconquassano anche la sfera più intima, individuale. Siamo dunque destinati al fatalismo obbligatorio? È inutile avere intenzioni, progetti, obiettivi, volontà? Non serve a nulla spaccarsi la schiena per migliorare la nostra vita e quella dei nostri figli?
«Mann Tracht, Und Gott Lacht» è un vecchio adagio yiddish che significa «L’uomo progetta e Dio ride».
Una saggezza profonda che, se non spiega tutto, offre molto a chi cerca di rapportarsi con la propria vita con i migliori strumenti e sentimenti. Raccogliamo da quel divino il suo stesso sorriso per non prenderci troppo sul serio e per stare nel mondo e nelle nostre vite con giusta misura: di umiltà e grandezza interiore. Così non potremo scegliere tutto quello che ci accade, ma saremo in grado di scegliere come starci dentro nel nostro accaduto.

Per concludere sorridendo e mettendola in politica, cito Dario Vergassola che nella settimana in cui tutti dibattevano della ferma volontà del capo della Lega di andare da Putin, ha dichiarato, illuminandoci: «Io lascerei che Salvini andasse a Mosca a cercare una soluzione. Rischieremmo al massimo una gita turistica. Ma di sicuro non una fuga di cervelli».

Sabato, 25 giugno 2021 – n° 26/2021

In copertina: foto di Robin Higgins/Pixabay

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