sabato, Luglio 27, 2024

Italia

I talk show e l’effetto pollaio

In declino le trasmissioni televisive divenute scenari di battibecchi e insulti

di Elio Sgandurra

Lo chiamano “effetto pollaio” coloro che non sopportano più i talk show che imperversano quotidianamente a tutte le ore nella Rai e nelle televisioni commerciali. È una definizione pertinente al tipo di contradditorio che si sviluppa tra gli ospiti di quelle trasmissioni e si trasforma spesso in battibecco, in interruzioni continue e litigi, mentre il conduttore evita di intervenire in nome dello share.

Finalmente la Rai attraverso la Commissione di vigilanza, ha deciso di porre delle regole ai suoi talk show, dopo la presa di posizione del direttore della Terza rete, Franco Di Mare, il quale ha dichiarato: “È un modello da ripensare se si cerca solo l’effettaccio per aumentare lo share di mezzo punto”.

Si vuol porre un freno a questo “spettacolo” televisivo che va avanti da anni ed ha raggiunto il culmine del pessimo gusto quando è scoppiato il Covid – e oggi si ripete con la guerra in Ucraina – dove spesso sono protagonisti personaggi appositamente invitati per fare polemiche aggressive e confusionarie invece di offrire informazioni. Si è creato dunque l’effetto pollaio che la Televisione di Stato vuole eliminare con regole che prevedono di “ospitare solo persone di comprovata competenza e autorevolezza”; eliminare i “gettoni di presenza”; imporre una rotazione delle partecipazioni; spingere i conduttori a interventi più severi per evitare gli scontri verbali.

Alla Rai hanno capito che gran parte dei telespettatori si è stancata dei battibecchi e preferisce cambiare canale. Di Mare era intervenuto dopo lo show sull’ Ucraina di cui è stato protagonista il professor Alessandro Orsini durante la trasmissione “Cartabianca” diretta da Bianca Berlinguer. La conduttrice ha replicato affermando di aver voluto dare spazio al pluralismo delle opinioni. Ma spesso gli ospiti sono dei tuttologi che mirano soprattutto a interrompere gli interlocutori.

La trasmissione della Berlinguer non la vedo da molto tempo: sulla Rai seguo le ricostruzioni storiche di Paolo Mieli con la presenza di un solo ospite – di solito un docente universitario – con la partecipazione di tre giovani laureati ben preparati. Qui non esistono effetti pollaio ma soltanto fatti e citazioni di libri sul tema affrontato.

Si spera che anche le TV commerciali si decidano a seguire la Rai. Di queste l’unica che seguo ancora con qualche interesse è “Otto e mezzo” della “7”, diretta da Lilli Gruber senza dubbio una brava ed esperta giornalista, ma a volte un po’ troppo invadente. Nella scarsa mezz’ora di durata della trasmissione, pone agli ospiti domande lunghissime alle quali risponde lei stessa mettendo in imbarazzo l’interlocutore anche con inutili interruzioni.

Dall’inizio del conflitto in Ucraina vi partecipano con molta frequenza – meno male – ospiti di alto livello come Lucio Caracciolo direttore di Limes, Massimo Giannini che dirige la Stampa, con i quali polemizzano in maniera molto civile con il professor Tomaso Montanari o – con toni caratterialmente aggressivi ma accettabili – il filosofo Massimo Cacciari. E poi ci sono persone di idee solitamente opposte come il tranquillo direttore di “Libero” Alessandro Sallusti e alcune comparse come Alessandro Giuli di “Libero” e Francesco Borgonovo giovane vicedirettore della “Verità”, i quali sembra abbiano ricevuto il compito di interrompere in continuazione i loro “avversari”: Giuli con frasi vuote dal tono quasi accomodante; l’altro – con una barbetta che nasconde il suo volto fanciullesco – interviene con toni arroganti senza dire niente di concreto.

E la Gruber come una buona maestrina, finge di voler chiudere le loro sparate con dei sommessi “buoni” o “allora?”. Ho cambiato canale quando era ospite – non in studio – una giornalista ucraina asserragliata in una località del fronte di guerra, “investita” dalla conduttrice con domande lunghissime che mettevano in difficoltà l’ospite e il traduttore. E in aggiunta li interrompeva. Questo spettacolo si ripete in tutte le trasmissioni più recenti.

Sempre sulla “7” il “pollaio” del talk show “Dimartedì” – condotto dal giornalista ex Rai Giovanni Floris – con l’arrivo del Covid ha dovuto rinunciare al folto pubblico presente e soprattutto alla struttura che lo ospitava costruita in modo da somigliare all’interno di un antico teatro. Ad ogni intervento degli esperti, gli spettatori applaudivano con l’entusiasmo di una claque ben addestrata. Qui si rasentava il ridicolo.

Meritano grandi elogi invece, i nostri giornalisti – tra di loro molte donne freelance – che dalle zone più pericolose dell’Ucraina ci inviano le loro tragiche testimonianze sulla guerra attraverso la stampa e la Tv. I loro volti provati da notti insonni, dai pericolosi trasferimenti e dai combattimenti che si svolgono a poca distanza, contrastano con i sorrisi e gli abitini “firmati” della Gruber, le fanfaronate che provengono da certi ospiti dei talk show, a più di mille chilometri di distanza dalle zone di guerra. “E’ la stampa bellezza!”, avrebbe commentato Humphrey Bogart.

Sabato, 16 aprile 2022 – n° 16/2022

In copertina: Lilli Gruber – fermo immagine da video

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