martedì, Marzo 19, 2024

Lifestyle, Società

Progressismo versus Proibizionismo

Osservazioni su vecchi concetti cercando nuove idee

di Giorgio Scroffernecher

Nel 1991 i Pitura Freska – gruppo musicale reggae in lingua veneziana, composto da nativi della città lagunare e Marghera – cantavano così:

«Ogni anno in italia mor 30.000 persone de alcol

Ogni anno in italia mor 20.000 persone de tabacco

Ogni anno mor 1.000 persone di eroina

Ricordete: di marijuana non xe mai morto nissuni!»

Questa strofa, nella sua ineccepibilità, è un potente manifesto antiproibizionista che chiude ogni stucchevole argomentazione di segno opposto.

La canzone – titolo “Marghera”(album “Na bruta banda”) – poi proseguiva sostenendo che a Marghera sarebbe stato meglio coltivare pomodori, pannocchie e, appunto, marijuana piuttosto che prodotti chimici. La cronaca ha poi narrato che uno dei prodotti del colosso petrolchimico insediato a Marghera – il cloruro di vinile monomero, componente gassoso per la produzione del PVC – nel corso degli anni, come appurato dalla magistratura, ha causato 157 morti e un centinaio di persone ammalate gravemente, senza che l’azienda facesse nulla per la tutela dei suoi operai.

Insomma, i Pitura Freska avevano ragione su tutto! Se quei numeri erano veri, come lo erano e lo sono, che senso ha occuparsi di salute pubblica proibendo il consumo di cannabis, con brutte parole per quel 25% di popolazione giovanile che ne fa uso serenamente, invece di capovolgere le priorità viste le evidenze citate?

Riflettere di proibizionismo ci porta dritti a ragionare di come ‘politicamente’ si possono vedere le cose. Ora, uscendo dalle gabbie partitiche, dividiamo in due il campo e usiamo due identificazioni forse ormai obsolete: da un lato i conservatori, dall’altro i progressisti. I primi dicono «Salviamo i nostri giovani, proibiamo le droghe che son tutte ugualmente dannose», i secondi «le droghe sono diverse tra loro con consumatori differenti. La loro gestione rivedendo i concetti di legalità, ci permette di togliere dalle mani della criminalità la salute di persone di ogni età».

Come sempre, osservare la storia del mondo sarebbe più che sufficiente per capire cosa è giusto fare, ma sempre la politica piega la storia a favore delle proprie linee ideologiche di corto respiro.

Ecco una storia: negli Stati Uniti d’America tra il 1919 e il 1933, un Movimento composto da conservatori e religiosi, oggi diremmo integralisti, ottenne divieti legali alla produzione e allo spaccio dei liquori.

Il Senatore Andrew Volsted (Repubblicano) il 17 gennaio del 1919, all’entrata in vigore della legge da lui stesso promossa proclamò solennemente «I quartieri umili presto apparterranno al passato. Le prigioni e i riformatori resteranno vuoti. Tutti gli uomini cammineranno di nuovo eretti, tutte le donne sorrideranno e tutti i bambini rideranno. Le porte dell’inferno si sono chiuse per sempre!».


Andrew Volstead – Repubblicano, proibizionista
Collection at the Library of Congress – USA

A mezzanotte e trequarti ovvero 45 minuti dopo l’entrata in vigore della legge proibizionista, a Chicago una banda armata assaltò un treno e rapinò un carico di whiskey del valore di 100.000 dollari, dando così il via ufficiale al traffico degli alcoolici. Questo episodio diede i natali ai ‘ruggenti anni venti’ e al ‘gangsterismo’ del quale fu elemento di spicco un nostro connazionale: Alphonse Gabriel ‘Al’ Capone.

Il Proibizionismo ottenne risultati opposti a quelli tanto decantati al varo della legge, incluso uno spaventoso incremento della criminalità e maggiori danni alla salute dei cittadini per la qualità degli alcolici distribuiti clandestinamente. Tanto che nel 1933 il Congresso americano pose fine al proibizionismo anche per chiara volontà dello stesso 32° Presidente eletto un anno prima: Franklin Delano Roosevelt (Democratico).

Oggi è diverso? No, secondo Roberto Saviano che osserva: «Oltre 180 milioni di persone consumano marijuana nel mondo, oltre 4 milioni solo in Italia. La vendita illegale genera un mercato di centinaia di miliardi di dollari che finanziano mafie e terrorismo. Ecco perché il proibizionismo è una strategia che non funziona».

In effetti nella stessa America di cui sopra, in molti Stati esiste ormai la libera vendita della marijuana, con splendidi vantaggi per il fisco e nessun riscontro peggiorativo sulla salute pubblica, anzi!

Se il 90% dell’eroina nel mondo è messa in circolo dai Talebani, se la cocaina, sostanze chimiche dopanti, hashish e farmaci illegali sono efficientemente gestiti e controllati anche qualitativamente dalle peggiori mafie mondiali, come si può sostenere che il proibizionismo ha un qualche valore?

Certo, lo ha per quei conservatori che si riempiono la bocca di espressioni moralistiche, vuote e miseramente definitive.

Mi domando: perché i progressisti invece non ne fanno una campagna vera, convinta, argomentata, senza soluzione di continuità, volta a obiettivi di – appunto – progresso umano?

E ancora più in profondità: perché esiste una domanda così importante nel mondo occidentale di droghe che tolgono dolore (es: eroina) o che ci fanno sentire superuomini (es: cocaina)? Non sarà che tutto questo ha a che fare proprio con i dolori e i valori del mondo occidentale, e quindi sono proprio questi che andrebbero radicalmente rivoluzionati da un nuovo illuminismo?

Nella storia politica il termine ‘Progressista’ nasce con la rivoluzione francese del 1789, definendo le politiche illuministe della borghesia francese. L’idea era che un pensiero del tutto ispirato al progresso sarebbe stato in grado di cambiare il mondo dotandolo delle meraviglie della scienza e della tecnica, dunque delle innovazioni, e della capacità di asservire la natura al disegno umano.

Forse sta proprio qui l’inghippo, la grande ingenuità o la grande cecità, come la definisce il grande scrittore indiano Amitav Ghosh.

L’errore è separare la natura dalla cultura, come il sacro dall’ordinario.

Abbiamo tutti bisogno di elaborare nuovi pensieri, sempre più lontani dalle prodezze quotidiane della politica governata dai sondaggi invece che dalle visioni. Lontani anche dai nuovi populismi e le loro grottesche campagne di false libertà.

Qui abbiamo preso ad esempio il tema del Proibizionismo rapportandolo alle due opposte visioni classiche, tuttavia, forse, quello che serve davvero è un pensiero del tutto nuovo e coraggioso.

Sabato, 4 settembre 2021 – n° 32/2021

In copertina: Rasta Woman – Foto di Alexas Fotos

Condividi su: