Nuovi concetti e pratiche dei conflitti bellici
di Laura Sestini
Secondo Emanuel Pietrobon, analista geopolitico specializzato in guerre ibride “La competizione tra grandi potenze, popolarmente nota come «Guerra Fredda 2.0» o «Terza guerra mondiale in frammenti», ha la forma di un iceberg: la maggior parte degli eventi che hanno luogo al suo interno raramente raggiunge la superficie, restando oscura alle masse. Il risultato di questa concentrazione sommersa di conflittualità è un basso livello di consapevolezza situazionale, giacché l’assenza di guerra tangibile viene erroneamente considerata sinonimia di pace”.
Sebbene la maggior parte degli attacchi cognitivi rimanga al di sotto della soglia del conflitto armato, gli effetti possono essere letali e multi-dominio, colpendo tutti e cinque i domini della guerra (The Three Swords 39/2023).
“La vittoria sarà definita più in termini di conquista del terreno psico-culturale piuttosto che geografico. La comprensione e l’empatia saranno importanti armi di guerra” – cita il Maggiore generale Robert H. Scales, ora in ritiro, ex comandante dell‘U.S. Army War College.
Un interessante e agghiacciante articolo, pubblicato sulla rivista The Three Swords, edita da The Joint Warfare Centre con sede a Stavanger in Norvegia Norway, organo NATO, mette in evidenza come il concetto di guerra cognitiva stia entrando nel linguaggio e nelle possibilità tattiche del Patto Atlantico.
L’articolo, uscito già un anno fa con la firma del Comandante Cornelis van der Klaauw – membro della Marina reale olandese, esperto in materia di Comunicazioni strategiche e operazioni di informazione per il NATO Joint Warfare Centre – mira a sensibilizzare sul concetto di cognitive warfare, che per NATO pare ancora agli inizi, ma che avrà un impatto significativo su individui, gruppi, società e sul modo in cui le guerre future verranno combattute.
Come parte del NATO Warfighting Capstone Concept (Concetto pietra angolare di combattimento della NATO) e utilizzando la Warfare Development Agenda (Agenda per lo sviluppo della guerra) come quadro per la consegna, l’Headquarters Supreme Allied Commander Transformation (HQ SACT) ha avviato lo sviluppo di un Cognitive Warfare Concept. Il concetto fa parte del Warfare Development Imperative della superiorità cognitiva. L’obiettivo del concetto è di prendere l’iniziativa nella dimensione cognitiva consentendo una comprensione e un apprezzamento condivisi della dimensione guardando a 10-20 anni nel futuro. Ciò deve essere realizzato attraverso misure difensive e proattive che garantiscano la protezione dell’Alleanza atlantica e ne migliorino i processi cognitivi. Un concetto esplorativo era previsto per il 2023, mentre il concetto finale doveva essere approvato dal Comitato militare della NATO entro il 2024.
“Le operazioni cognitive sono l’ultima frontiera delle guerre ibride: uno strumento che, facendo leva sui big data e manipolando gli algoritmi di social media e social network, è in grado di intossicare l’ambiente informativo di un Paese per mezzo di una disinfodemia pervasiva ed è suscettibile di polarizzarne, radicalizzarne e fratturarne la società. […] è la natura celata delle guerre ibride a sformare la percezione della realtà delle maggioranze, che, complice il generale decadimento qualitativo del mondo dell’informazione, non riescono a soppesare e ad inquadrare adeguatamente eventi come blackout indotti da attacchi cibernetici, infrastrutture messe fuori uso da sabotaggi, radicalismi alimentati da terzi e processi di frammentazione sociale aggravati da operazioni cognitive (Pietrobon)”.
Secondo la NATO tutto ciò è importante perché la guerra cognitiva è un approccio strutturato e ben ponderato
per colpire la cognizione umana di individui, gruppi e società in un modo che influenzi i loro processi decisionali e in ultima analisi il loro comportamento. Sebbene gli effetti cognitivi non siano misurabili nel senso tipico, influenzano il modo in cui pensiamo, ciò che sentiamo e come agiamo utilizzando tecnologie incentrate sul cervello che mirano a destabilizzare le strutture, creare sfiducia e fratturare e rompere la coesione sociale, ad esempio amplificando le differenze sociali preesistenti per indebolire le democrazie e i nostri sistemi basati sulle regole.
Allied Command Transformation spiega la guerra cognitiva come includente “attività condotte in sincronia con altri strumenti di potere per influenzare atteggiamenti e comportamenti influenzando, proteggendo o interrompendo la cognizione individuale e di gruppo per ottenere un vantaggio su un avversario”.
Perché è una priorità per l’Alleanza migliorare la sua comprensione della guerra cognitiva?
L’a NATO’Allenza si auto-interroga: contrastare gli attacchi cognitivi è in realtà un compito militare? Lo è. La risposta e la motivazione per questo può essere trovata nell’articolo 3 del Trattato di Washington, il documento fondativo della NATO. Questo stabilisce il principio di resilienza: “Per raggiungere più efficacemente gli obiettivi di questo Trattato, le Parti, separatamente e congiuntamente, mediante un continuo ed efficace aiuto reciproco e auto-aiuto, manterranno e svilupperanno la loro capacità individuale e collettiva di resistere agli attacchi armati”.
Invitiamo i lettori a riflettere sull’argomento, e individuare contesti geopolitici passati e attuali.
……………………………………………………………………..
Sabato, 11 gennaio 2025 – Anno V – n°2/2025
In copertina: immagine di Freepik