sabato, Luglio 27, 2024

Italia, Politica

Rinasce la protesta degli studenti

Chiedono al governo una scuola moderna e migliore

di Elio Sgandurra

Le manifestazioni studentesche di questi giorni sono sacrosante quando vengono motivate dalle proteste per la morte di due ragazzi durante il periodo di scuola-lavoro e dalla richiesta di un insegnamento più vicino alle realtà di oggi, di una educazione civica che renda più partecipi i giovani alla vita politica, che illustri chiaramente il valore della Costituzione e la conoscenza delle leggi. In conclusione, la Scuola deve prepararli non solo a leggere e scrivere e ad imparare a memoria le nozioni, ma ad essere cittadini preparati e in grado – una volta entrati nella società – di poter conoscere e scegliere la strada che li porterà verso il lavoro e l’autonomia di pensiero.

Lo Stato ha risposto alla prima manifestazione con le cariche violente e le manganellate della polizia che ricordano i tempi della contestazione sessantottina, mentre i partiti – soprattutto il PD – non sono intervenuti contro la durezza delle forze dell’ordine.

Gli studenti sbagliano invece a protestare contro la decisione del Ministero di dare i compiti scritti di italiano e delle materie di indirizzo. Perché nei due anni di pandemia non hanno potuto esercitarsi, spiegano. Questa è una motivazione pretestuosa: negli anni precedenti al Covid, dalle elementari alle scuole superiori non avevano imparato a leggere e scrivere, a conoscere la Storia, la Filosofia, la Matematica – seppur spesso in modo superficiale – e tanto altro?

Una recente statistica ha indicato che una buona parte degli studenti italiani conosce massimo 300 parole della nostra lingua, non conosce un corretto periodare, non legge libri e giornali e se lo fa, difficilmente riesce a comprenderne i contenuti. Per non parlare del nove per cento di minorenni che non hanno frequentato la scuola e conoscono soltanto i dialetti parlati nelle famiglie.

In un recente articolo sulla protesta, pubblicato da “Repubblica”, una studentessa ha affermato: “Meno Giolitti, più Costituzione, la politica ci interessa”. Una frase che si contraddice perché non è sufficiente conoscere le leggi della nostra Carta costituzionale per comprendere i difficili ingranaggi della politica senza “passare” da Giolitti e dalla storia d’ Italia.

Non basta conoscere la Costituzione ignorando come e perché è nata; chi ne sono stati i padri. Non si possono ignorare il Ventennio fascista, l’Italia liberale che ha portato Mussolini al potere; la guerra di Liberazione che ha permesso la cacciata dei Savoia e la nascita della Repubblica. I giovani devono sapere anche che la Costituzione appena varata nel 1948, ha avuto una vita difficile; che la Corte costituzionale è stata approvata soltanto sette anni dopo e come presidente ha avuto il magistrato Gaetano Azzariti, un ex fascista che fu nominato da Mussolini a capo del Tribunale della razza.

Dunque la Storia è fondamentale, ma nelle scuole è stata sempre volutamente trascurata per tenerne lontana la politica del passato più recente, dando invece molto spazio alle materie letterarie insegnate in modo sbagliato. Per esempio lo studio di Dante, che ha “accompagnato” per tre anni gli alunni dei licei: la Divina Commedia veniva trattata soltanto con l’esegesi, l’interpretazione critica e filologica dei versi. Non si parlava mai della vita reale del poeta, delle vere ragioni del suo esilio, della sua famiglia. È stato necessario il libro dello storico Alessandro Barbero per sapere tra l’altro che Dante aveva avuto cinque figli e che uno di questi lo aveva raggiunto nell’esilio di Ravenna.

Di Giacomo Leopardi si dava molto spazio alle sue splendide poesie, ma si trascuravano i suoi saggi come lo “Zibaldone” o il “Discorso sopra lo stato presente dei costumi italiani” dove sottolinea i vizi e i limiti del popolo italiano e scrive testualmente:” Le classi superiori d’Italia sono le più ciniche di tutte le loro pari nelle altre nazioni”. È una frase che si adatterebbe anche ai nostri tempi, ma che i programmi e i professori ignoravano volutamente per tenere lontani i giovani da certe realtà.

Le lezioni di letteratura si concludevano normalmente con qualche accenno al movimento della “Scapigliatura”, i cui scrittori che vi aderivano erano presentati negativamente come degli anticonformisti senza valori. Veniva dato grande spazio alla cultura dell’ italietta, molto inferiore ai classici della letteratura francese, inglese, russa. Dopo il ’68 finalmente si incominciò a parlare degli autori contemporanei e su questi sarebbe stato necessario approfondire allo scopo di legare la cultura alla Storia attuale del nostro Paese e quindi anche alla conoscenza della Costituzione.

Sabato, 19 febbraio 2022 – n° 8/2022

In copertina: proteste studentesche – Immagine: Orizzontescuola.it

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