sabato, Luglio 27, 2024

Notizie dal mondo

Uranio impoverito

Flagello delle popolazioni civili e dei militari

di Laura Sestini

Insieme ai nuovi carrarmati inviati in Ucraina, il Governo britannico ha inviato proiettili che contengono uranio impoverito. Se è vero che questo tipo di munizioni/armamenti non sono contemplati dai Trattati nucleari di non proliferazione, altrettanto sono ormai noti i loro effetti sulla salute umana, dei militari coinvolti nei conflitti, ma anche, e soprattutto, sulla popolazione civile ignara all’uso di questi temibili proiettili.

John Erath, direttore politico del Center for Arms Control and Non-Proliferation, una organizzazione non-profit statunitense, scredita le parole di Vladimir Putin, secondo cui l’invio dei proiettili anticarro all’uranio impoverito britannici possono essere motivo di escalation nucleare.

Seppure le affermazioni di Putin possano essere opportunistiche, a ben riflettere, l’agire e la narrazione sulla guerra russo-ucraina della Gran Bretagna è già di per sé motivo di ascesa del conflitto, indipendentemente dai tipi di proiettili inviati.

L’uranio impoverito, o depleto, ridotto – dall’inglese depleted uranium – non ha carica nucleare, paragonabile alla stessa carica di energia nucleare presente in natura. Ciò che è deleterio per la salute umana è il suo uso nei conflitti armati, attraverso le munizioni che, con la loro esplosione ad altissima temperatura sprigionano nuvole di polveri sottili di metalli pesanti che ricadono sull’ambiente e vengono respirate da esseri umani e animali, inquinanti per le falde acquifere. Nella fabbricazione del proiettile DU – ad espansione – è determinante anche una percentuale di plutonio.

Secondo il sito di ONA Onlus – Osservatorio Nazionale Amianto – l’uranio depleto è un sottoprodotto del processo di arricchimento dell’uranio naturale, processo necessario per l’uso nei reattori nucleari. Essendo un sottoprodotto, è il 40% in meno radioattivo dell’U238 – sigla di quello ritrovato in natura – usato nelle centrali nucleari.

Nelle note di coda di “Oro dentro. Un archeologo in trincea: Bosnia, Albania, Kosovo, Medio Oriente”, il volume scritto a quattro mani dai giornalisti Laura Sudiro e Giovanni Rispoli, che ripercorre la vera storia di Fabio Maniscalco, carabiniere presso il Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Napoli, si può leggere: “Esistono vari modi di lavorare sui beni culturali: insegnare, prodigarsi nelle istituzioni, denunciare incuria e malefatte. Ma c’è anche chi decide di farsi testimone in prima persona, mettendo in gioco tutto se stesso. Fabio Maniscalco, archeologo, ha pagato duramente il suo impegno. Nato a Napoli il primo agosto 1965, ha sviluppato le sue pioneristiche esperienze nella tutela del patrimonio culturale a rischio in varie parti del mondo (Bosnia, in particolare Sarajevo, Albania, Kosovo, Medio Oriente) per strapparlo alla barbarie della guerra. Un tumore provocato dall’esposizione all’uranio impoverito durante le missioni nei Balcani lo ha stroncato il primo febbraio 2008. Questo libro racconta la sua storia”.

Secondo l’Associazione Nazionale Vittime Uranio Impoverito, riportate anche sulle inchieste parlamentari degli ultimi 15 anni, in Italia si registrano circa 400 militari deceduti e 8000 persone malate a causa dell’esposizione agli effetti dell’uranio depleto.

L’uranio impoverito è un sottoprodotto del procedimento di arricchimento dell’uranio, ampiamente utilizzato nella fabbricazione di munizioni e proiettili.

L’uso delle armi all’uranio impoverito non è una novità della guerra tra Russia e Ucraina, il suo utilizzo fu protagonista soprattutto durante le due Guerre del Golfo in Iraq, dove l’esercito statunitense lo utilizzò principalmente nelle munizioni dei cannoni, i cui proiettili ne contenevano ognuno 272 grammi, per un totale di 250 tonnellate. Inoltre la NATO ha dichiarato di aver fatto uso di bombe all’uranio impoverito in Bosnia Erzegovina, nei raid statunitensi del 1994 e del 1995, sganciandone 2,57 tonnellate.

Munizioni all’uranio impoverito sono stati usati anche nella guerra in Kosovo, Somalia e Afghanistan.

In ambito militare, nonostante le evidenze delle inchieste parlamentari, si parla malvolentieri dei nefasti effetti dell’uranio impoverito sui militari di mezzo mondo e sugli ambienti contaminati che continuano a generare gravi malattie sulle popolazioni civili locali. In Italia ci sono stati alti gradi militari che hanno cercato di coprire l’uso dell’uranio depleto nei teatri di guerra, al contrario di come ha agito il padre francescano francese Jean-Marie Benjamin – ex missionario ONU, che dal 1997 ad oggi ha dedicato un intenso lavoro per denunciare gli effetti dell’embargo sulla popolazione irachena e della contaminazione dalle armi all’uranio impoverito nelle guerre degli occidentali in Iraq.

Più recentemente, in Italia è stato il generale dei paracadutisti Roberto Vannacci, in missione a Baghdad con 800 uomini per combattere l’Isis, a denunciare l’abitudine di lasciare i militari italiani indifesi davanti all’uranio impoverito usato nei conflitti dei Balcani, in Iraq e in Afghanistan, ed ancora in guerre da poco conclusesi, presentando un esposto presso la Procura Militare di Roma.

https://www.nato.int/du/docu/d010216a.htm

https://www.associazionenazionalevittimeuranioimpoverito.it

Sabato, 1 aprile 2023 – n°13/2023

In copertina: munizioni arricchite di uranio depleto (punta differente). Foto di dominio pubblico

Condividi su: