martedì, Marzo 19, 2024

Notizie dal mondo

Testimonianze sull’Afghanistan di Walimohammad Atai

Arrivato in Italia da clandestino nel 2013 ci racconta il suo Paese, da dove è fuggito per eludere la morte

di Laura Sestini

Walimohammad Atai è un cittadino afghano arrivato in Italia clandestinamente nel 2013, dopo un lungo e travagliato viaggio che ha attraversato differenti Paesi asiatici ed europei.

Gli abbiamo posto alcune domande sul passato ed il presente dell’Afghanistan, Paese che sappiamo essere in un momento davvero delicato della sua fase storica, politica e sociale.

Lei è cittadino afghano. Da quanto tempo si trova in Italia e per quale motivo ha deciso di lasciare il suo Paese?

Atai Walimohammad: -”Sono arrivato aggrappato sotto un Tir – dalla Grecia in Italia a 17 anni – nel 2013, dopo un lungo e pericolosissimo viaggio. Mio padre era un medico, e fu ucciso mentre lavorava nel suo ospedale a Jalalabad dai Talebani nel 1996, quando io ero appena nato. Una volta cresciuto, a undici anni mia madre e mio zio materno, comandante talebano, mi hanno obbligato e spedito a Quetta – una città pakistana – in una madrasa religiosa “centro di addestramento per bambini soldato”; con me c’erano anche bambini del mio villaggio. Dopo aver passato due mesi in madrasa, mio zio ebbe bisogno di me per portare con un asino la colazione agli operai che raccoglievano per lui oppio nelle sue campagne, e mi riportò in Afghanistan. Lo zio in seguito fu ucciso dalle forze governative afghane e da allora non sono ritornato più alla madrasa di Quetta: mia madre non poteva obbligarmi di ritornare alla scuola coranica di quella città. Ed anche io non ci volevo andare, poiché la maggior parte dei miei amici d’infanzia una volta entrati non ne erano usciti più vivi. Durante il funerale di mio zio conobbi mia nonna paterna – una donna altamente istruita e chirurgo come mio padre – che mi raccontò come fu ucciso barbaramente mio padre dai Talebani con l’aiuto di mia madre e dello zio materno: ella mi indicò anche dove era stato sepolto e mi disse che nella casa in cui vivevo con mia madre egli aveva lasciato tutti suoi libri, ed altre cose. I suoi oggetti erano custoditi in una stanza che rimaneva sempre chiusa: quando si chiedeva di quel luogo a mia madre, lei diceva che era il locale per la paglia, e finché non avremmo avuto la mucca non si sarebbe aperta! Dopo aver scoperto la verità – grazie alla nonna paterna – cominciai ad allontanarmi da mia madre, fino a che andai a vivere con lei e con lo zio paterno in un altro distretto. Dopo che me ne andai da casa, mia madre cedette per denaro mia sorella – Salma Atai – a un signore di 42 anni che era il comandante dei Talebani locali, ma io mi ribellai e riuscii a salvare la vita e il destino di mia sorella. Verso i 13 anni cominciai ad insegnare ai bambini del villaggio che non avrebbero dovuto frequentare le madrasa perché non è giusto uccidere gli altri in nome di Allah: nel Corano Allah ci insegna l’amore e la fratellanza. In seguito riuscii ad aprire una scuola con l’aiuto del governo afghano e cominciai a sfidare i terroristi Talebani attraverso la mia arma: l’istruzione. Le famiglie cominciarono a mandarmi i loro figli ad istruirsi per uscire dal quel mondo avvolto nel buio e l’oscurantismo. Contemporaneamente i Talebani cominciarono subito a minacciarmi di morte, e nel 2011 fecero saltare in aria la scuola in cui insegnavo: sono sopravvissuto a due attentati dei Talebani, finché – con l’aiuto di mio zio paterno e mia nonna – sono fuggito in Iran. Qui sono stato in carcere per sei mesi e 15 giorni, poi ho dovuto lasciare il Paese e mi sono diretto verso la Turchia; e da lì in Grecia, dopo aver tentato circa 140 volte – a Patrasso – di mettermi sotto un Tir per arrivare in Italia, riuscendoci finalmente alla141esima. Tir a cui sono stato aggrappato per circa 24 ore”.

