venerdì, Ottobre 04, 2024

Ambiente, Salute, Società

Anche i pesci piangono

Sofferenze e crudeltà negli allevamenti ittici intensivi

di Laura Sestini

Al pari degli allevamenti intensivi di animali da fattoria – bovini, ovini, suini e pollame – gli allevamenti intensivi ittici procurano danni e notevoli sofferenze ai pesci che non hanno la fortuna di nuotare nelle immensità marine, nonostante tutte le minacce climatiche e l’inquinamento da cui queste vengono colpite.

Da un simpatico video online possiamo ammirare come ogni giorno una ragazza reca al mare per andare a trovare un suo amico, un polipo. Il polipo non si allontana, anzi, nuota verso di lui. I due si abbracciano avvolgendo braccia e tentacoli. La ragazza capisce che i polipi sono molto più simili a noi di quanto non ci aspettiamo. Sono animali che cercano legami, hanno ricordi e provano anche dei sentimenti.

Ma non è così soltanto per i polipi, perché è stato studiato ed evidenziato che tutti i pesci provano emozioni come stress, paura e dolore.

Attualmente la Commissione europea è aperta ad ambiziose modifiche delle leggi comunitarie per il benessere degli animali in allevamenti a terra. Si tratta di un’enorme opportunità di migliorare le condizioni di vita dei generi animali destinati all’alimentazione umana, ed anche al nostro rapporto con loro. In fondo questi sostengono la nostra vita senza esserne consapevoli, ed altrettanto agisce la flora. Includere quindi nelle prossime direttive europee anche il benessere dei pesci da allevamento diventa una condizione imprescindibile.

Ciononostante, l’allevamento ittico intensivo è un business spietato. Le aziende ittiche industriali allevano ogni anno oltre un miliardo di pesci nell’Unione europea. I pesci vengono messi in gabbie sott’acqua spesso infestate da parassiti e da carcasse di altri pesci morti.

Anche di fronte alle testimonianze sempre più frequenti delle sofferenze documentate in questi allevamenti ittici industriali, nessuna autorità finora è intervenuta per terminare queste atrocità e migliorare il benessere dei pesci ed anche la qualità alimentare che deriva. 

Infatti, il benessere degli animali dipende da tre componenti principali: benessere fisico,
benessere mentale e vita naturale. Negli allevamenti ittici intensivi, tutti e tre questi fattori sono compromessi dal sovraffollamento in condizioni precarie, dalla fame e da metodi di macellazione disumani, come il soffocamento.

Inchiesta sugli allevamenti ittici europei

I pesci allevati con metodi industriali, stipati nelle gabbie, sono più esposti a malattie e lesioni. Solitamente vengono fatti morire di fame durante almeno due settimane, prima di venire trasportati e uccisi con metodi che provocano immense sofferenze, come il taglio delle branchie quando sono ancora coscienti o lasciandoli soffocare.

Negli allevamenti ittici, un gran numero di pesci è confinato in una piccola area che può causare seri problemi di salute. Il salmone, per esempio, sebbene lungo circa 75 centimetri, può avere lo spazio equivalente a una semplice vasca d’acqua dove riesce appena girare su se stesso.

I pesci che subiscono il sovraffollamento delle vasche sono più suscettibili alle malattie e subiscono più stress, aggressività e lesioni fisiche come i danni alle pinne. Insieme alla mancanza di spazio, il sovraffollamento può anche portare a una scarsa qualità dell’acqua, quindi i pesci hanno meno ossigeno per respirare.

I pesci d’allevamento posso essere macellati con metodi differenti. Alcune modalità causano sofferenze immense, quali gasarli con anidride carbonica o tagliargli le branchie senza stordirli. Alcuni pesci vengono semplicemente lasciati soffocare all’aria o sul ghiaccio, oppure possono essere lavorati mentre sono ancora vivi. Altri metodi, seppur violenti, risultano più “umani”, come lo stordimento elettrico o un colpo alla testa.

