venerdì, Aprile 26, 2024

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Brasile al voto

Le intimidazioni di Bolsonaro istigano la violenza

di Laura Sestini

La campagna elettorale brasiliana, il Paese più grande dell’America del Sud, il cui voto si tiene domenica 2 ottobre, è terminata con un violento scontro televisivo tra i due candidati alla presidenza, Jair Messias Bolsonaro attualmente in carica e Luiz Inacio Lula da Silva, leader del Partito dei Lavoratori – PT – ed ex-presidente dal 2003 al 2011, dato dai sondaggi al 50% dei voti.

Nel 2016 Lula fu coinvolto in uno scandalo per aver ricevuto tangenti da una compagnia petrolifera, e nel 2018 incarcerato con una sentenza di appello a 12 anni di detenzione. Già candidato alle nuove elezioni presidenziali del 2018 e dato ampiamente per vincente, Lula si consegnò spontaneamente alla polizia e per quasi 18 mesi rimane in prigione. Perde i diritti politici, ed ancora nel 2018 giungono nuove incriminazioni. Nel frattempo il Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite dichiara che Lula avrebbe dovuto poter candidarsi alle elezioni, e si grida al complotto politico. La scarcerazione non si attua e le elezioni presidenziali vergono vinte da Jair Bolsonaro – al ballottaggio contro Fernando Haddad del Partito dei Lavoratori – con il 46% dei voti. Sergio Moro, il giudice che condannò Lula, viene nominato ministro della Giustizia.

A fine 2019 il giudice della Corte Suprema invalida le sentenze contro il leader della sinistra brasiliana perché ad emetterle era stato il tribunale federale di Curitiba, che a suo avviso non aveva la giurisdizione sul caso. Il 7 marzo 2021 viene prosciolto da ogni accusa dal Tribunale Supremo Federale del Brasile, tornando quindi eleggibile e riacquisendo i suoi diritti politici. Riaperto il caso a Brasilia, infine il marzo 2021 viene prosciolto da ogni accusa dal Tribunale Supremo Federale tornando quindi eleggibile e riacquisendo i suoi diritti politici.

Ma chi è Lula? Nel pieno della dittatura militare brasiliana, negli anni ’80 era nel gruppo di intellettuali, professori universitari e dirigenti sindacali – tra cui Chico Mendes – che fondarono il Partido dos Trabalhadores – il Partito dei Lavoratori – movimento di sinistra con idee progressiste.

Nel 1984 il PT e Lula partecipano alla campagna politica Diretas Já, che chiede un voto popolare diretto per le successive elezioni presidenziali. Secondo la Costituzione brasiliana del 1967, i presidenti vengono eletti dai due rami del Congresso in seduta comune congiuntamente a dei rappresentanti di tutte le legislazioni statali. Ciò però non equivaleva alla realtà in quanto dal colpo di Stato militare del 1964 solo ufficiali militari di alto livello – principalmente generali in pensione – vengono eletti dopo una consultazione militare interna. Come risultato della campagna politica e dopo anni di lotte civili, le elezioni del 1989 furono le prime a eleggere direttamente un presidente dopo 29 anni di dittatura.

Negli anni di mandato presidenziale di Lula, grazie alle politiche ambientali, la deforestazione amazzonica è diminuita da 27.700 km² all’anno a 4 mila km² all’anno ed è stata istituita una importante campagna sociale denominata Bolsa Família per sostenere le fasce più povere della popolazione e indurre i bambini a frequentare la scuola.

 Foto: http://agenciabrasil.ebc.com.br/galeria/2010-12-30 – CC BY 3.0 br

L’attuale presidente Jair Bolsonaro, al contrario è un politico del gruppo di estrema destra Partido Social Liberal – PSL – al momento della sua carica presidenziale nel 2019 – di orientamento nazionalista e conservatore, ed attualmente appartenente al Partido Liberal – PL – fusosi con Partito della Ricostruzione dell’Ordine Nazionale, di orientamento nazional-conservatore.

