mercoledì, Ottobre 16, 2024

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I bowling della morte negli Stati Uniti

Ancora stragi per la diffusione delle armi

di Ettore Vittorini

Due eccidi in una sola settimana hanno funestato gli Stati Uniti: il primo avvenuto ad Atlanta, capitale della Georgia, il 16 marzo; il secondo a Boulder una cittadina del Colorado. Gli autori delle stragi entrambi ventunenni, avevano usato lo stesso tipo di arma, un fucile automatico Ar 15, comprato regolarmente in un negozio di armi. Negli Usa infatti il secondo emendamento della Costituzione garantisce il diritto alle armi. Basta essere maggiorenni e presentare un documento per poter acquistare anche fucili mitragliatori. Ad Atlanta Robert Aaron Long ha ucciso sette donne asiatiche e un uomo dopo aver fatto irruzione in tre ‘centri per massaggi’. Catturato dalla polizia, è risultato che era un ossessionato frequentatore di quei locali dove si esercitava la prostituzione e tempo fa ne era stato cacciato.

A Boulder, Ahmed Alissa figlio di immigrati siriani, è entrato in un supermercato uccidendo 12 persone tra cui un poliziotto. Nel rapporto della polizia si esclude il movente islamico-religioso. Il giovane Ahmed, che è rimasto ferito, “aveva problemi mentali e in passato era già stato arrestato per violenza”, dice il rapporto.

La strage di Boulder è stata la terza in Colorado registrata nelle cronache degli ultimi anni. Nel 2012 nella cittadina di Aurora, James Holmes, 24 anni, da poco laureato in scienza neurologiche, era entrato in un cinema dove si proiettava il film Il cavaliere oscuro, sulle avventure di Batman. Armato di due fucili e una pistola aveva ucciso 12 persone e ferite 70. I testimoni raccontarono che urlava in continuazione “io sono Joker”, il nemico di Batman.

La strage rimasta più impressa nella memoria collettiva fu quella di Columbine, avvenuta nell’aprile del 1999 sempre in Colorado, commessa da due studenti diciassettenni della High School – Eric Harris e Dylan Klebold – che uccisero 12 compagni di studi e un professore. L’episodio ispirò il regista americano Michael Moore che nel 2002 girò il film documentario Bowling a Columbine, premiato con l’Oscar e la Palma d’Oro a Cannes. Il film, oltre a narrare nei particolari la drammatica vicenda, rimane un importante atto di accusa contro la diffusione delle armi tra la popolazione civile americana, appoggiata dalle lobby degli armamenti, da tutti i parlamentari repubblicani e da alcuni democratici. Sotto accusa anche buona parte dell’opinione pubblica per la quale il libero possesso di una o più armi sancito nel lontano 1799, dal secondo emendamento della Costituzione, rappresenta un segno di democrazia.

I due giovani autori della strage, la pianificarono con meticolosità militaresca: prepararono alcune bombe artigianali per farle esplodere all’esterno della scuola; si armarono di due fucili a pompa e di pistole. Entrati a scuola dettero inizio alla mattanza usando le armi con estrema freddezza, mirando a compagni dai quali avevano subito dei torti, compagne che avevano respinto i loro corteggiamenti. La tragedia ebbe fine col suicidio dei due. Harris aveva aperto l’anno prima un sito in cui manifestava rabbia verso la società; Klebold nel suo aveva manifestato il desiderio di uccidere chi lo infastidiva: “Tutto ciò che voglio è uccidere e in particolare alcuni come Brook Braun”. Era un amico col quale aveva litigato. I due furono classificati come studenti dotati ma bullizzati da altri ragazzi. Gli insegnanti della scuola erano al corrente delle sopraffazioni di gruppi di allievi sugli altri, ma le ignorarono. Cosa che accade in tutto il mondo della scuola.

Per ricordare tutte le stragi commesse negli Stati Uniti da persone considerate normali o pseudo tali, sarebbero necessarie centinaia di pagine per descriverle e spiegarne le cause. Si può dedurre che alla base del fenomeno esiste una società fragile, aggressiva e incolta. Per contro una parte dell’opinione pubblica più riflessiva respinge la visione violenta di quel mondo. Dopo l’episodio di Columbine, migliaia di studenti organizzarono una marcia contro le armi, ma rimasero inascoltati.

Oggi il presidente Biden ha sollecitato il Congresso ad agire contro la violenza delle armi. I parlamentari democratici sono d’accordo ma i colleghi repubblicani li ostacoleranno certamente. Dietro quest’ultimi ci sono le industrie degli armamenti e le lobby che sono state sempre in grado di raccogliere milioni di voti in favore di coloro che sostengono la libertà di armarsi. Quando Trump divenne presidente, il valore delle azioni delle industrie del settore crebbe enormemente.

Oggi il 33% degli americani possiede armi. La popolazione totale della nazione, 328 milioni, corrisponde al 4,4% di quella della Terra, ma negli USA i civili armati sono il 42% di tutti coloro che nel mondo posseggono armi. Questo spiega il fatto che gli omicidi sono 10 volte più frequenti del vicino Canada e 16 volte della Germania. Nel suo documentario Moore aveva anche fatto un confronto col Canada dove molti cittadini, alle domande sul possesso e l’uso di armi, rispondevano che non servivano e che alla sicurezza delle persone provvedeva lo Stato.

Per quanto riguarda l’Italia, dove il possesso privato delle armi è molto limitato, resta gravissimo il fenomeno del femminicidio compiuto da uomini considerati normali e muniti di pistole regolarmente dichiarate. Si potrebbero aggiungere le stragi compiute dalle mafie, e gli attentati a opera dei vari estremismi politici spesso con la complicità di organi istituzionali deviati. Ma questo è un altro discorso.

Tornando agli Stati Uniti, in difesa dei possessori di armi esiste da anni la National Rifle Association, considerata un’organizzazione per i diritti civili che ha 5 milioni di aderenti. Moore li considera i successori del Ku Klux Klan. Adesso la NRA è sotto inchiesta per bancarotta da parte della Procura di New York. I dirigenti dell’associazione hanno deciso di trasferire la loro sede a Dallas affermando che vogliono lasciare “un ambiente politico corrotto per trasferirsi in Texas che apprezza il nostro contributo per la libertà”.

Sabato, 27 marzo 2021 – N° 9/2021

In copertina: Foto di Selver Učanbarlić da Pixabay.

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