sabato, Luglio 27, 2024

Letteratura

Piano B

Uno spartito per rigenerare l’Italia

di Giuseppe Gallelli

In un mondo dominato da guerre, crisi economica, crisi climatica, crisi dei diritti e della democrazia, disuguaglianze e povertà è possibile avere il diritto alla felicità e vivere in un benessere diffuso, equo e sostenibile?

Una proposta-manifesto di 15 studiosi per rilanciare il ruolo politico della società civile e rigenerare il nostro Paese.

Gli autori delle 17 parole “fondative”, in cui si articola il libro, le analizzano, a partire dal significato attuale, angusto e limitante, nella cultura contemporanea e ci portano a una visione generativa e ampia di significato, in piena connessione di pensiero e azione.

Pur in una realtà socioeconomica complessa, il mondo solidale e operativo da essi descritto è già presente nelle buone pratiche in atto di molte realtà associative e del Terzo settore del nostro Paese, e si augurano possa ampiamente diffondersi e fare scuola.

Gli autori propongono, a partire da una nuova definizione di significato delle parole tematiche da loro scelte, quello che definiscono un Piano B, con l’auspicio che divenga “un punto di riferimento aggregante, che aiuti a orientare il cambiamento verso un benessere diffuso, equo e sostenibile”.

Fin dall’introduzione propongono, quindi, la necessità di un nuovo «spartito» in modo « dare la linea», cioè “un nuovo metodo che metta in connessione permanente il pensiero con l’azione virtuosa ed efficace che viene già sperimentata dalle tante persone che nei territori, nelle organizzazioni, nelle istituzioni stanno lavorando per orientare l’intera comunità nazionale (e internazionale) verso un futuro di prosperità, integrazione e pace […]. L’impegno civico e sociale, a loro parere, rimane ancora oggi il terreno più fertile per la rigenerazione di quel senso di cittadinanza senza il quale le democrazie si indeboliscono”.

Propongono l’elaborazione di “un’idea di salute e bene comune ponendola come l’orizzonte verso il quale le politiche di cura possono e devono orientarsi”, cioè “un’idea basata sul legame profondo tra individuo e società”, perché sono convinti che le persone sono “cercatrici di senso e che la soddisfazione e la ricchezza di senso del vivere dipende dalla qualità della nostra vita di relazioni, fatta di partecipazione, cittadinanza attiva e generatività – intesa come impatto positivo della nostra vita sulle vite altrui”.

Indicano la strada: “Non dobbiamo avere paura di puntare in alto, alla felicità, un’aspirazione che è indicata come fine ultimo già dai Padri della Costituzione americana, ispirati in questo dall’Illuminismo napoletano che fece nascere l’economia civile. Tenendo sempre a mente, però, che la felicità è scomoda, arriva solo se accetti la fatica di metterti in cammino. Un cammino fatto di “beni di stimolo”, che rende alla fine la tua vita interessante e ricca di senso”.

Molteplici sono i problemi da affrontare e risolvere: dalla crisi ambientale a quella climatica, a quella sociale e delle disuguaglianze, a quella demografica, economica e del mondo del lavoro. Perciò propongono uno “spartito”, ovvero un paradigma che “indichi un orizzonte di senso verso il quale vogliamo orientare – scrivono – opinione pubblica e forze politiche”.

La loro strategia consiste nel partire dai principi della Costituzione italiana e arrivare a diciasette parole fondative – generatività, sussidiarietà, complessità, sostenibilità, beni comuni, casa, comunicazione, contribuzione, educazione, Europa, generazioni, giustizia, innovazione, investimento, lavoro, welfare – concetti analizzati e descritti dagli autori del libro; e collegano, a queste parole fondative, le parole operative che declinano quei principi nella realtà del paese; non sono teorie astratte ma “piste di realizzazioni effettivamente sperimentate – scrivono – si tratta di parole come comunità educanti, comunità energetiche, giustizia riparativa, lavoro in carcere, amministrazione condivisa […]”.

L’altra caratteristica comune di queste parole operative è l’utilizzo della logica della cooperazione. Dalle parole operative “potranno poi nascere – scrivono – ulteriori opportunità d’interazione con la società, in particolare con tutti coloro che ritengono di avere qualcosa da aggiungere sulla base delle proprie esperienze, arricchendo con il proprio contributo la declinazione dei principi fondativi in azione concreta e feconda“.

Due sono le motivazioni per questa loro avventura: il valore della partecipazione, di cittadinanza attiva, di capitale civico, risorse e fondamenta delle moderne democrazie e la ricchezza di senso di vita che nasce dall’impegno civico, fortemente radicati nel nostro Paese.

La loro proposta metodologica: “Uno schema di riferimento”.

