martedì, Marzo 19, 2024

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Da Presidente della Francia al… braccialetto elettronico

Nicolas Sárközy condannato a tre anni per corruzione

di Laura Sestini

Dalle stelle alle stalle – suggerisce il proverbio, quando una situazione o una persona da una condizione positiva, finisce in malo modo. Ma ancora più appropriata è la stessa affermazione per l’ex Presidente francese Nicolas Sárközy: “La politica è un rischio, una professione di notevole caratura che esprime ‘la più alta forma di carità’. Ma anche uno sporco affare che a qualcuno deve pur toccare di compiere”.

A seguito della condanna di Sárközy, noi poniamo subito una domanda: se perfino un Presidente della Repubblica (non certo il primo!), l’avvocato difensore di Sárközy – Thierry Herzog – e un alto magistrato della Corte di Cassazione francese – Gilbert Azibert – hanno macchinato una forzatura delle istituzioni e delle prestigiose cariche che investivano a proprio beneficio, allora come può salvarsi il cittadino medio da tutto ciò e poter ancora credere in una politica ‘pulita’?

La vicenda penale dell’ex Presidente francese (mandato 2007-2012) ha radici lontane, datando proprio nell’anno della sua candidatura presidenziale un’inchiesta su presunti finanziamenti illeciti libici a sostegno della sua campagna politica – e per il caso Bettencourt, dalla cui imputazione fu poi completamente scagionato nel 2013; ma, all’interno dello stesso iter giudiziario, sono state portate a conclusione le indagini – con la condanna a tre anni, di cui uno da scontare vedremo in seguito come (parimenti al magistrato Azibert e all’avvocato Herzog) – in merito alle intercettazioni telefoniche che riguardavano i gradi di processo ai quali era andato incontro Nicolas Sárközy per il succitato caso Bettencourt.

Il caso Bettencourt concerneva una transazione economica – nella quale in seguito fu coinvolto anche il Ministro francese del Lavoro Woerth, dimessosi nel 2010 – erogata da Liliane Bettencourt, l’anziana miliardaria ereditiera de L’Oréal, la cui segretaria diceva di aver consegnato 150 mila Euro in mano al ministro, all’inizio del 2007, serviti poi per sostenere la campagna elettorale di Sárközy; e altri 50 mila all’amministratore della stessa Bettencourt, finito sotto indagine, sempre destinati alla campagna politica del futuro presidente francese. In Francia i finanziamenti ai politici sono ammessi, ma molto limitati e secondo una normativa stringente.

In pratica, l’indagato Sárközy – che nel frattempo era stato eletto Presidente della Repubblica francese a maggio 2007 –  nel corso dell’inchiesta Bettencourt si sarebbe avvalso della sua valenza politica, attraverso l’avvocato difensore Thierry Herzog, per violare il segreto istruttorio con la complicità del magistrato Gilbert Azibert,  membro della Corte di Cassazione – così da ottenere ‘informazioni’ circa la causa legale a suo carico e promettendo a entrambi i soci del ‘patto di corruzione’ – come l’ha definito la presidente del Tribunale di Parigi dove si è svolto il processo – prestigiosi avanzamenti di carriera.

Per comunicare sulla posta in gioco con il suo legale, Sárközy si avvale di una linea telefonica segreta sotto il falso nome di Paul Bismuth: da questa le intercettazioni, che hanno portato alla condanna in primo grado, sulle quali si è basato l’impianto di imputazione. L’accusa aveva chiesto per i tre imputati – Sárközy, Herzog e Azibert – quattro anni, di cui due con la condizionale. Infine la pena comminata, la stessa per tutti, risulta di tre anni, di cui due di condizionale – sulla quale si potrà chiedere l’appello e anche gli arresti domiciliari.

La questione delle tangenti per la campagna politica alle presidenziali del 2007 di Nicolas Sárközy non finisce con questo episodio, poiché ci sono altre indagini avviate nel 2012, per presunti 50 milioni di Euro arrivati dalla Libia del fu Muhammar Gheddafi. In totale l’ex Presidente francese Sárközy ha tre processi attivi a suo carico.

Alcune rivelazioni che accusano Sárközy, sui finanziamenti illeciti libici, giunsero in Europa già nel 2011 direttamente da uomini vicini a Gheddafi, a seguito della campagna bellica aerea Nato – su risoluzione ONU n° 1973, di cui la Francia di Sárközy, insieme alla Gran Bretagna, fu promotrice e guida – a sostegno delle rivolte popolari libiche del 2011, per rovesciare la presidenza di Gheddafi. La mossa del Presidente francese arrivò inaspettata ai libici – un atto che tradiva il patto e il ‘sovvenzionamento’ stipulati – e, quindi, iniziarono a trapelare alcune informazioni, intensificatesi dal 2012, dopo la morte di Gheddafi, sopraggiunta in seguito alla localizzazione aerea Nato del fuggitivo, nella regione di Sirte. Lo stesso figlio di Gheddafi – Saif Al-Islam Gheddafi – è uno degli accusatori di Sárközy: la sua ultima missiva alla giustizia francese risale al 2018.

Ulteriori milioni – 5 in totale – sempre per via libica, sembra appartenessero a un uomo d’affari libanese – un certo Ziad Takieddine – mentre per la copertura di altri milioni funse la vendita di una villa di proprietà di Sárközy, sulla Costa Azzurra.

È ormai appurato che le transazioni economiche – illecite – pro campagne elettorali o anche individuali a politici conniventi, siano un meccanismo piuttosto comune; possiamo citare il famoso caso Watergate a carico del presidente statunitense Richard Nixon, ma anche la recente questione dei 49 milioni di Euro di fondi occulti nelle casse della Lega italica, su cui la Procura sta ancora indagando.

Le tangenti sono molto à la page in Libia – che sappiamo essere il Pozzo di San Patrizio su cui le innumerevoli fazioni combattono per prenderne il potere – tant’è che sono già sorti problemi sulle recenti elezioni avvenute a Ginevra, su accompagnamento delle Nazioni Unite (https://www.theblackcoffee.eu/cronache-libiche-durera-la-tregua/), per presunti ‘pagamenti’ ad alcuni rappresentanti libici per l’elezione di Abdul Hamid Mohammed Dbeibah a Primo Ministro, politico designato all’incarico di formare il nuovo governo di transizione – Government of National Unity (GNU) – verso le elezioni politiche, già fissate per il 24 dicembre prossimo.

Certo non è nelle nostre possibilità verificare le fonti delle ‘soffiate’ libiche, tantomeno abbiamo la facoltà e la presunzione di valutare Sárközy quale corrotto e/o corruttore, anche perché i ruoli in questo ambito hanno confini evanescenti. Su ciò faranno ampia luce gli inquirenti. Però, i movimenti sopra menzionati hanno un fil rouge che tiene bene a livello logico.

Al contrario, sull’affermazione di Sárközy apposta all’inizio dell’articolo, sul fatto che la politica esprima “la più alta forma di carità” siamo molto dubbiosi e dà adito a numerose interpretazioni. Molto, molto meno incerti sulla seconda parte “[…] uno sporco affare che a qualcuno deve pur toccare di compiere”, frase della quale cambieremmo volentieri il verbo ‘toccare’ con ‘decidere’.

Senza dimenticare che anche l’attuale Francia di Macron è ancora impegnata nella questione libica, a fianco (non ufficialmente perché membro Nato) del generale Khalifa Haftar.

Sabato, 6 marzo 2021 – n° 6/2021

In copertina: Murales firmato NJ/2012 a Firenze. Foto ©Laura Sestini (tutti i diritti riservati).

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