sabato, Luglio 27, 2024

Arte

Dialogo con Simona Ponzù Donato

L’arte come forma di terapia per sé e gli altri

di Laura Sestini

Si dice che le cose mai accadono a caso, e alla fine dovremmo davvero crederci al “caso” che spesso ci porta dove vuole lui, senza ascoltare i nostri pensieri.

E’ stato quindi il caso che mi ha portato a incontrare di Simona Donato Ponzù, un’artista messinese molto attiva nell’impegno sociale attraverso i suoi dipinti, le illustrazioni e la street art, con tematiche che riguardano la vita quotidiana degli esseri umani, come la violenza o la salute mentale.

L’incontro è avvenuto su un famoso Social mentre inseguivo una notizia, quando mi sono imbattuta in un post di Simona dove venivano valorizzati i dipinti di un giovane migrante gambiano in Calabria, nonché la sua profondità di pensiero e sensibilità, nonostante la giovane età. Dal linguaggio usato da Simona ho capito che pure lei fosse un’artista; in pratica sono rimasta abbagliata da entrambe le poetiche e gli stili di Simona e di Ebrima, che già si conoscevano tra loro. Un bellissimo incontro virtuale, che in breve tempo è divenuto, a distanza, ma reale.

Come si scopre e si segue il proprio talento artistico? E’ un processo naturale o necessità di sforzo e ricerca interiore?

Simona Ponzù Donato: – Non credo che esista nulla nella vita che non preveda una ricerca interiore e uno sforzo continuo nel perseguire obiettivi, a maggior ragione se si parla di coltivare talenti, in questo caso artistici. E’ un esercizio costante di tecnica e un lavoro quotidiano con se stessi, ma anche con gli altri. E’ comunicazione l’arte, quindi il rapporto con l’altro è fondamentale. Inoltre bisogna superare anche un certo pregiudizio, secondo il quale chi produce arte lo fa per pura passione o visibilità, invalidando tutti i tentativi per far riconoscere il lavoro creativo come appunto un lavoro a tutti gli effetti. Non faremmo ragionamenti simili con altre professioni, quelle si da per scontato che prevedano un pagamento e tutto questo è assurdo. Per cui per quanto mi riguarda la mia arte io la vivo anche come una forma di resistenza, infatti l’ho ribattezzata ARTivismo.

Come si trova il proprio stile artistico?

S.P.D: – Io ho fatto un percorso di studi nel corso del quale ho sperimentato molto non solo attraverso ciò che mi proponevano nell’ambiente, ma anche a titolo personale. Questa sperimentazione in effetti non è mai finita, ma la creazione di uno stile personale credo sia un po’ come la costruzione di una sorta di calligrafia dell’artista. La trovi perché è la tua impronta e come tale non sono propriamente certa che sia del tutto tu a sceglierla o meglio non sempre in modo conscio. Secondo me nel percorso artistico si mischiano molto conscio e inconscio, perché l’arte è uno strumento molto potente di comunicazione con il nostro io interno, infatti in tal senso ha anche una forte connotazione terapeutica. Comunque per tornare allo stile, secondo me, sono molti i fattori che contribuiscono alla sua creazione, probabilmente riguarda i contenuti che si trattano, ciò che ci piace e che vediamo in generale, un rapporto tra noi e l’esterno e naturalmente si lega anche al tipo di esercizio quotidiano che svolgiamo graficamente.

La sua pittura spazia in argomenti differenti, dalla cura della natura, alla violenza, alla malattia fisica e mentale. Fanno tutti parte di un unico ecosistema, legati da un filrouge comune? O li indaga separatamente?

S.P.D: – Credo fermamente che non ci possiamo distaccare dalle nostre origini, sarebbe una disconnessione troppo forte da noi stessi. C’è un legame fortissimo tra natura e esseri umani e questo è innegabile. Il tema di una delle mostre che ho realizzato ultimamente era strettamente legato alla connessione di questi temi. Natura, violenza, reazioni dell’individuo a quest’ultima e quindi le patologie; la mostra si chiamava Resilienza e Appartenenza. Il legame tra questi elementi lo viviamo nel nostro quotidiano, ne parlai in quella mostra spiegando un concetto. L’uomo, gli altri esseri viventi e la natura sono strettamente connessi tra loro. Ci si aspetterebbe quindi un rapporto quasi “familiare” eppure è totalmente governato dalla violenza, in tutti gli ambiti e in tutte le relazioni che si creano. Violenza tra persone, violenza con le altre specie, violenza alla natura. Nessuno si salva al momento, purtroppo. In questa dinamica malsana di coesistenza, ovviamente, il trauma e la ferita generano nella persona molteplici segni indelebili. Raccontare di queste dinamiche e ciò che ne consegue è un pilastro fondamentale della mia espressione artistica. L’artista in quanto tale non può non raccontare ciò che vede, ciò che sente e ciò che vive.

Quale la poetica imprescindibile nelle sue opere?

