sabato, Aprile 20, 2024

Italia, Politica

CPR – Centri di permanenza per il rimpatrio

Le finalità dello Stato e la gestione ad aziende straniere

di Laura Sestini

Secondo quanto riportato sul sito web della Camera dei Deputati, la descrizione dei CPR è questa: I CPR sono luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione (art. 14, D.Lgs. 286/1998). Con il decreto-legge 13 del 2017 i Centri di identificazione ed espulsione (CIE) hanno assunto la denominazione di Centri di permanenza per i rimpatri (CPR) (art. 19, comma 1). Il medesimo D.L. 13/2017 (art. 19, comma 3) ha disposto, al fine di assicurare una più efficace esecuzione dei provvedimenti di espulsione dello straniero, l’ampliamento della rete dei CPR, con la finalità di assicurare la distribuzione delle strutture sull’intero territorio nazionale.

Le strutture di trattenimento sono sono focalizzate sugli stranieri irregolari, coloro che non hanno un permesso di soggiorno e/o che possono vederlo scaduto per un mancato rinnovo di un contratto di lavoro sul territorio italiano o altri motivi. Il reato di clandestinità lo compie chi fa ingresso nel territorio nazionale privo di passaporto valido o di altro documento equipollente, di visto d’ingresso, non attraverso i valichi di frontiera; che vi si trattiene in mancanza di permesso di soggiorno, carta di soggiorno oppure di autorizzazione per motivi di studio, turismo, affari o visite secondo quanto previsto dalla legge n. 68 del 2007.

Il reato è sanzionato con un’ammenda da cinquemila a diecimila Euro e il decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 attribuisce alla competenza penale del Giudice di Pace i procedimenti relativi al reato di immigrazione clandestina. Come si evince dalla sopracitata giurisprudenza, il reato di clandestinità è un reato penale ma sanzionato con una pena pecuniaria, una mancata osservazione di una legge sull’Immigrazione che non ha causato danni ad alcuno o violenze, di una persona extracomunitaria che ha oltrepassando il confine geografico di uno Stato non avendone i titoli. Anche la mancata osservazione del divieto di sosta non reca danni a nessuno, ma viola l’osservazione di una norma, in questo caso del Codice della Strada, che viene sanzionata attraverso il pagamento di ciò che comunemente chiamiamo “multa”. Con dei limiti, ma l’esempio può funzionare.

I centri di permanenza per il rimpatrio, erano conosciuti a pochi fino a che non si è insediato il governo Meloni, che improvvisamente li fa balzare alle cronache, ipotizzando di aprirne uno in tutte le Regioni d’Italia. Attualmente i CPR sono un decina, a Bari, Brindisi, Caltanissetta, Gradisca d’Isonzo (GO), Macomer (NU), Palazzo San Gervasio (PZ), Roma; Torino; Trapani; Milano. Quello di Roma, a Ponte Galeria, è l’unico che aveva una sezione femminile, attualmente chiusa.

I CPR Sono gestiti da soggetti privati, per un totale di 1.100 posti disponibili, il cui costo di gestione nel periodo 2018-2021, secondo le stime nel rapporto di Cild – Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili – ammonta a 44 milioni di Euro. Uno sperpero di molti milioni, che non ha nessun obiettivo valido, se non quello di segregare e umiliare persone che non hanno commesso nessun reato delittuoso, in attesa – forse – di essere forzatamente rimpatriate nei paesi di origine. Altri numerosi milioni di Euro per il trattenimento dei migranti, in quel caso sanitario, furono spesi per le Navi Quarantena durante la pandemia. Sui progetti politici inutili per l’immigrazione, in Italia sono bravi tutti i Governi.

Nel periodo di massima espansione di tale sistema, il 2007, erano attivi ben 14 Centri di
trattenimento sull’intero territorio nazionale, con una capienza complessiva di 1940 posti.

CPR di Ponte Galeria –
Foto: Garante delle persone private della libertà del Lazio

I CPR in ogni Regione non sono un’invenzione del governo Meloni, poiché una ennesima spinta risale al decreto legge n.13/2017, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 aprile 2017, n. 46 recante “Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale” firmata dal ministro dell’Interno Marco Minniti (PD), a cui il recente Decreto Cutro ha dato rinnovata visibilità. A novembre 2022 il Governo aveva già anticipato di voler dedicare oltre 46 milioni di Euro per l’ampliamento della rete nazionale detentiva dei CPR. Nei fatti la conversione in legge del decreto Cutro conferma il potenziamento dei CPR e dei centri di prima assistenza – gli hot spot.

Puglia, Toscana ed Emilia Romagna non hanno firmato per un Centro di rimpatrio regionale, rinunciando ai maggiori introiti statali pro-accoglienza migranti. Una specie di compromesso con il Governo, per esser stati “disubbidienti” verso la politica sempre più restrittiva nei confronti dei movimenti migratori nazionali. Il Governo fa sapere che in queste Regioni, nonostante la rinuncia ai suddetti fondi, gli immigrati arriveranno lo stesso, secondo le quote percentuali sugli abitanti.