In che maniera, con gli occhi di afghano, gli occidentali hanno attuato ‘la democrazia da esportazione’ nel suo Paese?

A.W.:-”L’Occidente non ha mai avuto intenzione di esportare la democrazia in Afghanistan, sin dall’inizio. Il terrorismo è stata un’invenzione, ed i Talebani come i Mujaheedin sono i prodotti degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Come disse Henry Kissinger dopo la guerra in Vietnam “Tutto quello che vogliamo fare, dobbiamo farlo fare agli altri, così quando falliscono le operazioni, nessuno ci darà la colpa. Abbiamo perso 34000 uomini in Vietnam ed i russi ci devono 34000 persone.” L’idea di Henry Kissinger in qualche modo ha funzionato: guardate l’Isis, i Talebani, e soprattutto i famosi Mujahedden contro l’Unione Sovietica. Nessuno è così pazzo da seminare gratis ‘la democrazia’ nelle terre straniere: gli statunitensi avevano pianificato i loro obiettivi da molto tempo, e li hanno raggiunti. Adesso hanno nuovi scopi e li raggiungeranno attraverso il nuovo Emirato Islamico, anche stavolta voluto dalla Casa Bianca”.

Dopo la cacciata del Talebani, nel 2001, comunque la vita degli Afghani non è stata davvero libera e la Sharia – la legge coranica – è rimasta un punto fermo. Le donne non hanno abbastanza diritti e nei villaggi più rurali ancora si portano abiti che le coprono completamente. Perché succede questo?

A.W.:-”L’Afghanistan in passato è stato un crocevia di religioni, la Greco-ellenistica, il Buddismo, il Cristianesimo e l’Islam, nonché di popoli che in passato hanno convissuto in un mirabile esempio di tolleranza e sincretismo culturale. l’Afghanistan si è fatto recentemente teatro di oscurantismi a sfondo religioso, persecuzioni e morte. In realtà dopo la sconfitta dell’Impero britannico da parte del re Amānullāh Khān, fu l’impero britannico che strumentalizzò l’Islam, e attraverso i mullah pakistani – in nome di Allah – privarono le donne dai loro diritti e le rinchiusero fra le mura delle loro case, per sottomettere l’Afghanistan e renderlo più debole. Quando il re Amānullāh Khān instaurò le prime riforme ed iniziò a rendere l’Afghanistan uno stato moderno e sviluppato – con la stessa modalità di Mustafa Kamal Ataturk in Turchia – furono proprio gli Inglesi che iniziarono a rovesciare il governo attraverso gli Afghani radicalizzati e strumentalizzati dai mullah pakistani. Gli Inglesi costrinsero quindi il re a lasciare la patria, mentre insediarono un loro fantoccio. I Talebani negli ultimi due decenni hanno ottenuto molto consenso soprattutto nelle grandi città; per quanto riguarda le zone rurali c’è ancora la presenza dei gruppi terroristici, non vi è accesso alle scuole e si vive come nel Medioevo. Una delle gravissime conseguenze che ha subito l’Afghanistan è stata la dispersione del suo millenario patrimonio artistico, brutalmente saccheggiato nell’arco di un terribile ventennio – in parte distrutto dalla furia iconoclasta d’ispirazione coranica, in parte illecitamente trafugato all’estero. L’Afghanistan è un paese aspro e bellissimo, in cui la storia ha lasciato tracce di grandi imprese: qui si nascondono tesori dal valore inestimabile e opere d’arte irripetibili” .

Pensa che i nuovi Talebani siano ‘più moderni’ rispetto ai loro padri o ai predecessori di oltre 20 anni fa? Anche nell’ideologia o solo nella metodologia?

