sabato, Luglio 27, 2024

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Attentati, decapitazioni e donne ridotte in schiavitù

Afghanistan sotto attacco dei Talebani

di Laura Sestini

L’Afghanistan è in guerra con i Talebani, anzi, al contrario, questi ultimi sono alla conquista dell’Afghanistan, un Paese sempre più allo sbaraglio, come capita ai paesi che sono stati colonizzati per anni da Paesi stranieri occidentali con l’illusione – da entrambe le parti – di ricevere od esportare democrazia.

A causa delle continue offensive dei Talebani – sostenuti dal Pakistan, altro Paese che ne condivide, a livello istituzionale, le più bieche ideologie islamiste – dall’annuncio del ritiro dei militari statunitensi e degli alleati Nato, accordi presi da Trump in Qatar nel 2020, dove al tavolo delle trattative sedevano anche i quadri dirigenziali dei fondamentalisti eredi di Osama Bin Laden per un accordo di pace, previste entro l’11 settembre, anniversario ventennale dell’attacco alle Torri Gemelle – la situazione è andata man mano degenerando con violenze a tutti i livelli.

I Talebani – contro un governo centrale afghano che ha poca forza istituzionale e deficitario dell’appoggio militare occidentale degli ultimi 20 anni – hanno già conquistato molti distretti del Paese, in particolare lungo le frontiere Nord-ovest che confinano con il Pakistan.

Peraltro, quest’ultimo, sembra intenzionato ad estendere il conflitto anche alla vicina India, con cui guerreggia a tratti contro gli Hindu, che a loro volta perpetrano violenze sui civili musulmani entro i confini indiani. E chissà non si avvalga dei favori talebani in cambio dei propri. Online si trovano video di imam che istruiscono su una potenziale guerra contro l’India. La religione è verosimilmente proprio l’oppio dei popoli, indipendentemente dallo specifico credo. Nei secoli le dimostrazioni non sono mai mancate, tantomeno nel ‘moderno’ XXI° secolo.

In questi giorni l’offensiva talebana è verso la città di Kandahar, famosa agli occidentali per il film di Mohsen Makhmalbaf che vinse il premio al 54° Festival di Cannes nel 2001, e per la potente offensiva statunitense – subito dopo l’attentato delle Torri a New York – per stanare i vertici di Al-Qaeda. Mentre Zabioulla Moudjakhed, rappresentante dei ribelli, dichiara che i ribelli hanno il controllo del 90 per cento dei confini del Paese.

Come sempre, nelle guerre fratricide, i danni maggiori sono recati alla popolazione civile; gli attentati suicida sono all’ordine del giorno, contro le istituzioni, i militari lealisti, avvocati, giornalisti, ma anche indiscriminatamente sui mercati e zone affollate di cittadini comuni, scuole e mezzi di trasporto. La caccia ai civili afghani ex-collaboratori degli occidentali – come interpreti o tassisti di fiducia – è aperta, di cui Sohail Pardis è la prima vittima – decapitata in pubblico, come tradizione vuole.

Rahmatullah Nabil – ex direttore della Direzione nazionale della sicurezza (NDS) afghana e fondatore del Servizio di protezione presidenziale (PPS), fondatore dell’aiuto H4AH per gli eroi afghani – tra i tanti ‘cinguettii’ del 21 luglio scrive:”Taliban’s violence & hatred toward the people &  institutions of AFG are the biggest proof of that, the Taliban seems to be Afghans, but their hearts & minds are Pakistani, If they were AFGs, maybe they would have shown little compassion for their homeland & Afghan’s mothers!” (La violenza e l’odio dei talebani verso le persone e le istituzioni dell’AFG ne sono la prova più grande, i talebani sembrano essere Afghani, ma i loro cuori e le loro menti sono Pakistani, se fossero stati AFG, forse avrebbero mostrato un po’ di compassione per la loro patria e le madri afghane! t.d.g.).

Come è avvenuto con il Califfato Islamico, con cui i Talebani condividono i precetti della Sharia – la legge coranica – differenziandosi un tempo solo sul fatto della guerra agli occidentali di Al-Qaeda, contro la condanna estesa anche ai musulmani non osservanti dichiarata da Isis, adesso è caccia alle donne dei distretti conquistati.

Secondo il quotidiano britannico The Sun, una lettera pubblicata a nome della Commissione culturale dei Talebani obbliga tutti gli imam e i mullah nelle aree occupate a fornire un elenco di ragazze sopra i 15 anni e vedove sotto i 45 anni, da dare in spose ai combattenti. Che in seguito diverranno schiave sessuali – in vendita in altri Paesi – come è accaduto nei mercati di piazza a Mosul e Raqqa. Qualcuno si ricorderà ancora le donne in gabbia in esposte come merce da acquistare per pochi dollari.

Durante il dominio dei talebani in Afghanistan – prima dell’arrivo della coalizione militare Nato – alle ragazze era vietato andare a scuola, le donne non potevano lavorare e non potevano uscire di casa senza un uomo della famiglia. I trasgressori venivano puniti pubblicamente e spesso frustati dalla polizia religiosa. La situazione per le donne, che qui hanno rari diritti, e vengono spesso assassinate per la loro audacia di laurearsi e di denunciare il patriarcato medievale che avvinghia il Paese – purtroppo anche senza la mano dei Talebani – si sta vertiginosamente replicando.

Parallelamente molti militari afghani, per non venir trucidati, si arrendono ai talebani.

Che ne sarà dell’Afghanistan? Intanto una delle proposte-ricatto recenti da parte talebana è la richiesta del rilascio di 7 mila prigionieri ribelli in cambio di tre mesi di tregua.

Sabato, 24 Luglio 2021 – n°26/2021

In copertina: militari afghani arresi ai Talebani – Foto @Asfand25543654

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