Il pesce può essere allevato in modo più umano rispetto all’allevamento intensivo convenzionale.

Contrariamente agli standard biologici per altri animali, i pesci possono ancora essere confinati in gabbie. Tuttavia, i pesci di allevamento biologico beneficiano di più spazio e vengono macellati con metodi più umani. Inoltre, gli standard di allevamento biologico limitano i periodi di inedia e consentono ai pesci selvatici di essere utilizzati come mangime per i pesci d’allevamento, solo se catturati in modo sostenibile.

I pesci catturati in natura non subiscono i problemi di sovraffollamento dell’essere allevati in gabbia, ma sono ancora in gran parte macellati con metodi disumani. Anche la sostenibilità degli stock ittici selvatici è seriamente minacciata.

La FAO monitora oltre 500 stock ittici in tutto il mondo, con abbondanze e dimensioni delle catture ampiamente variabili. Quasi il 35% di questi stock è ora considerato sovrasfruttato, rispetto al solo 10% degli stock nel 1974. Molti di questi sono stock più piccoli o quelli di paesi a reddito medio-basso che possono avere strutture di gestione più deboli e capacità ridotte. Le principali zone di pesca della FAO con una percentuale maggiore di stock overexploit comprendono il Pacifico sudorientale, il Mediterraneo e il Mar Nero.

Allo stesso modo, molte regioni tropicali e subtropicali sono dominate da una pesca mista altamente diversificata che sostiene comunità che sono tra le più dipendenti dall’alimentazione ittica. In queste e in altre aree, è necessario dare la priorità all’azione per porre fine alla pesca eccessiva e sostenere la pesca affinché si attuino programmi di pesca sostenibili come quelli di MSC – Marine Stewardship Council. In tutto il mondo, è sempre più obbligatorio stabilire regimi di gestione basati sulla scienza, porre fine ai sussidi dannosi, ridurre gli impatti ecologici devastanti, mettere in atto regole efficaci di controllo delle quantità e reprimere la pesca illegale, non regolamentata e non dichiarata (INN).

Peter Singer, giornalista britannico, ricorda di quando era piccolo e con suo padre andava a passeggio lungo il fiume o il mare. «Quand’ero bambino mio padre mi portava a passeggio, spesso lungo un fiume o in riva al mare. Superavamo le persone che pescavano, magari impegnate nelle loro lenze con pesci in difficoltà agganciati all’amo. Una volta ho visto un uomo prendere un pesciolino da un secchio e infilzarlo, mentre ancora si dimenava, su un amo vuoto da usare come esca. Un’altra volta, quando il nostro percorso ci ha portato lungo un ruscello tranquillo, ho visto un uomo seduto e guardare la sua lenza, apparentemente in pace con il mondo, mentre accanto a lui, pesci che aveva già catturato sbattevano impotenti e boccheggiavano nell’aria. Mio padre mi disse che non riusciva a capire come si potesse godere di un pomeriggio passato a tirar fuori i pesci dall’acqua e lasciarli morire lentamente».

Lo scorso anno, migliaia di ambientalisti europei si sono schierati per proteggere milioni di animali in Europa che trascorrono gran parte delle loro vite chiusi in una gabbia, a volte da quando nascono a quando muoiono, ed infine sono riusciti a convincere l’UE ad abbandonare le gabbie negli allevamenti degli animali a terra in tutta Europa.

Adesso è il momento di fare un passo avanti nella sostenibilità ambientale e creare ambienti ittici più sani per tutti, pesci ed umani.

https://www.bigworldsmallsasha.com/2021/04/28/meeting-an-octopus/

https://www.fao.org/iuu-fishing/en/

ttps://oceano.cplp.org/media/1134/estrategia-da-cplp-formatada.pdf

Sabato, 13 agosto 2022 – n° 33/2022

In copertina: foto di Hans/Pixabay

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