martedì, Marzo 19, 2024

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Colombia: le proteste non si fermano in vista delle elezioni del 2022

Dialogo con un cittadino italiano residente in Colombia (prima parte)

di Laura Sestini

Da fine aprile le maggiori città della Colombia sono sconquassate da contestazioni popolari antigovernative. Lo spunto per la rivolta era giunto a causa della nuova riforma fiscale approvata dal Governo, che liberalizzava maggiormente la Sanità a favore di quella privata, proprio in un momento di grave disagio a causa del Covid-19 e con il 42,5% della popolazione che vive sotto la soglia di povertà (https://www.theblackcoffee.eu/colombia-la-polizia-spara-sulle-manifestazioni/).

Dopo lunghe settimane di vera guerriglia urbana – dove si è tentato l’assalto anche al palazzo del Congresso – le contestazioni si sono ritirate principalmente nei quartieri più popolari delle città, mentre la riforma tributaria neoliberista era stata ritirata dal presidente Duque. La città di Cali – nel nord-ovest del Paese – rimane l’epicentro delle rivolte, ed anche la città con il maggior numero di morti, desaparecidos e stupri.

Avere notizie certe – o veritiere – sulla Colombia non è proprio accessibile, quindi abbiamo deciso di interpellare un nostro connazionale che vive e lavora in ambito turistico in Colombia da circa 30 anni. G.M. (il nostro interlocutore preferisce rimanere anonimo), ci ha dato un quadro generale della Colombia – vista e vissuta anche in prima persona – e di quali sono i meccanismi politici e sociali che costantemente portano a contestazioni popolari contro i governi che si sono succeduti.

Ci può dare un quadro politico e sociale della Colombia prima dell’inizio di questa nuova contestazione di massa?

G.M.: – “Per parlare di cosa sta succedendo adesso in Colombia, bisogna prima ampliare la visuale sul passato, quindi sottolineare che la colonizzazione della Colombia – nel tempo – si è trasformata, ma mai conclusasi effettivamente. Sono cambiati e continuano a cambiare i protagonisti, ma la classe dominante, formata generalmente da uomini bianchi, con poche eccezioni di altre etnie – come ex schiavi neri arrivati al potere in alcune aree del Paese, sono una sorta di nuovi colonialisti. Questi considerano la Colombia come il proprio ranch (o podere). All’inizio del 1900, quando vi fu il grande esodo migratorio verso i Paesi latino-americani – in Colombia, Argentina e Venezuela, gli arrivi nel Paese erano contingentati, quindi venivano selezionate le persone e le richieste, scegliendo in prevalenza coloro che avevano passaporto turco, che arrivavano dalla caduta dell’Impero Ottomano; infatti la prima grande comunità straniera insediatasi qui erano quelli chiamati ‘i turchi’. In realtà era anche più genericamente mediorientali, ma con passaporto turco. Quindi la Colombia è stata sempre dominata da queste poche famiglie – gruppo precursore della globalizzazione – che nel tempo ha allargato sempre più la forbice tra pochi ricchi e il resto della popolazione. Questo è stato sempre il sistema per governare la Colombia.

Negli anni più recenti la popolazione – per contrastare il sistema sociale ricco-ricco/povero-povero’’ ha attivato delle rivolte popolari con leader di sinistra – di ispirazione marxista o talvolta maoista – per contrastare il dominatore, la classe dirigente bianca. La reazione dello strapotere bianco ha fatto sì – per difendersi dai comunisti ‘mangiabambini’– di creare dei gruppi paramilitari, per continuare l’egemonia bianca attraverso il controllo territoriale.

La scusa per armarsi rimane sempre quella dell’arrivo dei ‘comunisti’, che al contrario è la grande bugia per rimanere al potere tramite la forza. Ci sono stati dei momenti che il controllo egemonico del territorio ha raggiunto davvero punti molto alti.

Poi bisogna parlare obbligatoriamente della cocaina, attività che diventa – ed è tutt’ora – un business fondamentale, una seconda economia parallela che ha poi dei legami fortissimi con l’economia reale, e nel caso della Colombia è un caso abnorme. All’inizio, il commercio della cocaina – prima della politica ‘proibizionista’ occidentale – era una attività quasi legale, i primi commercianti che spedivano le partite di droga erano persone ‘benviste’, e le stesse banche mondiali speculavano su questi grandi flussi di denaro. Poi la repressione contro i coltivatori e chi la smistava all’estero è divenuta una battaglia contro il diavolo.

Il fondatore del primo gruppo paramilitare è Alvaro Uribe Velez – avvocato originario di Medellin, in seguito due volte Presidente della Repubblica – che inizia la sua ascesa ai vertici del potere come direttore di un aeroporto. Egli sarà anche colui che rilascerà le licenze per muoversi con i piccoli aerei – momento dal quale l’esportazione della cocaina arriverà a livelli incredibili. Uribe inizia ad assoldare le persone dai quartieri popolari di Medellin e organizza i Convivir – i gruppi di sicurezza paramilitare.

