martedì, Ottobre 15, 2024

Cultura

La Modelo

La vecchia prigione di Barcellona

di Laura Sestini

Pensare alla città di Barcellona porta alla mente le Ramblas con tutti i locali uno accanto all’altro, o la ricca Passeig de Gràcia con i brand più famosi della moda mondiale, ed i turisti in coda per entrare in qualche locale di grido a gustare un buon bicchiere di vino catalano, o una coppa di sangrìa, accompagnati dalle immancabili tapas.

Come sempre accade nel turismo mordi e fuggi, ci si precipita a visitare i monumenti più famosi o la collezione locale dei dipinti di Picasso e la Sagrada Familia, del singolare e famoso architetto catalano Antoni Gaudì.

Al contrario, oltre alle bellezze artistiche ed architettoniche più conosciute, la curiosità di scoprire una città dovrebbe spingere anche nei  quartieri più periferici, che talvolta custodiscono interessanti contesti urbanistici o pezzi di storia, a cui più difficilmente riusciamo ad avvicinarci, se non per specifici interessi o competenze.

Nova Esquerra de L’Eixample (Eixample) è un quartiere di periferia non troppo lontano dal centro città, dove gli edifici dei secoli scorsi si mischiano ai più moderni grattacieli e la fermata della metropolitana mostra che siamo in una città dinamica e all’avanguardia (10 linee ed una teleferica, contro le quattro di Roma che ha il doppio degli abitanti della città catalana).

In questa zona della città, un luogo tranquillo dove le persone vivono e compiono le azioni di altri omologhi cittadini all’altro capo del mondo – come portare fuori il cane o smaltire la spazzatura – ciò che colpisce l’occhio del turista che giunge qui casualmente è un imponente edifico che copre un ampio spazio del quartiere.

Da lontano ha l’aspetto malandato, certamente abbandonato ai segni del tempo, ma non è una costruzione comune, e viste le condizioni in cui si trova, probabilmente è più la forma che può attrarre, che tutto il resto. Una grande cupola svetta dalle alte mura di recinzione, richiamando una sontuosa chiesa dismessa, ma non si vedono simboli cattolici, né realmente si può confermare che fosse in precedenza una delle case di Dio.

Le mura perimetrali a tratti sono coperte di graffiti colorati, e certo lo spazio non manca per i writers ispirati.

Il grande complesso architettonico, in lontananza potrebbe essere visto come come una grande ex fabbrica, comunque un edificio di archeologia industriale.

La Modelo
Foto di archivio pubblico

Avvicinandosi, invece, pian piano si realizzerà che è stato un luogo molto più importante, potente e violento, sistema  politico organizzato di repressione e tortura: ci ritroveremo davanti a La Modelo, un immenso edificio pubblico, sede di un istituto di detenzione costruito tra il 1888 e il 1910, in uno stile che raccoglie più linee di disegno, progettato da Josep Domènech Estapà e Salvador Viñals – ciò che si propone come ‘Eclettico’.

L’edificio occupa due isolati dell’Eixample ed è chiuso dal 2017, in attesa di essere trasformato in progetto di utilità pubblica. In un angolo è stata già insediata una scuola materna, con annesso un piccolo giardino dove le voci gioiose dei bambini rischiarano la bizzarra aura che emana la grande struttura. Dopo la chiusura come prigione di Barcellona, l’edificio è stato aperto al pubblico, ed in breve tempo i visitatori prenotati sono saliti a 30 mila. Adesso è chiuso, in attesa di finanziamento per l’imponente restauro, che lo trasformerà in un parco pubblico e polo culturale.

La chiusura  della struttura penitenziaria è stata voluta dalla Excel·lentíssima Senyora Ada Colau, sindaca di Barcellona – prima donna ad avere questo incarico – che tanto ha fatto pressione sul Governo catalano, ottenendo anche l’annullamento dei giudizi di reato emessi dai consigli di guerra franchisti nei confronti di oltre 60 mila arrestati, di cui molti passarono lunghi periodi in prigione ed oltre 3 mila furono giustiziati.

I nomi di queste persone – vittime della spietata repressione franchista – sono finalmente pubblici e si possono consultare online, dopo l’approvazione di una legge pioniera in Spagna, a favore della riparazione dell’errore giudiziario delle vittime del franchismo.

La prigione è sempre stata luogo di passaggio e di violenza per molti tipi di prigionieri, soprattutto politici a causa delle differenti amministrazioni durante un secolo di esistenza, ma anche gitani, omosessuali e trans. L’omosessualità era condannata all’epoca, non solo dalla Chiesa e dal regime franchista, ma anche dalle correnti di pensiero predominanti che la consideravano un disturbo psichico. Reclusi in una galleria a parte, gli omosessuali, erano totalmente impossibilitati ad avere contatti con gli altri carcerati.

La Modelo
Foto: Laura Sestini (tutti i diritti riservati)

Nella memoria collettiva La Modelo è inevitabilmente associata alla repressione della dittatura franchista. Durante la guerra civile, tra il 1936 e il 1939 e nel dopoguerra che seguì, ha ospitato nelle sue celle fino a 13.000 persone di età media compresa tra 14 e 18 anni. Le celle erano solo 600.

Il 2 marzo 1974, mentre Francisco Franco ormai vecchio era vicino alla morte,  La Modelo si preparava ad eseguire l’ultima condanna a morte, mediante l’orribile metodo della garrota catalana, su un ragazzo di nome Salvador Puich Antich. Un anarchico di 26 anni.

La Modelo, il nome dato alla struttura penitenziaria, doveva rispecchiare il progetto di ‘prigione modello’ ispirato alle tesi del giurista e filosofo britannico Jeremy Bentham.

Sabato, 2 aprile 2022 – n° 14/2022

In copertina: murale su muro di cinta de La ModeloFoto: Laura Sestini (tutti i diritti riservati)

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