venerdì, Aprile 19, 2024

Cultura

Radio Caterina

Creatività e speranza nel campo di internamento di Sandbostel nella Germania nazista

di Nancy Drew

Alla proclamazione dell’Armistizio, avvenuta l’8 settembre 1943, i militari italiani vennero rastrellati dalle autorità tedesche, catturati e deportati nei campi di internamento in Germania come prigionieri di guerra, se non accettavano di continuare a combattere con la Repubblica di Salò. Solo in pochi aderirono all’arruolamento.

Sono stati calcolati in circa 600mila i militari italiani deportati nei campi in Germania, tra questi uno dei più grandi e famosi, dedicati quasi esclusivamente ai militari, era sorto vicino alla cittadina di Sandbostel, in Bassa Sassonia, a pochi chilometri da Amburgo.

Una volta arrivati al campo, lo status di prigioniero di guerra, tutelato dalla Convenzione di Ginevra, veniva modificato, e nessuno poteva più godere dei sussidi della Croce Rossa.

Il clima, a nord della Germania, era umido e freddo e l’inverno estremamente rigido. I servizi igienici carenti, l’acqua potabile quasi impossibile da ottenere. Nel campo – lo Stalag X B – dal 1939 al 1945 furono internati circa un milione di prigionieri di 46 nazioni diverse, 50mila dei quali morirono di fame, malattia o uccisi.

Nonostante le penurie alimentari, il freddo e la guerra in corso, a Sandbostel si compì un vero miracolo, grazie alla creatività di alcuni militari italiani che misero a frutto le loro competenze e il loro ingegno per costruire un radioricevitore che li collegasse con il mondo esterno. Nelle fila degli internati italiani, infatti, si potevano trovare chimici, ingegneri, radiotecnici e artigiani di ogni sorta.

Quanto al morale, ci pensavano il Tenente di Vascello Giuseppe Brignole e il Tenente Colonnello Alberto Guzzinati, che durante la prigionia, tra altre attività, misero in piedi un concorso canoro e un torneo di calcio, corsi di formazione e mostre d’arte. Tra gli internati risultava anche lo scrittore Giovannino Guareschi, che dopo la liberazione avvenuta in aprile del 1945, alla morte di Guzzinati, nel 1948, scrisse: “…A Finale Emilia si sono svolti i funerali del ten.col. Alberto Guzzinati che gli ex IMI (Internati militari italiani) ricordano per la sua fierezza. Anziano di campo nel Lager di Fallingbostel egli oppose al sopruso tedesco una irriducibilità sprezzante che gli procurò il rispetto di tutti. Perfino del nemico. È morto un valoroso soldato, ma i giornali hanno ancora tante cose da dire sugli amori clandestini di Hitler e così lo ricordiamo soltanto noi con queste poche scarne righe. Addio, Colonnello!

Radio Caterina fu realizzata intorno a una valvola introdotta nel campo all’interno della borraccia del Tenente Carlo Martignago. Tutto il resto fu raccolto di nascosto o inventato con materiali di fortuna, come gli incarti dei formaggini o le scatolette di latta. Alla sua costruzione – una ricevente ad onde medie – contribuirono fattivamente gli ufficiali italiani Oliviero Olivero, Aldo Angiolillo, Carlo Martignago, Remo Tarini e Battista Talotti, prigionieri dal settembre 1943.

La realizzazione della radio, a cui venne prestato il nome della fidanzata di uno dei militari, fu piuttosto macchinosa per il recupero di alcuni elementi indispensabili, come l’ammoniaca per la batteria, o il filo di rame per le bobine, rubato dalla bicicletta dell’addetto alla posta del campo, oltre ai numerosi tentativi di messa a punto per la ricezione.

Anche il cappellano – padre Grigoletto – fu complice alla sua realizzazione, avendo maggiore libertà di movimento in tutti i settori del campo, dove sottrarre materiale utile.

Infine Radio Caterina fu capace di far arrivare la sua voce al campo e dare speranza a tutti gli internati che, tramite il gruppo italiano, ricevevano le notizie. Le stazioni che riusciva a captare erano Radio Londra, Berlino, Parigi, Busto Arsizio e Bari. Il tutto avveniva, di solito, tra le 21 e le 23, prima che la scarsa corrente elettrica che circolava nel campo venisse spenta per la notte.

Le notizie venivano poi tradotte in inglese, trascritte in pezzetti di carta, e la mattina successiva i tenenti Capolozza e Pisani – rischiando ogni giorno la vita – raggiungevano i prigionieri di altre nazionalità.

Numerose furono le perquisizioni alla ricerca della misteriosa radio, anche pesanti, a causa dei sospetti che generava il gran brulichio degli italiani. Grazie alla sua smontabilità, dopo aver ascoltato le notizie, tutte le notti ogni parte di Radio Caterina tornava ad essere l’oggetto di sempre, riuscendo a sfuggire alle meticolose cacce al tesoro dei militari nazisti.

La liberazione del campo di Sandbotel ad aprile 1945
Foto: Chitham, J (Sgt), No 5 Army Film & Photographic Unit – Imperial war museum – UK

Radio Caterina portò nel campo le notizie e le sorti della guerra, dallo sbarco di Anzio del 22 gennaio 1944, allo sbarco in Normandia del 6 giugno 1944, alla presa di Berlino iniziata il 16 aprile 1945.

Fu attraverso questo ingegnoso oggetto che i prigionieri trovarono la voglia di continuare a vivere fino a quel 29 aprile 1945 quando furono liberati dai soldati americani.

Dopo l’esempio di Radio Caterina furono realizzati nei vari campi altri apparecchi radioriceventi, più o meno celebri, che oggi si possono vedere presso il Museo dell’internamento a Padova insieme con altri importanti cimeli, in ricordo delle deportazioni nei lager.

Video di Maurizio Grillini

https://www.stiftung-lager-sandbostel.de/more-languages/italiano/

https://museodellinternamento.it/radio-caterina/

Sabato, 28 gennaio 2023 – n° 4/2023

In copertina: la emittente radio costruita dai militari italiani durante la prigionia a Sandbostel – Foto: Wikipedia

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