I gruppi paramilitari sono misti? Di bianchi e meticci?

G.M.: – ”I ruoli di vertice sono sempre coperti da uomini bianchi, ma essendo la popolazione colombiana anche molto meticcia, dentro c’è un po’ di tutto. Questi gruppi Convivir, poi si incrociano con il sicariato di Pablo Escobar, e divengono ‘assassini’ al soldo di quest’ultimo, e si mescolano al concetto di paramilitarismo del potere vigente. Nel frattempo Alvaro Uribe continua la sua carriera politica – divenendo Presidente colombiano nel 2002 – fino al 2010 – con grande potere, essendo la Colombia una repubblica presidenziale. In seguito entrerà in guerra aperta con i guerriglieri FARC – Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia – Ejército del Pueblo – movimento nato nel 1964 che gli uccidono per rappresaglia anche dei parenti molto stretti. A colpi di cocaina e di armi – secondo mercato illegale del Paese – si porta avanti una decennale guerra tra i gruppi rivoluzionari comunisti e leninisti e la destra del potere politico effettivo. Uribe, nonostante possa essere rieletto per Costituzione dopo due mandati, è tuttora dietro le quinte del potere, e l’attuale Presidente Ivan Duque è un suo ‘delfino’.

Attualmente Uribe è un Senatore, indagato e con diversi processi aperti, dove anche moltissimi paramilitari hanno fatto il suo nome per differenti situazioni, e che per certi versi ricordano le vicende giudiziarie del nostrano Cavalier Silvio – naturalmente per ambiti molto diversi – che non è stato mai veramente condannato, dove i processi non finiscono mai, per testimoni che appaiono e scompaiono (in Colombia alcuni anche fisicamente senza ritrovare neanche i corpi) e lungaggini burocratiche.”

Quindi come si arriva alla presidenza di Ivan Duque?

G.M.:- “Uribe ha un potere ancora molto forte in Colombia. Prima dell’arrivo di Ivan Duque, Uribe – dopo il suo secondo mandato – spinge al potere Juan Manuel Santos, altro personaggio di famiglia esclusiva, sperando di poterlo ‘dirigere’ a suo comodo. Viceversa questo giornalista, economista ex-Ministro della Difesa non ‘ubbidisce’ troppo a Uribe e riapre, nel 2012, gli Accordi di pace e demilitarizzazione delle FARC – già iniziati in anni precedenti – escludendo il partito politico dello stesso Uribe – Partito Sociale di Unità – finendo per averlo contro, quasi un partito di opposizione, nonostante sia la destra storica che le ha sempre combattute.

Le FARC hanno operato per quasi 50 anni, ed hanno fatto di tutto, da prove di riforma agraria a gravi stragi. In alcuni contesti politici le FARC sono state sempre un po’ idealizzate in senso positivo come guerriglie di sinistra, ma in effetti non non è stato sempre così. Le FARC hanno tenuto il controllo del territorio per moltissimi anni, con migliaia di combattenti, e si sono guadagnate in negativo il risentimento della popolazione, poiché non c’è famiglia che direttamente o indirettamente non abbia vissuto o subìto la loro guerriglia. Questo risentimento popolare, è stato, però, anche sempre manipolato e gestito dalla politica al potere – contro le stesse FARC, i cattivi – che ne poteva assumere la legittimità di contrasto – perché governo eletto – nonostante i risultati elettorali siano sempre corrotti. Le FARC non hanno mai partecipato alle elezioni politiche con un partito vero e proprio.

Strategicamente, Alvaro Uribe e il suo partito non soddisfatti per la riapertura degli Accordi di pace con i guerriglieri, chiedono che ci sia il consenso del popolo e propongono un referendum – uno degli eventi peggiori nella storia politica colombiana – dove il ‘no’ vince in stretta misura. Il popolo spaccato in due, in uno dei giorni più tristi della Colombia. Nonostante ciò gli Accordi, in minima parte vanno avanti, si istituiscono di Tribunali appositi, ma il governo continua a remare contro. Tutti gli sforzi per la pace con le FARC, vengono distrutti dal referendum – forse pilotato e corrotto.

Alla fine del mandato presidenziale di Santos – che si aggiudica anche il Nobel per la Pace nel 2016, proprio per il suo lavoro sugli Accordi di pace con le FARC – viene eletto Ivan Duque – e inizia una nuova stagione di incapacità e violenze.

La seconda parte del dialogo sulla Colombia verrà pubblicato con il numero 25/2021 del 17 luglio.

Sabato: 10 luglio 2021 – n°24/2021

In copertina: murales a Bogotà – Foto di Javier Rodríguez 

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