Durante la pandemia Bolsonaro è stato ampiamente contestato dai brasiliani, sia per le politiche sanitarie attuate, che per il declino generale del Paese a causa delle politiche ultraconservatrici; della violazione dei diritti umani; della violenza sulle donne; degli omicidi nelle minoranze etniche indigene, assegnando alle multinazionali le loro terre; dell’indifferenza verso i poveri; e delle politiche economiche che hanno smantellato le agenzie a beneficio sociale, nonché quelle ambientali che hanno riportato ad una nuova immensa deforestazione della foresta amazzonica, bruciata come non mai per la coltivazione della soja transgenica; sponsorizzare l’uso della forza e delle armi mettendo in discussione la tenuta della democrazia. Bolsonaro viene anche contestato per non aver attuato le riforme promesse ai cittadini e di aver aumentato la dipendenza dalla Cina.

Il barbaro assassinio di Marielle Franco – a marzo 2018 – un’esponente del partito Socialismo e Libertà brasiliano, politica, sociologa, attivista per diritti umani e consigliera comunale a Rio de Janeiro, è stato attribuito dal Governo alle bande criminali responsabili di molti delitti in tutto il Paese ed alcuni sospetti sono ricaduti su appartenenti alla stessa polizia. Altre indagini, invece, seguono una pista che si avvicina moltissimo a Flávio, uno dei figli di Bolsonaro. La notte del delitto Marielle Franco aveva partecipato a un dibattito promosso dal suo partito presso la Casa das Pretas – Casa delle donne nere – per affrontare il problema della violenza contro le donne afroamericane nelle favelas di Rio de Janeiro.

Il quotidiano brasiliano “Brasil de Fato” ne ricostruisce anche i livelli gerarchici, entro l’esecuzione con quattro colpi di pistola alla testa di Marielle Franco.

Infográfico mostra relação de Bolsonaro com pessoas envolvidas no caso Marielle Franco / Arte/Brasil de Fato

Durante la presidenza Bolsonaro nel paese della Samba e della Capoeira – 212 milioni abitanti – complice anche la pandemia, il numero dei brasiliani ridotti alla fame colpisce circa un quarto della popolazione – 60 milioni di persone.

La campagna elettorale di Bolsonaro è stata caratterizzata – almeno negli ultimi tempi – dalle minacce e le intimidazioni ai partiti di opposizione, asserendo che non riconoscerà nessun vincitore, ad eccezione della sua vittoria assoluta al primo turno. Questo atteggiamento invita alla violenza, accolta dai suoi fedelissimi fans.

Sembrano passati molti anni dall’elezione di Bolsonaro e quell’atmosfera gioiosa che, seppur con problemi mai risolti, il Brasile era simbolo di gioia e voglia di vivere con il suo famoso Carnevale. Un Paese rispettato globalmente a tutti i livelli politici ed economici. Al contrario, gli ultimi quattro anni sono stati pesantissimi, con un’escalation inaudita di violenza. Un Paese machista, classista e violento.

La personalità di Bolsonaro si potrebbe sintetizzare con queste sue parole: «Ho cinque figli. Quattro ragazzi, al quinto sono stato debole e ho avuto una femmina.»

Tra i supporter più famosi di Bolsonaro, Neymar da Silva Santos Júnior, calciatore della nazionale brasiliana, attualmente al Paris Saint-Germain, e Felipe Melo, brasiliano ex-Juventus, che pubblicamente appoggiano la candidatura presidenziale di destra ; video girano su Tik-Tok ed altri social a sostegno della campagna elettorale a favore di Bolsonaro.

Domenica 2 ottobre, 156 milioni di cittadini brasiliani sono chiamati alle urne per eleggere il nuovo capo dello Stato e per scegliere i deputati e senatori del parlamento federale e delle camere locali. Un appuntamento molto importante a livello globale, essendo il Brasile la ottava potenza economica al mondo. Se Lula dovesse battere l’attuale presidente, dopo decenni di dittature sparse per il continente latino-americano, l’America del Sud sarebbe quasi interamente governata da partiti progressisti di centro e sinistra. La vittoria dell’uno o dell’altro candidato, fungerà comunque da delicato spartiacque per il futuro del Paese.

Per approfondire:

https://www.theblackcoffee.eu/brasile-di-nuovo-nella-mappa-della-fame-delle-nazioni-unite/

https://www.theblackcoffee.eu/brasile-e-pandemia/

Sabato, 1 ottobre 2022 – n° 40/2022

In copertina: al centro Jair Messias Bolsonaro durante la Finale di Coppa America 2019. A dx Neymar da Silva Santos Júnior e ultimo a dx Flávio Bolsonaro – Foto: Palácio do Planalto – CC BY 2.0

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