sabato, Luglio 27, 2024

Economia, Italia, Politica

La dinamica demografica italiana

Spunti dal rapporto annuale Istat 2023

Redazione di TheBlackCoffee

Ai primi di luglio, il Presidente – facente funzioni – dell’Istat Francesco Maria Chelli ha letto alla Camera dei Deputati una sintesi del Rapporto annuale redatto dall’Istituto nazionale di statistica.

Molte sono le situazioni di fragilità in Italia, tra le cui più importanti abbiamo individuato l’invecchiamento della popolazione e la sempre più bassa natalità, per cui le crociate governative contro le coppie omogenitoriali, che anzi ambiscono ad avere figli, ci paiono davvero anacronistiche, dal momento che, al contrario, richiederebbero ancora maggiori diritti.

Anche le politiche giovanili avrebbero grande necessità di un occhio di riguardo in questo “buffo” Belpaese, ma ne tratteremo in un’altra occasione.

Di seguito il puntuale estratto sull’attuale demografia italiana.

Le dinamiche demografiche che caratterizzano il Paese stanno avendo e avranno ancor di più effetti profondi sull’equilibrio del sistema di welfare e sulla nostra capacità di crescita.
L’Istat, soprattutto negli ultimi anni, ne ha dato conto con un’attenzione crescente.

Al 1° gennaio 2023, i residenti in Italia ammontano a 58 milioni e 851 mila, 179 mila in meno rispetto all’inizio dell’anno precedente.
Nel 2022, diversi fattori hanno influenzato la dinamica demografica:
° l’uscita dallo stato di emergenza sanitaria;
° l’aumento del numero di cittadini in cerca di protezione umanitaria a seguito alla guerra in Ucraina;
° l’eccesso di caldo nei mesi estivi, che si è tradotto in un nuovo picco di decessi nella popolazione anziana.

Se si considera il rapporto naturale fra nati e morti, il 2022 si contraddistingue per un nuovo record del minimo di nascite (393 mila, per la prima volta dall’Unità d’Italia sotto le 400 mila) e per l’alto numero di decessi (713 mila).

Peraltro, stando alle prime evidenze dell’anno in corso, le nascite continuano a diminuire, registrando, nel primo quadrimestre, l’1,1 per cento in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre per i decessi si osserva una riduzione dell’8,3 per cento.
In tema di fecondità, il 2022 segna il ritorno ai livelli del 2020 (1,24 figli in media per donna), restando al di sotto del periodo pre-pandemico (1,27 nel 2019).
La persistente bassa fecondità è uno dei tratti distintivi dell’evoluzione demografica del nostro Paese.
Essa ha prodotto negli ultimi decenni una consistente erosione della platea dei potenziali genitori, a cui si deve un effetto importante del calo delle nascite che osserviamo oggi.
Nel passaggio di un ideale testimone tra una generazione di genitori (i nati del baby boom) e quella dei loro figli (i nati della metà degli anni ’90), i contingenti si sono pressoché dimezzati.

Inoltre, l’evoluzione del numero medio di figli per donna in Italia continua a essere fortemente condizionato dalla posticipazione della genitorialità verso età più avanzate.

C’è poi il tema della longevità.
Nel 2022, i livelli di sopravvivenza della popolazione restano ancora inferiori a quelli del periodo pre-pandemico, con una perdita di oltre 7 mesi rispetto al 2019, sia tra gli uomini, sia tra le donne.
Alla nascita, la stima della speranza di vita è di 80,5 anni per gli uomini e di 84,8 anni per le donne.
Dal 2021, gli uomini hanno recuperato circa 2 mesi e mezzo di vita.
Per le donne, invece, questo valore rimane pressoché invariato rispetto al 2021.

Il rallentamento del ritmo di crescita della speranza di vita delle donne costituisce un processo che si era manifestato già prima del 2020, ma la pandemia può aver rafforzato tale tendenza.
Nonostante l’elevato numero di decessi degli ultimi tre anni, oltre 2 milioni e 150 mila, di cui l’89,7 per cento di persone con più di 65 anni, l’età media della popolazione è salita da 45,7 anni all’inizio del 2020 a 46,4 anni all’inizio del 2023.

Al 1° gennaio 2023, le persone con più di 65 anni rappresentano ormai quasi un quarto della popolazione totale.

Al contrario, gli individui in età attiva, cioè coloro che hanno tra 15 e 64 anni, diminuiscono al 63,4 per cento.

Si riduce anche il numero dei più giovani: i ragazzi fino a 14 anni sono 7 milioni 334 mila, ovvero il 12,5 per cento.

Si tratta di una situazione demografica mai sperimentata fino ad ora in queste proporzioni, e che pone importanti sfide alla sostenibilità del sistema Paese.

Il fenomeno assume contorni ancora più critici se si guarda ai diversi territori.

Nelle aree interne, particolarmente carenti sul piano dell’accessibilità ai servizi, si osserva un marcato decremento demografico e un progressivo invecchiamento dei residenti, fenomeni accentuati da una consistente emigrazione, soprattutto di giovani, non controbilanciata da flussi in entrata.
Negli ultimi venti anni, la quota di popolazione che vive nelle aree interne è diminuita, passando dal 23,9 per cento al 22,7 per cento del complesso dei residenti in Italia.

Parallelamente, è aumentato il rapporto tra anziani e giovani in età da lavoro:
al 1° gennaio 2023, nelle aree interne ci sono in media 122 residenti di 65 anni o più ogni 100 giovani di 15-34 anni (erano 73,6 nel 2002), ma in molti comuni della fascia appenninica si supera quota 160.
Nelle aree centrali questo rapporto è pari a 116,7 (era 69,5).
La riduzione della popolazione giovane ha quindi un impatto più rilevante nelle aree interne, soprattutto in quelle del Centro-Sud: si tratta di un andamento che rischia di esasperare i già noti elementi di fragilità di questi territori e di alimentare la spirale della continua riduzione di popolazione.

Come abbiamo osservato anche in passato, i meccanismi demografici appena descritti sono già largamente impliciti nella struttura per età di oggi.

Le generazioni del baby boom degli anni ’60 si accingono a entrare nella così detta “terza età”.
Tale passaggio, destinato a combinarsi all’allungamento della sopravvivenza e al calo della natalità, si configura come determinante fondamentale del massiccio invecchiamento demografico a cui assisteremo nei prossimi trent’anni.
L’aumento consistente degli anziani costituirà, soprattutto in prospettiva, un cambiamento senza precedenti e di vaste proporzioni per il nostro Paese.
Sul piano qualitativo, si dovrà agire per migliorare il loro benessere, in modo che l’ampliamento dell’orizzonte temporale della vita sia accompagnato dall’aumento degli anni vissuti in buona salute, liberi da condizioni che ne limitino l’autonomia e la capacità di avere una vita di relazione soddisfacente.

Sabato, 29 luglio 2023 – n°30/2023

In copertina: foto di Tammy Cuff/Pixabay

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