martedì, Marzo 19, 2024

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L’eterna guerra in Afghanistan riporta il Paese al passato

Anni bui del primo governo dei talebani

di Elio Sgandurra

Da secoli gli stranieri hanno tentato di conquistare l’Afghanistan, un grande territorio impervio di 650.000 chilometri quadrati. Nel secolo XIX° ci provarono i Persiani, poi i russi dello Zar, infine gli Inglesi che in tre tentativi, a partire dall’impresa disastrosa del 1839, subirono sempre pesanti sconfitte. E già molti secoli prima, nel 328 a.C., vi comparve per un breve periodo Alessandro Magno. Furono gli Arabi nel 642 d.C. a espandersi su tutto il territorio diffondendo la religione islamica. Una vera conquista militare la compì Gengis Khan nel 1219 distruggendo le città e compiendo massacri tra gli abitanti.  Il suo dominio durò sino al 1227 anno in cui morì.

Le popolazioni di questo Paese costituite da tribù in guerra tra di loro, sono state sempre ostili verso un governo centrale e unite nel respingere le intrusioni di altre nazioni.  Una apparente unità si formò nel 1933, quando il capo di una tribù predominante, Mohammed Zahir Shah, venne proclamato re dell’Afghanistan. Rimase al potere sino al 1973 – anno in cui fu deposto mentre si trovava in Italia – dall’ex primo ministro Mohammed Daud Khan che proclamò la Repubblica.

Da anni il Paese era sotto la tutela sovietica che vi aveva costruito strade, aeroporti e altre infrastrutture. Daud cadde dopo un cruento colpo di Stato ad opera del locale e potente Partito comunista che mantenne il potere sino al ’92. Contro quel governo si accese una lunga guerra civile condotta dalle tribù avverse, i cui combattenti – i mujaheddin – erano abbondantemente aiutati dal Pakistan e dagli Stati Uniti.

 Le truppe dell’URSS invasero il Paese il 24 dicembre del 1979 in sostegno del governo comunista e vi rimasero sino al 1989 combattendo una guerra feroce contro i mujaheddin.

A questo punto compaiono i talebani – o talibani – il cui nome che significa studenti, poiché deriva dall’arabo talib. Erano giovani profughi afghani che nei campi di raccolta in Pakistan avevano seguito le scuole coraniche finanziate soprattutto dall’Arabia Saudita e mandati in Afghanistan in aiuto dei Mujaheddin. A loro si erano aggiunti anche membri Al-Qaeda, un’organizzazione islamica integralista guidata da Osama bin Laden, un personaggio legato alla CIA.

I guerriglieri furono finanziati, armati e addestrati dagli USA – sotto i governi dei presidenti Carter e poi Reagan – divenendo una forza in grado di mettere in serie difficoltà l’esercito sovietico. I Talebani, dopo lotte tra le varie tribù – presero il potere nel 1996 creando uno Stato islamico che dominò il Paese commettendo stragi tra gli ex oppositori, cacciando le donne dalle scuole, dalle università, dal lavoro e obbligandole a indossare il burqa che copriva totalmente i loro corpi. Quelle che infrangevano le regole venivano prese a frustate o colpite da pene maggiori. La televisione venne soppressa, distrutti tutti gli altri simboli della civiltà occidentale e le opere d’arte. Fecero saltare anche le statue dei Buddha di Bamyan, le più alte del mondo, risalenti al terzo secolo dopo Cristo. Il Paese era precipitato nella barbarie più assoluta.

I Talebani di oggi più che studenti del Corano dagli ideali primitivi, sono diventati grandi produttori e trafficanti di droga concorrenti dei cartelli latino americani. Si  riforniscono di grandi quantità di oppio prelevate dalle loro estese piantagioni nella valle di Helmad o dai produttori afghani e rivendono la droga in tutto il mondo.  Secondo l’UNDOC – il settore dell’ONU che si occupa del settore droga e criminalità – nel 2017 hanno prodotto quasi 10 mila tonnellate di oppio del valore di un miliardo e mezzo di dollari.

Gli americani e i loro alleati sono rimasti a guardare e il mondo continua ad essere condizionato da un Islam che non pensa di cambiare.

Sabato, 21 agosto 2021 – n°30/2021

In copertina: donne coperte con il burqa nei pressi di Bamyan – Foto Sergente USA Ken Scar / Pubblico dominio

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