La Legge Cutro, ha abolito la protezione umanitaria e ristretto i requisiti per la protezione internazionale. E’ ormai noto, tutta la narrazione sulla questione è univoca da parte di chi si occupa di migranti nelle molteplici articolazioni, che queste decisioni genereranno migliaia di irregolari in più, e quindi gioco-forza si autogiustifica anche l’apertura di nuovi centri per il rimpatrio.

Durante il dibattito sul Decreto Cutro il Governo, ha dichiarato lo stato di emergenza migranti e nominato un commissario straordinario, Valerio Valenti, già capo del dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno.

Cosa sono effettivamente i CPR?

Con la legge Cutro, la detenzione amministrativa degli irregolari e di chi ha il permesso di soggiorno scaduto, sarà la regola.

Neanche un mese fa, quando era ancora al dibattito il Decreto Cutro e i CRP erano quotidianamente argomento dei media, Dario Nardella, sindaco di Firenze, che probabilmente aspirava ad averne uno in Toscana, aveva dichiarato che detti centri sarebbero stati dei luoghi per delinquenti, riportando al pubblico gravi imprecisioni sull’argomento. Addirittura, nei CPR non ci finiscono solo gli stranieri irregolari, ma talvolta anche senzatetto nazionali, tossicodipendenti, o altre categorie di persone non straniere. Non capita spesso, ma quando la classe dominante non sa dove celare un soggetto emarginato, per toglierlo dalla vista pubblica lo si può sempre parcheggiare in uno di questi centri. Se capita a un homeless italiano nessuno si accorgerà mai di nulla, tanto quanto per uno straniero irregolare.

I centri di rimpatrio sono come dei campi di internamento: le persone qui amministrativamente trattenute, vivono tra le sbarre come nei penitenziari, ma non hanno commesso reati giustificabili a tale trattamento. I CPR sono specchietti per le allodole a chi crede alle politiche migratorie di destra e di sinistra, che vanno tutte nella stessa direzione. Nei CPR è alto l’autolesionismo e anche il numero delle rivolte. Nei CPR negli ultimi anni sono morti alcuni giovani stranieri, alcuni per cause da accertare, altri per suicidio. A settembre 2022 un giovane migrante di 28 anni di origine pakistana, si è tolto la vita nel Centro per i rimpatri di Gradisca d’Isonzo a Gorizia dopo un’ora dall’entrata. Al CPR di Milano nello stesso mese del 2022, un agente di polizia che qui svolgeva il suo turno di lavoro, si è tolto la vita con la pistola. Per il suicidio di Moussa Balde, 23enne guineano, nel centro di rimpatrio di Torino, ci sono 10 indagati per sequestro di persona. In Italia, il centro di Torino è segnalato come il peggiore di tutti. Infine, devastato per le rivolte, è stato chiuso a marzo 2023 per le ristrutturazioni. A Bari, la cittadinanza ha vinto una causa contro il CPR e il ministero dell’Interno, per chiuderlo.

Il periodo massimo di permanenza nel CPR dovrebbe essere di 60 giorni + 30 giorni, salvo una eventuale ultima proroga di 30 giorni se lo straniero è cittadino di un Paese con cui l’Italia ha sottoscritto accordi in materia di rimpatri.

Nei CPR sono scarsi e scadenti i trattamenti sanitari, in molti una volta dentro soffrono di disagi psicologici e depressioni e la sola cura sono l’abbondanza di psicofarmaci. Se queste strutture sono assimilate per tutto agli istituti penitenziari nazionali, con sbarre e muri di cinta, il divario sta nei servizi concessi, almeno indispensabili alla dignità umana. In carcere puoi sempre inviare la “domandina” ai superiori, nei CPR le richieste di qualsiasi tipo non arrivano mai a destinazione.

I CPR sono luoghi dove la sofferenza diventa istituzionalizzata, in assenza di tutela sanitaria e giurisdizionale. Luoghi opachi che falliscono nei loro obiettivo di rimpatrio, che avviene in meno del 40% dei casi.

Hot spot di Lampedusa
Foto: Unione Europea

Anche gli hot spot sono luoghi di sofferenza e di violazione di tutti i diritti umani basilari.

A Pantelleria è stato attivato un nuovo hot spot; un centro sanitario è divenuto un centro di prima accoglienza, dove nel 2021 sono arrivati circa 2500 migranti, lo stesso nel 2022. Si è aperta una nuova rotta. Di questo fenomeno in terra pantesca nessuno ne parla, invisibile ai media, invisibile agli occhi di tutti. Gli abitanti di Pantelleria sono stati sorpresi dall’avvenimento, ma molti collaborano all’accoglienza per senso di umanità. Pantelleria bellissima quanto impervia e selvaggia nei fenomeni naturali. Lembo di terra vulcanica circondato dal mare abitato da circa 6500 persone.

I CPR e gli hot spot sono gestiti da organizzazioni private per gara di appalto tramite le Prefetture. Le gare sono al ribasso, vince chi spenderà meno nel gestirli, e i risultati sono evidenti.

Ai bandi partecipano e vincono anche grandi aziende straniere, talvolta vere multinazionali della sicurezza, che amministrano anche due o più centri contemporaneamente. La (mala) gestione dei migranti genera lucrosi business.

Sabato, 13 maggio 2023 – n°19/2023

In copertina: dentro un CPR – Foto: Ministero dell’Interno

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