Nello “schema di riferimento” viene fuori la loro filosofia e la loro metodologia operativa: “non basta più fondare l’economia attuale su produttività ed efficienza, cioè fare più beni e servizi in meno tempo possibile e con qualità crescente”.

Questo concetto, infatti, a loro parere “mostra oggi tutti i suoi limiti in quanto a capacità di equa distribuzione delle risorse e di lotta alle povertà vecchie e nuove, e in quanto a sostenibilità ambientale, planetaria e, sul piano dell’individuo, a ricchezza di senso di vivere”.

Per compiere questo passo impegnativo, verso questo nuovo modello socioeconomico, è necessaria “un’intelligenza creativa nuova” perché “non c’è vera conoscenza, come già sapevano gli antichi, se alla dimensione dell’intelletto (che non può essere ridotto a ragione che calcola e astrae) non affianchiamo anche quella dello spirito, inteso come dimensione immateriale, morale ed etica dell’esistenza”.

La copertina del volume – Donzelli Editore (2024)

Emerge, così, il pensiero personalista della tradizione filosofica europea: la centralità della persona umana, con le sue capacità civiche di solidarietà e di operosa creatività, anche se acquisisce un significato più ampio e pregnante, collegandosi all’ecologia integrale di Papa Francesco della “Laudato Sì”.

“Non c’è accordo – scrivono – per dirimere ogni dubbio interpretativo, sul significato del termine “persona”. Il discrimine che fa la differenza è il seguente: mentre l’io individuale è una monade, che si autocostruisce indipendentemente dal contesto, la persona è costitutivamente in relazione con il contesto, il resto dell’umanità e tutte le forme di vita, e perciò aperta all’altro e all’infinito […]. La persona esiste solo in rapporto al luogo in cui vive, cioè all’ambiente naturale e urbano nel quale si colloca, all’insieme delle relazioni primarie e libere quali la famiglia, il mondo associativo, la rete amicale, il vicinato; in rapporto alle istituzioni, che fanno riferimento allo Stato nazionale […] sia sovranazionali, oltre che alla infrastruttura tecnica, culturale e scientifica; e in rapporto all’impresa, cioè a quella forma sociale, tipica della modernità, che – combinando l’intraprendenza con l’organizzazione – costruisce l’ossatura fondamentale della vita economica, lavorativa… sociale di una società avanzata, oltre che un luogo di elaborazione e trasmissione di esperienze e conoscenze. Parlare di centralità della persona vuol dire, dunque, considerare tutte queste dimensioni, che sono costitutive della persona stessa […]. Mettere al centro la persona significa prendersene cura dalla nascita alla morte, investendo nella sua educazione e sulla sua formazione – che durano tutta la vita. Significa preoccuparsi dei luoghi di vita e del lavoro e promuovere la vita associativa. Significa adoperarsi per la rigenerazione dei territori e delle forme democratiche dello Stato, oggi così minacciosamente messe in discussione”.

Questo progetto di reale cambiamento non potrà, però, a loro parere, realizzarsi se non sarà elaborata una nuova economia sociale e civile, andando oltre l’homo oeconomicus, cioè, verso la persona, cercatrice e costruttrice di senso, maestra di relazioni e di fiducia nella costruzione del capitale sociale e della cooperazione.

L’impresa non è più concepita come massimizzatrice di profitto, ma socialmente e ambientalmente responsabile e “gli indicatori di benessere, fondamentali per indicare la direzione di marcia delle società non considerano la crescita economica condizione sufficiente per la felicità e il benessere, ma usano un insieme di dimensioni ( salute, istruzione, qualità della vita relazionale…) centrali per il ben vivere e mettono al centro il tema della generatività, declinandolo con indicatori specifici […]. La politica sociale ed economica non è decisa dall’alto […]. Alle due mani tradizionali (mercato e istituzioni) si uniscono la terza – delle imprese e organizzazioni sociali responsabili – e la quarta – della cittadinanza attiva”.

Questo impegno metodologico e finalisticamente centrato sulle capacità, sulla dignità, sulla ricchezza intellettiva, spirituale e cooperativa della persona umana, interconnessa con il rispetto della biosfera e di tutta la realtà mondo, favorirà, a loro parere, la crescita e la vitalità della società civile che è la vera forza della democrazia.

Solo un sistema civile e sociale, economico, plurale, partecipato e metodologicamente organizzato, potrà riuscire ad attivare la ricerca e la soluzione ai tanti problemi, sociali, ambientali, politici ed economici del nostro tempo, individuando un linguaggio e un campo di azione comune.

Sono presenti interessanti proposte di lettura, in fondo ad ogni capitolo, e alla fine del libro la scheda biografica di ogni autore.

Sabato, 18 maggio 2024 – Anno IV – n°20/2024

In copertina: immagine di Gerd Altmann/Pixabay

Condividi su: