sabato, Luglio 27, 2024

Cultura

Putin e Pietro il Grande, un confronto impossibile

Le differenze tra lo Zar e il suo imitatore

di Ettore Vittorini

Subito dopo il crollo dell’URSS, sciolto il KGB – il servizio segreto del regime sovietico – Vladimir Putin fu assunto come dirigente nell’amministrazione comunale di San Pietroburgo, la ex Leningrado. Appena preso possesso del suo ufficio, tolse dalla parete il quadro di Lenin per sostituirlo con quello di Pietro il Grande, lo Zar di tutte le Russie, una delle figure più importanti e avvincenti della storia moderna.

Evidentemente Il futuro presidente della Federazione Russa aveva una grande ammirazione per quel personaggio, simbolo della grande trasformazione della nazione negli anni tra la fine del ‘600 e i primi del ‘700. Forse ne ha voluto seguire le orme ritenendo di possedere le stesse qualità del suo ispiratore di tre secoli prima.

Ma la Storia gli dà torto perché tra i due Zar – quello Grande e il suo moderno epigono in scala ridotta – corrono enormi differenze. Tra queste risalta già il confronto fisico tra le due figure: Pietro era alto due metri e cinque centimetri mentre Vladimir ha una statura normale tendente al basso. Il “Grande”, dotato di un talento politico eccezionale, di grande generosità e nello stesso tempo temuto per la sua terribile crudeltà verso coloro che lo ostacolavano, viene ricordato dalla Storia per aver trasformato la Russia da nazione ancora immersa nel Medioevo, in una temibile potenza europea rivolta verso l’Occidente, non per conquistarlo, ma per introdurre nel suo impero le usanze, la civiltà e lo sviluppo tecnologico di quella parte dell’Europa dove – tra l’altro – incominciava ad apparire il pensiero dell’Illuminismo.

Pietro nacque il 30 maggio del 1672 dal matrimonio dello Zar Alessio e Natalia Naryskin, la seconda moglie, una giovane donna colta e intelligente, figlia di un Boiardo – termine attribuito ai grandi proprietari terrieri appartenenti alla nobiltà – un uomo considerato di idee evolute rispetto ai suoi consimili.

A quei tempi l’impero russo si estendeva lungo i vasti territori conquistati un secolo prima dallo Zar “Ivan il Terribile” che confinavano con la Polonia, col Regno di Svezia, con l’Impero ottomano, arrivando a Est sino alla Siberia e alla Cina. Era una nazione molto arretrata avvolta ancora dall’antica influenza bizantina e da quella successiva degli Ottomani. Aveva pochi rapporti con l’Occidente, che consistevano in limitati scambi commerciali.

Mosca era una città nel centro della quale dominava il Cremlino, una estesa fortezza in stile arabo-bizantino, costruita nel XV secolo come dimora degli Zar. Il resto della capitale era costituito da pochi palazzi in muratura e un’ampia distesa di costruzioni in legno.

Quando Alessio morì nel 1676, gli successe il figlio di primo letto Fedor, un quindicenne molto malato che sei anni dopo seguì il padre nella tomba. In quel periodo chi comandava realmente al Cremlino era la sorella maggiore del nuovo Zar, Sofia, una donna dal carattere molto forte che voleva imporre come successore di Fedor un altro fratello di primo letto, Ivan, anche lui molto malato.

Ma il Zemskij Sobor, ossia l’assemblea in cui confluivano i rappresentanti dei Boiardi di tutte le province e i ricchi mercanti – equivalente degli oligarchi di oggi – aveva scelto il piccolo Pietro, figlio della seconda moglie di Alessio, un bambino vivace e in piena salute. Sofia minacciò di fare intervenire gli Strelzi – le guardie scelte degli Zar, paragonabili ai pretoriani dell’antica Roma o agli Giannizzeri dell’Impero ottomano – rimasti a lei fedeli. Alla fine, nel 1682 venne raggiunto un compromesso con la spartizione del potere tra Pietro e Ivan, mentre la reggenza veniva affidata a Sofia.

Dopo una serie di sanguinosi conflitti tra i sostenitori del primo e quelli del fratellastro, Sofia fu allontanata dal Cremlino e costretta a ritirarsi in un convento di suore ove rimase sino alla fine dei suoi giorni.

Il giovane Pietro divenuto l’unico Zar, seppur sotto tutela della madre Natalia, all’età di 16 anni era già in grado di gestire il potere. Affascinato dall’Occidente compì il suo primo viaggio fuori dai confini russi recandosi in Olanda. Vi andò in incognito e si fece assumere come apprendista costruttore navale. Lo considerò un mezzo per trasferire in patria le moderne tecniche cantieristiche. La Russia infatti non possedeva una flotta e il giovane Zar si era reso conto che le grandi navi da guerra e i mercantili sarebbero state necessari per lo sviluppo della nazione.

Dopo alcuni mesi la sua vera identità venne scoperta e i reali olandesi si premurarono di invitarlo a corte. Dopo quell’esperienza, i suoi viaggi in Europa – in veste ufficiale – si moltiplicarono e gli servirono per creare le basi di una nuova Russia. Aprì ambascerie, stipulò contratti commerciali, alleanze militari, accolse in patria tecnici navali, ingegneri architetti, artisti. Può sembrare irrilevante, ma in Olanda scoprì l’uso a tavola della forchetta – sconosciuta i Russia – e ne comprò a migliaia.

In 15 anni fece costruire dal nulla San Pietroburgo, una nuova capitale più vicina al mar Baltico, affidandone il compito ad architetti e artisti italiani. “Mosca è troppo lontana dal cuore dell’Europa”, diceva per giustificare il cambiamento. Le sue ambizioni progressiste trovarono molti oppositori tra i Boiardi, la chiesa ortodossa e gli Strelzi. Reagì con il suo illimitato potere di despota orientale per cancellare il vecchio mondo e le anacronistiche usanze. Fu molto crudele nella repressione arrivando a far uccidere il figlio Alessio che complottava contro di lui insieme agli oppositori delle riforme.

Pietro morì l’8 febbraio del 1725. Lenin, un suo grande ammiratore, disse di lui: «Usò metodi barbari nella lotta contro la barbarie». E la Russia, poi divenuta URSS, non ha mai abbandonato quegli usi primitivi. A partire dalle “purghe” e i genocidi commessi da Stalin, per arrivare ai nostri giorni con quanto accade in Ucraina. Il seppur “crudele” Pietro il Grande che amava la civiltà dell’Occidente, oggi si rivolterebbe nella tomba.

Sabato, 30 aprile 2022 – n° 18/2022

In copertina: La mattina dell’esecuzione degli Strelzi – Dipinto di Vasily Surikov (1881)

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