sabato, Luglio 27, 2024

Italia

I giovani di oggi sono più liberi: hanno anche la “licenza” di odiare

Le offese di due ragazzine a un coetaneo ebreo

di Elio Sgandurra

Mancava poco al 27 gennaio, Il “Giorno della Memoria”, quando due ragazzine – una di 13, l’altra di 14 anni – hanno aggredito un loro coetaneo dodicenne di religione ebraica chiamandolo ebreo di m… ; e dopo avergli sputato addosso lo hanno spinto a terra colpendolo a calci. È accaduto in un giardino pubblico di Venturina, frazione di Campiglia Marittima, in provincia di Livorno. Va ricordato che questa città, appena costruita ex novo dai Medici nel 1606, accolse migliaia di ebrei fuggiti dall’Inquisizione spagnola.

È un episodio della Storia che certamente le due walkirie in miniatura di Campiglia non conoscono, come ignorano la Shoah, l’esistenza dei campi di concentramento e – ancora più doveroso – i valori dei normali rapporti umani.

Che fare per evitare quelle offese e quel feroce razzismo – troppo frequenti – che covano nelle piccole menti? È naturale che il primo strumento per aiutarle dovrebbe nascere dalle scuole, ma non è sufficiente. Nelle primarie capita che non si riesca ad insegnare a parlare e scrivere in italiano, figuriamoci se si affronta il tema del razzismo, della Shoah e dei campi di concentramento. E quando lo si fa, viene seguita una retorica che non attira l’attenzione degli gli allievi. Accade anche nelle superiori: studenti di liceo si lamentano di professori che nell’affrontare i tragici avvenimenti della guerra, con le deportazioni e gli eccidi, li trattano allo stesso livello delle conquiste dei Cesari, della Guerra dei 30 anni o delle campagne napoleoniche.

La Storia non viene quasi mai analizzata nei particolari politici ma solo narrata dando importanza alle date. Della Shoah, si parla come di un episodio isolato, seppur tragico, senza accennare a che cos’era il Nazismo, come mai la Germania – un tempo nazione ricca di cultura – fosse scesa così in basso da approvare quasi all’unanimità le azioni di uno Stato guidato da assassini.

Il Giorno della Memoria si è reso necessario ma è mal presentato, diventa un rituale, una delle tante ricorrenze che servono a placare le coscienze, come il ricordo per il “Milite ignoto”, mantenuto un giorno all’anno – ponendo una corona all’Altare della Patria – per far dimenticare la verità sui soldati mandati allo sbaraglio dai generali incapaci e disumani, Cadorna in testa.

L’intervento della Scuola – se attuato con criterio – è importante, ma resta fondamentale quello delle famiglie: i genitori sono i primi “maestri” a trasmettere ai propri figli le basi del giusto comportamento verso la società che gradualmente dovranno affrontare. Questo tipo di educazione spesso scompare quando viene sostituito dai simboli di un consumismo selvaggio e becero, dell’uso sbagliato del benessere – anche quando è limitato – verso oggetti e mode inutili. Per esempio l’uso improprio dei cellulari, dei computer, la moda astrusa del taglio dei capelli, i tatuaggi, gli abiti firmati, gli zainetti più costosi, tutti elementi che alimentano il culto del superfluo e della emulazione tra i giovanissimi. Così nascono tra di loro l’invidia, l’aggressività e l’odio.

In passato e soprattutto prima delle contestazioni studentesche, il mondo delle famiglie era diverso, più repressivo e nello stesso tempo meno permissivo. Anche la Scuola era differente da quella di oggi: non si parlava mai di Fascismo, di Nazismo della guerra terminata pochi anni prima, dei campi di concentramento. Quasi tutti gli studenti non conoscevano le opere di Primo Levi o il “Diario di Anna Frank”. Una volta chiesi al mio insegnante di Storia del Liceo perché non si accennasse mai alla Storia recente.

Mi rispose: “Il programma non lo prevede”.

Sabato, 29 gennaio 2022 – n° 5/2022

In copertina: Sognando di essere un supereroe – Fotomontaggio: Dieterich01/Pixabay

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