S.P.D: – Come ho già anticipato nella risposta precedente ciò che nella mia arte ha questa connotazione è il raccontare la verità, la mia verità ovviamente. E’ raccontare ciò che vivo, ciò che percepisco che sia importante per me da dire. Credo molto al potere terapeutico dell’arte e quindi applico molto spesso quelle modalità a ciò che faccio, in maniera che abbia tale funzione per me e per gli altri che fruiscono.

Faccio un esempio: realizzare un’opera che ha fatto stare bene me nel farla ha la doppia funzione, se si curano anche i contenuti in tal senso, di dar giovamento a se stessi, ma anche far bene gli altri che si riconoscono nella rappresentazione, sentono che qualcuno dà loro voce. Nel caso delle illustrazioni che pubblico sulla pagina Instagram Disegnichehodentro è esattamente cosi. Ogni giorno infatti gli utenti mi scrivono ringraziandomi per ciò che pubblico, li aiuta e li fa sentire capiti. In pratica parli dando voce a te stesso e agli altri.

Lei ha molti soggetti femminili nei sui dipinti, che messaggio vogliono inviare? Sono rivolti solo alle altre donne o all’intera società?

S.P.D: – In ogni donna che dipingo trasferisco me stessa. Ogni protagonista racconta di me ma al tempo stesso si fa portavoce dell’intera società, tutti si possono immedesimare e io stessa quando creo sento di parlare per me e per gli altri. E’ tutto o quasi tutto autobiografico e sentendomi parte del resto, del tutto, non sento differenza o confini tra me e gli altri. La mia arte racconta agli altri me e loro stessi.

Ci racconta qualcosa dell’ambiente artistico giovanile messinese, contesto dove lei vive?

S.P.D: – Sin da quando sono rientrata in Sicilia dalla Calabria ho rincontrato vecchi compagni di scuola dell’istituto d’arte che nel frattempo sono cresciuti artisticamente e professionalmente e hanno fatto rete con altri che operano in ambito artistico in città. Mi ha sorpreso questo fermento culturale perché ricordavo la mia città tristemente più spenta e questa è stata una gioia. Ricordo da sempre una parte resistente da questo punto di vista, ma adesso è più forte e ha più voce. Spesso vengono create attività culturali aperte al pubblico e gratuite, che sono l’occasione per incontrare altri creativi o semplicemente appassionati del genere. Mostre, incontri, presentazioni, workshop, performance live e dibattiti sono le principali attività culturali nel territorio che questa rete di artisti promuove con cadenza regolare, sia in gruppo che individualmente.

Un suo progetto passato per lei molto significativo?

S.P.D: – Difficile, alla fine provo a rendere significativo tutto ciò che faccio, sperando sempre di riuscirci. Di certo tengo molto alla pagina di illustrazioni Disegnichehodentro su Instagram, poiché so per certo che attraverso ciò che disegno e ciò che scrivo sono riuscita a dare supporto e ad appassionare molti utenti, coi quali dialogo e continuo a dialogare quotidianamente. Le illustrazioni digitali sono una bella forma d’arte e comunicativa che insieme alle competenze analogiche acquisite coi miei studi mi consentono di guardare oltre e fare progetti, come la graphic novel che ho iniziato a illustrare, che tratta le tematiche della dipendenza affettiva e della guarigione emotiva. Per me l’arte ha un forte valore terapeutico, su di me e sugli altri.

Il futuro artistico invece ha già qualcosa in serbo?

S.P.D: – Come è sempre stato continua ad essere per me un futuro con tante strade davanti, che come sempre percorro contemporaneamente e non vedo altri modi di proseguire, ora spiego il perché. Sono nata pittrice ma nel tempo ho fatto di tutto, penso che non sia possibile rimanere solo in un tipo di processo creativo, ragion per cui è inevitabile muoversi con diverse metodologie e di conseguenza con progetti diversi, spesso da portare avanti contemporaneamente poco per volta. Un progetto che mi interessa molto riguarda l’attività laboratoriale. Sto finendo di scrivere tre tipologie di laboratori svolgibili in gruppo e individualmente, online e in presenza e con le età più svariate. Questi laboratori, la graphic novel, le illustrazioni quotidiane, la vendita di ciò che creo, il lavoro su commissione, questa è solo una parte di ciò che ho in corso, vedremo in corso d’opera cosa ci attende il futuro, ho imparato che spesso la vita ci stravolge i piani, ma anche che a volte lo fa per pianificare per noi qualcosa di più bello e più adatto..

Simona sta realizzando un sito/blog per le sue opere, che possono essere visionate a questo link:

https://disegnichehodentro.wordpress.com/2023/05/12/shop/?fbclid=PAAaYFu9RTPCnm33bZx6zQyEU46aPEs1RolRM0bpPBZMn72HQbNOU65z1ssKk

ed anche su Instagram https://www.instagram.com/disegnichehodentro/

Sabato, 27 maggio 2023 – n°21/2023

In copertina: Simona Ponzù Donato durante un dipinto urbano. Tutte le immagini sono fornire dall’artista (tutti i diritti riservati)

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