mercoledì, Aprile 24, 2024

Ambiente

Usa: il Willow Project in Alaska

La coperta (troppo) corta della sostenibilità ambientale

di Nancy Drew

Subito una domanda: quando la politica prenderà davvero atto del precario equilibrio dell’ecologia terrestre?

Sono passati pochissimi giorni dal High Seas Treaty, il trattato internazionale sulla protezione dell’Alto mare, che ha impiegato oltre 20 anni per essere raggiunto, quasi un miraggio, e dove gli Stati Uniti – tra gli Stati più recidivi alla firma – “generosamente” hanno subito sostenuto l’accordo con alcuni miliardi di dollari. L’obiettivo del Trattato è proteggere il 30% delle acque internazionali degli oceani e la biodiversità, dalla pesca selvaggia, dagli esperimenti dannosi a flora e fauna, dalla ricerca senza regole, entro il 2030.

Neanche una settimana dopo dallo “storico” patto appena citato, che il dipartimento degli Interni statunitense approva il Willow project, una dibattuta concessione di licenze di trivellazione per combustibili fossili ad una delle più grandi aziende petrolifere interne, la ConocoPhillips con sede in Texas, sul North Slope dell’Alaska, una regione che si affaccia sull’Oceano Artico. La multinazionale è stata autorizzata a sviluppare tre pozzi, su cinque richiesti, per uno dei più grandi progetti di estrazione di petrolio e gas su terreni pubblici degli Stati Uniti. La concessione, che il presidente Biden aveva il potere di bloccare, è in netto contrasto con il neo Trattato sull’Alto mare e avrà forti impatti di inquinamento sull’ambiente antartico, le cui popolazioni indigene Inuit saranno le prime a subirne i danni.

Un progetto estrattivo che rilascerà nell’ambiente circa 280 tonnellate di anidride carbonica, mentre il Climate Clock denuncia che mancano solo 6 anni e 126 giorni al limite di superamento di 1,5°C del surriscaldamento globale.

La superpetroliera Exxon Valdez e il disastro ambientale nello stretto di Prince William in Alaska nel marzo 1989
Foto collage: http://response.restoration.noaa.gov

Un’ulteriore domanda è d’obbligo: gli obiettivi 2030 dell’Agenda per lo Sviluppo di sostenibilità ambientale chi la sta attuando? Se ne parla e scrive molto poco, ed ancor meno pare essere osservata.

A conferma dell’inosservanza dell’Agenda 2030, la crisi energetica generata dalla guerra Russia-Ucraina, in netta ed opposta direzione, ha innescato una maggiore corsa ai combustibili fossili, tantoché tutte le multinazionali petrolifere nel 2022 hanno duplicato i loro profitti, in testa la Exxon Mobil con il record storico di tutta l’industria fossile occidentale, con 56 miliardi di dollari – più del doppio dell’anno precedente. Anche l’italiana Eni ha raddoppiato i suoi profitti nel 2022, raggiungendo 20,4 miliardi di Euro e non risulta che questi verranno impiegati per promuovere la transizione energetica alle rinnovabili, poiché il 79% degli investimenti di Eni prevede il solo comparto di esplorazione, produzione e sfruttamento di giacimenti fossili in tutto il mondo.

Recentemente la multinazionale italiana ha investito ulteriori otto miliardi di dollari per nuove ricerche di gas e petrolio con il ministero del Petrolio e del gas del Governo di unità nazionale della Libia (Gun).

Proprio una superpetroliera della Exxon Mobil, la Exxon Valdez, il 24 marzo 1989, si incagliò in una scogliera dello stretto di Prince William, un’insenatura del golfo di Alaska, disperdendo in mare 42 milioni di litri di petrolio, e inquinando 1.900 km di coste. Con il Willow project, la lezione dell’enorme disastro ambientale pare totalmente dimenticata.

Tutte le organizzazioni ecologiste statunitensi, e non solo, hanno condannato la concessione governativa alla ConocoPhillips.

L’organizzazione dei popoli indigeni Iñupiat, che abitano nei territori artici, facente parte della grande Rete statunitense di attivisti per l’ambiente Peoplevsfossilfuels, con una facile grafica denuncia l’impatto sull’ecologia del Willow project statunitense.

Grafica di Sila – organizzazione dei popoli Iñupiat

“Gli scienziati globali sono stati assolutamente chiari: dobbiamo porre fine all’espansione dei combustibili fossili se vogliamo evitare una devastazione climatica irreversibile e danni immediati alle comunità in prima linea. L’approvazione di un nuovo imponente progetto di trivellazione petrolifera si stima rilascerà 280 milioni di tonnellate di gas serra quando siamo già in un’emergenza climatica che sta segnando il nostro futuro.

“I poteri presidenziali di Biden consentono di rifiutare tutti i nuovi progetti sui combustibili fossili e dichiarare un’emergenza climatica che garantirebbe la sopravvivenza delle nostre comunità e del nostro Pianeta. Invece, sta scegliendo di ingrassare i portafogli degli amministratori delegati del petrolio espandendo l’infrastruttura dei combustibili fossili che ci spingerà ulteriormente nel caos climatico.

“La lotta per #StopWillow e tutti i nuovi progetti sui combustibili fossili non è finita. Il nostro movimento per combattere i fossili continua a crescere e continueremo a lottare per un futuro vivibile in linea con la scienza e la giustizia” (comunicato di Peoplevsfossilfuels).

Sabato, 18 marzo 2023 – n°11/2023

In copertina: oleodotto Trans-Alaska, 1.300 km, collega l’Oceano Artico fino al Golfo dell’Alaska a Valdez – Foto: I, Luca Galuzzi – CC BY-SA 2.5

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