A.W.:-”L’unica differenza dei Talebani di oggi è che usano le strade per le esecuzioni pubbliche, invece in passato usavano gli stadi. I Talebani sono una vergogna per il mondo e non solo per l’Afghanistan. I Talebani sono peggio ora che nel 2001, nel loro regime già la morte regna sotto la bandiera bianca in nome di Allah! Solo oggi (18/8/2021 – data dell’intervista) i Talebani hanno ucciso in modo disumano circa 52 manifestanti che difendevano la bandiera nazionale dell’Afghanistan; un mio caro amico – il giornalista Tajwali – è stato ucciso davanti alla sua famiglia a Jalalabad. In due giorni i Talebani hanno ucciso e giustiziato circa 80 persone e ne hanno ferite altre 130. C’è qualcuno che può chiedere a queste belve il perché? Gli Afghani non vogliono vivere più sotto la bandiera terroristica, e vogliono l’appoggio del mondo per sconfiggere i barbuti!”

Al confine Spin Boldak/Chaman migliaia di persone vogliono fuggire dall’Afghanistan in Pakistan. La situazione è peggiore di quella dell’aeroporto di Kabul, ma poiché qui non ci sono forze straniere la cronaca non viene coperta dai media. Foto courtesy Walimohammad Atai (tutti i diritti riservati)

Le nuove autorità annunciano che ci sarà posto anche per le donne nella pubblica amministrazione. E’ una promessa che si attuerà?

A.W.:-”Assolutamente non è vero, oggi una mia cara amica giornalista, Shabnam Dawran non è stata autorizzata di ritornare al lavoro nello studio RTA – Radio Televisione Nazionale dell’Afghanistan: la sua colpa è di essere nata donna! I Talebani le hanno detto che il governo è cambiato ed adesso regna la Sharia e che deve tornare a casa e rinchiudersi fra le mura di casa a fare la casalinga. Solo i suoi colleghi maschi hanno avuto il permesso di lavorare – sempre sotto gli occhi delle belve! Invece il portavoce dei Talebani ha detto al mondo, durante una conferenza stampa, che le donne possono lavorare e studiare senza restrizioni. Sono semplicemente ipocriti, stanno già uccidendo donne e bambini senza alcun motivo, a loro piace spargere sangue. Le donne hanno smesso di frequentare le università e le scuole, devono essere accompagnate dai maschi e sempre coperte. Le donne sono considerate peggio degli animali, accompagnate dai maschi: ma perché mordono, ci vuole un guinzaglio? Questo comportamento significa che le donne – ovunque – sono forti e quando le donne sono libere, le società sono libere e le generazioni sono istruite”.

Dai vertici si cerca anche di tranquillizzare la popolazione, con amnistia per i funzionari statali compresi i militari e le forze dell’ordine. In antitesi giungono notizie che si cercano ‘porta a porta’ i collaboratori delle forze straniere che erano presenti nel Paese. Si può fare un po’ di chiarezza?

A.W.:-”In questi giorni i Talebani hanno fatto una chiamata via altoparlante ed hanno invitato la gente della città di Taloqan in piazza per assistere all’impiccagione di tre soldati afghani. Non c’è stata l’amnistia, i Talebani dicono questo solo per aver l’appoggio dal mondo e per farsi riconoscere ufficialmente. Nel distretto di Goshta i Talebani hanno ucciso 22 membri dell’esercito appena tornati a casa; uccidono tutti coloro che hanno lavorato per il governo afghano, e non solo, uccidono chi ama la verità e si ribella alla loro dottrina. Oggi gli Afghani hanno protestato in varie parti del Paese a sostegno della bandiera nazionale contro i barbuti terroristi sostenuti dall’America: le proteste hanno avuto una risposta violenta da parte dei miliziani che in seguito hanno ucciso 32 manifestanti ed altri 27 sono stati feriti gravemente”.

Il Presidente Ashraf Ghani è fuggito di nascosto, con alcune auto piene di denaro – così raccontano le cronache. Un’iniziativa personale o facente parte degli Accordi di Doha?

A.W.:-”Ecco come sono andate le cose dietro le quinte del palazzo presidenziale di Kabul: Il presidente Ashraf Ghani voleva rimanere a Kabul e non voleva lasciare il Paese nelle mani dei barbuti terroristi, ma è stato cacciato dagli statunitensi con la forza, e costretto a fuggire. Altri funzionari – con la mediazione degli Stati Uniti – avevano già stabilito contatti con i Talebani mentre all’esercito afghano era stato dato ordine di non sparare nemmeno un colpo contro di questi, di arrendersi e consegnare tutte le armi. L’ambasciata russa ha fatto molta propaganda sul fatto che il presidente afghano abbia rubato soldi, ma non è vero, e gli Afghani non ci credono assolutamente.

