sabato, Luglio 27, 2024

Italia, Politica

Lo scoop del Corriere della Sera che somiglia a una gogna

Un esempio di cattiva informazione

di Ettore Vittorini

È ammissibile che un giornale commetta un errore di interpretazione di una notizia politica, giudiziaria o di altro genere: può dipendere da una informazione sbagliata e mal valutata da qualche redattore e sfuggita al controllo della direzione. Ma per quanto è accaduto ultimamente al Corriere della Sera non si può parlare di errori.

Mi riferisco all’articolo pubblicato a tutta pagina domenica 5 giugno dal titolo “Influencer e opinionisti. Ecco i putiniani d’Italia”, firmato dalle due giornaliste Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini, che è anche vicedirettore. Più che un articolo, quel pezzo appare come una lista di proscrizione, una gogna maccartista a cui sono stati sottoposti dei cittadini italiani le cui idee sulla guerra in Ucraina – espresse anche attraverso i media – contrastano con quelle più ricorrenti. Sono giornalisti, storici, intellettuali o cittadini in vista, che non nascondo le proprie posizioni pacifiste, le critiche all’ Europa, all’America, alla NATO o sono contrari all’invio di armi al Paese invaso dalla Russia.

Possono essere posizioni opinabili che non concordano con le mie, sulle quali però si può discutere, controbattere, perché espresse civilmente in un Paese libero la cui Costituzione nell’articolo 21 sancisce tra l’altro: “Tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”

Quindi anche il “Corriere” ha il diritto di beneficiare dell’articolo 21, ma non quello di mettere alla gogna – oltretutto con la pubblicazione delle loro foto – persone che non hanno commesso alcun reato e non sono sottoposte a indagini della Magistratura. Le “vittime” hanno quasi tutte presentato querela per diffamazione.

L’articolo rappresenta un caso di pessimo giornalismo come lo ha definito nel talk show “Ottoemezzo”, Antonio Padellaro, attualmente giornalista del Fatto e che per vent’anni ha lavorato al Corriere. Anche il sottoscritto – che nel giornale milanese ha lavorato per quasi 30 anni – si associa al collega, come altri. Massimo Alberizzi, leader dell’associazione giornalistica “Senza bavaglio”, cita Piero Ottone – indimenticabile direttore del Corriere negli anni Settanta – il quale affermava: “Il lavoro dei giornalisti deve essere improntato sulla verifica delle fonti e delle informazioni che si ricevono evitando di farsi strumento di interessi di parte.”

Il Corriere ha invece pubblicato la lista dei putiniani senza aggiungere una qualche premessa esplicativa. Ha fatto riferimenti generici ai “servizi segreti” e ha citato il Copasir. Ma il Copasir – un’istituzione parlamentare – non fa indagini proprie: i suoi membri, deputatati e senatori, ricevono informazioni dai “servizi”. Forse qualcuno di loro ha passato quella lista alle due giornaliste?

Il presidente del Copasir Angelo Urso, è stato tra i primi a reagire e a smentire che il dossier provenisse dalla sua commissione: “La lista l’ho letta sul giornale, non la conoscevo prima”.

Di fronte all’articolo in questione, è stato molto duro Raffaele Lorusso, presidente della Federazione nazionale stampa italiana – FNSI, il sindacato dei giornalisti – il quale ha dichiarato: “Se le liste sono state stilate sulla base di opinioni espresse, questo non sarebbe accettabile: non si può schedare chi la pensa diversamente perché significherebbe tornare ai tempi più bui della storia d’Italia”. Invece l’Ordine dei giornalisti che dovrebbe agire sul rispetto della deontologia professionale tace .

Tacciono anche i rappresentanti sindacali del Corriere, contrariamente a quanto avevano fatto molti anni addietro i loro colleghi. Nel 1982, quando scoppiò lo scandalo della P2 nel quale il giornale era coinvolto, i rappresentanti del sindacato chiesero e ottennero le immediate dimissioni del direttore, Franco Di Bella, iscritto alla loggia massonica. Ovviamente si trattava di un episodio ben più grave, ma era diverso anche l’atteggiamento dei giornalisti di allora. Oggi all’interno del giornale ci sono soltanto dei mormorii e nessuno osa criticare una vicedirettrice e l’intera direzione.

Non è la prima volta che il Corriere fa da “cassetta della posta dei servizi”. Nel lontano 1969, dopo l’attentato di piazza Fontana, il quotidiano abbracciò subito la tesi ufficiale che il colpevole della strage fosse l’anarchico Pietro Valpreda – sbattendo il “mostro in prima pagina” – e quella che Giuseppe Pinelli, trattenuto illegalmente in questura, si fosse suicidato. Allora era direttore Giovanni Spadolini che tra l’altro elogiava l’autore degli articoli su piazza Fontana, Giorgio Zicari, definendolo insieme all’ora capo cronista Franco Di Bella, “il miglior reporter italiano del dopoguerra”.

Ma nel 1972 dopo che la proprietaria del Corriere, Giulia Maria Crespi, licenziò in tronco Spadolini – la sua direzione aveva fatto perdere 200mila copie – e assunse Piero Ottone, su Zicari saltò fuori che il giornalista ricavava i suoi articoli dalle veline che riceveva dai “servizi” e da altre fonti dello Stato che coprivano i veri autori della strage di piazza Fontana. E così “il miglior reporter italiano” fu costretto alle dimissioni e fu assunto dal Resto del Carlino. In seguito, dalle indagini sulla P2, risultò anche lui, come di Bella, iscritto alla loggia massonica.

Tornando a oggi, è da segnalare che nell’articolo sui ”putiniani”, non risultano il nome e la foto di Matteo Salvini che sino a qualche mese fa si vantava di essere amico di Putin, esibendo le magliette con l’immagine del presidente-dittatore russo. In conclusione, quello che viene ancora definito il più importante quotidiano italiano, non fa una bella figura.

Sabato, 18 giugno 2022 – n° 25/2022

In copertina: Immagine grafica di  Mary Pahlke/Pixabay

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