sabato, Luglio 27, 2024

Italia, Politica

La Quarta mafia che avvelena Foggia

In città e in provincia dominano il racket, la corruzione e gli attentati contro chi si oppone

di Ettore Vittorini

Anni fa, mentre percorrevo l’autostrada A16 – da Canosa di Puglia va a Napoli – lungo il tratto che attraversa la provincia di Foggia, superai un convoglio di alcuni grossi camion scortati da una pattuglia della polizia. La colonna si fermò nel piazzale di un autogrill e così mi feci spiegare dall’autista di uno di quei mezzi il perché della scorta. Da anni lungo quel tratto autostradale i “Tir“ venivano assaltati da banditi che li costringevano armi alla mano a fermarsi nelle aree di parcheggio isolate e li depredavano, trasferendo la merce su altri automezzi.

Una scena da Far west riportata nell’Italia del XXI secolo dove i cavalli, le diligenze e le carovane venivano sostituiti dalla moderna tecnologia dei motori. Nello stesso periodo un noto giornalista era stato costretto a vendere suo malgrado la casa di campagna comprata vicino a Peschici, nel Gargano, in provincia di Foggia. La costruzione, il terreno e la posizione panoramica avevano destato l’interesse di alcuni “importanti” personaggi della zona dai quali aveva ricevuto alcuni “avvertimenti” attraverso richieste ufficiali di acquisto, poi minacce seguite da danni alla proprietà.

Erano i segnali che le organizzazioni criminali foggiane si stavano estendendo su tutto il territorio della provincia. Lo Stato, che allora interveniva poco, si è deciso ad affrontare seriamente il problema nel mese di agosto del 2017, dopo che erano stati uccisi il boss di una cosca e due contadini che mentre lavoravano la terra, avevano assistito al delitto. L’azione era stata commessa in pieno giorno davanti alla stazione di San Marco in Lamis, tra il Gargano e il Tavoliere.

Negli anni successivi la magistratura e le forze di polizia hanno allargato le indagini in tutto il territorio con arresti, processi e condanne che però non hanno eliminato l’esistenza delle bande criminali. Nel 2020 il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, aveva dichiarato a proposito di Foggia: “Ormai si ha la consapevolezza che esiste una Quarta mafia, una mafia forte, sanguinaria, arrogante che crede di poter combattere contro lo Stato”.

Le organizzazioni criminali sono quattro, distribuite tra Foggia, San Severo, Gargano e Cerignola e si alimentano finanziariamente attraverso il racket, il pizzo, il taglieggio delle imprese commerciali, penetrando nelle istituzioni sanitarie private, nelle amministrazioni comunali, nel settore agroalimentare, condizionando anche il turismo del Gargano e quello religioso di San Giovanni Rotondo, la patria di Padre Pio.

La “manovalanza” delle cosche proviene dalla grande massa di disoccupati, dal lavoro nero, in cambio di piccoli favori, raccomandazioni presso un potere politico, amministrativo connivente e riconoscente per gli appoggi elettorali che riceve dalla malavita.

Grazie a tutto questo, la Quarta mafia si è arricchita riciclando il denaro soprattutto nell’acquisto e nello smercio di droga. Chi non sta al “gioco” viene punito attraverso azioni terroristiche come la distruzione dei negozi che non pagano il pizzo o che ritardano i pagamenti; le minacce agli amministratori onesti, gli omicidi dei rivali che s’intromettono nei loro affari e dei collaboratori di giustizia.

Una delle risposte del Governo è stata lo scioglimento nello scorso agosto del Comune di Foggia – amministrato dalla Lega – per “infiltrazioni mafiose”. Il sindaco Franco Landella messo agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione e concussione. La moglie, impiegata del Comune, è indagata per aver preso una tangente di 32mila Euro che avrebbe spartito con quattro consiglieri comunali. Gli arrestati sono 12 tra membri della maggioranza leghista, ex assessori e funzionari. Nella motivazione dello scioglimento del Comune è scritto tra l’altro:” L’esponente della locale organizzazione criminale è stato costantemente tenuto informato di questioni politico-amministrative da cui si procurava vantaggi”. La motivazione aggiunge: “Un dipendente comunale ha fornito all’organizzazione mafiosa notizie utili per le estorsioni”. Finisce agli arresti anche un consigliere di Fratelli d’Italia per aver ottenuto un appartamento in una casa popolare nella quale al posto suo abitava un personaggio legato alla mafia.

Nonostante la forte repressione e gli arresti compiuti dalle istituzioni statali, la malavita foggiana non si è data per vinta, anzi è andata alla controffensiva compiendo nove attentati nello scorso gennaio: tre a Foggia, le altre a San Severo, a Vieste e in altre località della provincia. Le bombe hanno distrutto negozi, una rivendita di auto e altre piccole imprese, oltre a provocare danni alle abitazioni. Dal 2020 gli attentati sono stati ben 24.

Il clima di terrore di questo angolo dell’Italia è paragonabile senza alcun dubbio a quanto accade nei Paesi dell’America Latina, per esempio in Messico. Che cosa può fare lo Stato per soffocare definitivamente la malavita del foggiano? Se non bastano i processi, le condanne, lo scioglimento dei Comuni malavitosi, qual è l’alternativa: decretare lo stato d’assedio?

Sarebbe una soluzione estrema. Nel frattempo bisognerebbe raccomandare ai vertici della Lega e di Fratelli d’Italia – del tutto estranei a questi episodi – di controllare meglio le attività e le tendenze di alcuni loro rappresentanti politici nelle province. Il popolo a cui i due partiti fanno sempre riferimento, ne sarebbe molto felice.

Sabato, 19 febbraio 2022 – n° 8/2022

In copertina: Matteo Salvini (dx) e l’ex Sindaco di Foggia Franco Landella (sx) – Immagine dal profilo Twitter di Matteo Salvini

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