martedì, Marzo 19, 2024

Società

Il critico televisivo un mestiere in estinzione

Intervista ad Aldo Grasso

di Annalisa Puccioni

Tra gli ospiti intervenuti al Festival della Comunicazione di Camogli era presente Aldo Grasso, intervistato dalla Direttrice del TG1- RAI, Monica Maggioni.

Giornalista e figura di spicco nel panorama della critica televisiva italiana, ha esordito dicendo: «E’ un mestiere in estinzione. La critica in Italia è nata per spavento. La televisione oggi – ha sentenziato Grasso – non ha più la curiosità che aveva prima. Siamo in pochi, è un lavoro usurante, ma non andiamo in televisione, ambiente oggi suscettibile, luogo di conflitti e amicizie che finiscono».

La figura del critico televisivo nasce con la nascita della televisione, dalla seconda metà degli anni Cinquanta agli inizi degli anni Ottanta. Chi ricopriva questo ruolo generalmente erano gli scrittori, i poeti e i saggisti.

La storia riporta tre epoche differenti: la prima è quella già evidenziata con personalità come Luciano Bianciardi, Achille Campanile, Ivano Cipriani, Alberto Bevilacqua, Pier Paolo Pasolini, Giancarlo Fusco e altri.

La seconda detta della “maturità” intellettuale – che va dagli Ottanta ai primi anni Novanta – ha visto come critici Ugo Buzzolan e Ivano Cipriani, a seguire Beniamino Placido, Omar Calabrese, Sandro Bolchi, Enrico Vaime e Oreste del Buono.

Terza e ultima epoca, nel periodo di trasformazione della televisione, va dagli anni Novanta agli anni Duemila. In questa fase troviamo Aldo Grasso con i blog dedicati e diffusi su Internet.

Chi erano i critici della televisione?

Aldo Grasso – I primi critici televisivi erano scrittori e non avevano molta capacità di analisi. Achille Campanile è ricordato per le sue critiche brillanti sulla punta della penna. Dopo è sorta l’esigenza di spiegare di più i linguaggi della TV. Lavorando nell’Università è stato aperto un Corso sulla radio e la televisione.

Come si svolge il suo lavoro?

A.G. – Si fa attenzione agli articoli noiosetti che non piacciono. Quello che mi appesantisce è che è un mezzo in continuo cambiamento. Dimentichiamo che da circa 20 anni radio e Tv sono al centro della più grande rivoluzione tecnologica e comunicativa.

Le è capitato di aver avuto paura?

A.G. – Al Corriere ho iniziato nel ’90; nel ’91 arrivò come Direttore Paolo Mieli. Il rapporto tra televisione e critica è stato sempre difficile. Campanile criticò Walter Chiari che rispose in TV. Campanile lo chiamò con le iniziali WC. I pezzi che escono meglio sono dovuti alla presenza viva. Le persone che chiamano al telefono sono le più cariche. Quelle che infastidiscono chiamano il Direttore. Ricordo una telefonata che fu fatta una mattina quando ero in redazione. Il Direttore mi chiamò, ero molto preoccupato, ma fortunatamente poi lo stesso mi disse di stare tranquillo.

Cosa ne pensa di questa situazione in Italia?

A.G. – Nella Certosa di Parma quando Fabrizio Del Tongo vede confusione e si rivolge agli Ussari, uno di questi dice che è la battaglia di Waterloo. Questo per spiegare quale è lo specchio della realtà italiana.

Cosa ne pensa della TV di oggi?

A.G. – Prima il televisore analogico era enorme, il digitale è basato sull’intelligenza artificiale che ha provocato la scomparsa dei grandi mezzi. Nel telefonino c’è tutto e secondo me ha portato grandissimi cambiamenti. La TV generalista, come oggi si chiama, ha continuato nel suo tran tran anche da prima, quando dagli USA arrivano le pagine più belle e cominciava a dare prodotti impegnativi come le serie televisive. Oggi con lo streaming non siamo più schiavi del palinsesto.

Ultima pubblicazione di Aldo Grasso: “Padiglione Italia. Bestiario fantastico di un paese paradossale“.

Aldo Grasso

Sabato, 24 settembre 2022 – n° 39/2022

In copertina: foto di Andrés Rodríguez/Pixabay

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