sabato, Aprile 27, 2024

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Qatargate: la corruzione è arrivata a Bruxelles

Crollano gli ideali della Sinistra per le tangenti ai politici della UE

di Ettore Vittorini

Il Qatargate, lo scandalo che ha colpito il Parlamento dell’Unione Europea con riflessi negativi sulla intera Istituzione e soprattutto sui partiti di sinistra – quello italiano in primis – non ha avuto grandi ripercussioni tra la maggioranza della nostra opinione pubblica. Si tratta di coloro abituati già da tempo a dire “i politici sono tutti ladri”, “i partiti sono uguali” e normalmente votano a destra o non votano proprio.

Ma i pensieri di una minoranza, quella che credeva ancora nella sinistra e nel PD sono diversi: rimangono smarriti, sorpresi, delusi e amareggiati per il crollo di un ideale perduto e offeso.

Prendiamo ad esempio una persona anziana che sin da piccolo ha visto nascere il Partito comunista tramite i genitori che nell’immediato dopoguerra vi avevano aderito, dopo aver partecipato entrambi alla Resistenza. L’educazione da essi ricevuta sul rispetto per il prossimo – qualunque fossero le sue idee – per i deboli, gli sfruttati, sull’importanza della democrazia e le leggi che ne derivano, ha formato il suo pensiero politico fatto di ragionamenti, confronti, critiche, aiutato inoltre dalle letture.

Nella politica italiana il Pci appariva come un approdo sicuro per le sue idee, grazie alle battaglie per i lavoratoti e per il benessere del Paese, contro l’arroganza e la corruzione dei partiti al potere. Oggi provano gli stessi sentimenti di delusione tante altre persone di tutte le classi sociali, dai vecchi operai ai professori, ma anche dai giovani lavoratori e studenti che speravano in un cambiamento del partito che – almeno storicamente – è nato dalle radici del PCI con l’intento di adeguarsi ai tempi nuovi. Invece…

Venerdì 16 – manco farlo apposta – Rai 3 ha trasmesso un documentario su Pio La Torre. “È’ stato un colpo al cuore”, ha scritto sulla “Stampa” il direttore Massimo Giannini, riferendosi alle immagini e alle parole del segretario del PCI siciliano assassinato dalla mafia nel 1982. Era figlio di braccianti poverissimi che da piccolo lavorava nei campi e andava a scuola tutte le mattine percorrendo a piedi cinque chilometri, spesso senza scarpe. “Solo la cultura ci salverà dalla miseria”, diceva.

Nel filmato apparivano Giorgio Napolitano che ne ricordava le battaglie nel sindacato e nel partito per reclamare la terra per i contadini; Emanuele Macaluso ricordava tra le lacrime la sua lotta contro la mafia e quanto disse poco prima di venire ucciso dai corleonesi: “Adesso tocca a noi”.

Di fronte a lui e ai tanti protagonisti della storia del partito e ai tanti membri meno noti che hanno combattuto e si sono sacrificati per i diritti dei lavoratori e per un’Italia migliore, chi sono gli attuali dirigenti del PD? In buona parte degli ominicchi – per dirlo alla siciliana – privi di cultura politica, di grinta per combattere, pronti a competere tra di loro per accaparrarsi qualche elettore in più o una poltrona – e cosa più grave – lontani dalle richieste della popolazione. Un ex leader addirittura aveva “scoperto” il Rinascimento dell’Arabia Saudita. Non mancano coloro che lavorano seriamente per il partito, ma sono tenuti lontani dal centro del potere, abbandonati nelle poche sezioni rimaste e mai ascoltati dai dirigenti.

Per quanto riguarda il Qatargate, è possibile che nessuno dei deputati del PD nel Parlamento Europeo non si sia accorto di quanto stava accadendo e non lo abbia denunciato di fronte all’opinione pubblica, smascherando coloro che si sono fatti comprare dalle valigie di denaro rinvenute in casa di membri italiani e greci del gruppo socialista europeo cui appartiene lo stesso PD?

Eppure qualcuno lo scorso anno si era accorto dell’esistenza di certi strani intrallazzi senza averne prove concrete: Pierfrancesco Majorino, eurodeputato e candidato del PD alle prossime elezioni regionali in Lombardia, aveva inviato un documento con i suoi sospetti al Parlamento Europeo, ma era passato sotto silenzio.

Immagini della Polizia federale belga

Non può mancare un confronto col PCI di molti anni fa, quando su “La Repubblica” del 28 luglio del 1981 comparve l’intervista di Eugenio Scalfari a Enrico Berlinguer, quella ben nota sulla “questione morale”.

Così il segretario comunista rispose al giornalista su questo tema: «La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello Stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano. Ecco perché gli altri partiti possono provare ad essere forze di serio rinnovamento soltanto se aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche. […] Quel che deve interessare veramente è la sorte del Paese. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una palude».

Era una profezia su quanto sta accedendo nell’Italia di oggi. Allora Berlinguer considerava il suo partito al di fuori dagli altri che accusava, ma le sue parole rappresentavano anche un monito ai giovani del PCI che ne sarebbero diventati quadri dirigenti nel PD di oggi.

Già allora c’erano avvisaglie che si manifestarono più tardi soprattutto nella “Milano da bere”, termine coniato dai socialisti di Craxi quando presero il controllo della città pur essendo in minoranza rispetto agli alleati comunisti che alle elezioni amministrative erano diventati il primo partito del capoluogo lombardo. I craxiani dettero inizio alla “mangiatoia” che portò allo scandalo di “mani pulite”, mentre il PCI locale stava a guardare.

Mario Melloni – ex deputato del partito – nella sua rubrica satirica quotidiana “Fortebraccio” pubblicata dall’Unità, scrisse in proposito: «I socialisti nel salotto brindano a Champagne, mentre i comunisti in portineria bevono gazzosa». Aveva compreso che morto da poco Berlinguer, nel partito qualcosa stava cambiando e in peggio.

Oggi è difficile trovare qualcuno che dica “io sono del PD”. Si preferisce dichiarare “sono di sinistra”, un termine che può significare tutto o niente. Venne usato per la prima volta nella politica italiana nel 1876 quando il liberale Agostino Depretis divenne presidente del Consiglio con una maggioranza di deputati, sempre liberali, ma distintisi perché si erano raggruppati sui banchi di sinistra della Camera.

Depretis fece alcune riforme importanti per quei tempi come la scuola elementare obbligatoria e l’estensione del diritto al voto – che allora era di appena 500 mila elettori in tutta Italia – a 2 milioni.

Ma per ottenere una maggioranza sicura, inventò il “trasformismo”, cioè l’acquisizione di voti dell’opposizione attraverso favori e poltrone, un male che non è più scomparso dalla politica italiana.

Anni dopo, nel 1898 aderì alla sinistra anche il poeta Gabriele D’Annunzio il quale, eletto nella destra liberale, passò con i deputati del partito socialista pronunciando la frase: «Vado verso la vita». Era rimasto amareggiato per la strage di Milano compiuta dal generale Bava Beccaris contro gli operai. In seguito seguì le tante ben note strade diverse.

Da ricordare anche che Mussolini era stato un leader socialista, per giunta massimalista. Poi, grazie alle “bustarelle” dei servizi segreti francesi e inglesi – da contrario all’entrata dell’Italia nella Grande guerra, diventò improvvisamente interventista. Fu espulso dal partito socialista e il resto è Storia. Le valigie piene di denaro circolavano anche allora.

Sabato, 24 dicembre 2022 – n° 52/2022

In copertina: Il Parlamento Europeo – Foto https://www.europarl.europa.eu

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