Il leader dei Talebani – il mullah Abdul Ghani Baradar – ieri pomeriggio era all’aeroporto del Qatar con alti ufficiali dell’esercito statunitense dai quali prima di volare per l’Afghanistan ha ricevuto le direttive su cosa fare e cosa no! Non dimentichiamo che i Talebani li hanno creati gli stessi statunitensi – che hanno finto di combatterli per 20 anni e adesso hanno stretto un accordo per lasciargli di nuovo il Paese in mano. L’esercito afghano poteva sconfiggere sia i terroristi talebani che le forze pakistane in meno di 7 ore, ma i loro comandanti hanno avuto l’ordine di consegnare tutto agli amici terroristi degli americani”.

Mi è capitato di imbattermi in una discussione social, dove una donna italiana, che probabilmente ha vissuto un periodo in Afghanistan, sosteneva che i Talebani trattassero molto bene le loro donne. Quindi si perseguitano solo le ‘infedeli’?

A.W.:-”Mentre erano al potere in Afghanistan nel 1996, i Talebani sono diventati noti a livello internazionale per la loro misoginia e la violenza contro le donne. Da quando i Talebani hanno preso il controllo della maggior parte dell’Afghanistan, ci sono molte preoccupazioni e già come ho sottolineato prima le giornaliste afghane sono state bandite dal lavoro. In questi giorni le donne sono state costrette a indossare il burqa in pubblico per tutto il tempo: secondo loro – i Taliban – le donne non possono lavorare, non possono ottenere l’istruzione dopo gli otto anni e fino ad allora possono solo studiare il Corano. Le amiche medico di mia sorella non possono più esercitare la professione e sono tornate a casa. Piangono e si sentono delle galline richiuse in gabbia”.

Una questione religiosa o di potere, quella afghana, oppure un intreccio di entrambe, complice anche la tradizione musulmana?

A.W.:-”E’ una questione economica ma anche religiosa, l’Islam è stato politicizzato e i poteri mondiali strumentalizzano le persone per i propri interessi economici e geopolitici. Ormai esiste un “Islam fai da te” non esiste solo un Allah, ma più, non esiste un Corano ma più, e ogni persona lo interpreta come vuole per i propri interessi”.

Può spiegarci a differenza tra Talebani e jihadisti? La maggioranza delle persone, molte volte anche la stampa, li uniscono in un unico gruppo islamista.

A.W.:-”La parola ‘talebani’ in lingua pashtun si usa per gli studenti, in particolare per coloro che frequentano le scuole religiose e quindi non è il sinonimo di ‘jihadisti’. La parola ‘jihad’ deriva dalla radice j’ahada’ che significa “sforzare, lottare, fare uno sforzo”. I musulmani per ‘jihad’ ne intendono due tipi e con differenti significati. Si parla di jihād minore (esteriore) inteso come uno sforzo militare come autodifesa; e jihād maggiore (interiore) inteso come sforzo per auto-emendarsi. Il significato più letterale di jihād è dunque semplicemente “sforzo”. In Afghanistan i genitori danno questo nome anche ai loro figli, tanti miei amici si chiamano Jihad. La gente deve conoscere il vero significato di questa parola, perché oggi tutto ciò è stato distorto, ed al contrario lo si usa come “la guerra in nome di Dio”.

Walimohammad Atai con Gino Strada – Foto courtesy W.A. (tutti i diritti riservati)

N.d.r.- Walimohammad Atai da quando è in Italia ha pubblicato due libri sulla sua esperienza di profugo e sull’Afghanistan: ” Il martire mancato. Come sono uscito dall’inferno del fanatismo” e “Ho rifiutato il paradiso per non uccidere”. Vive e lavora in Lombardia, ha intrapreso studi universitari, ed oltre a scrivere come freelance sui fatti del suo Paese, è impegnato socialmente ed offre aiuto ai suoi connazionali come mediatore culturale.

Sabato, 28 agosto 2021 – n°31/2021

In copertina: per le vie di Kabul – Foto courtesy Walimohammad Atai (tutti i diritti riservati)

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