giovedì, Ottobre 03, 2024

Le riflessioni della giraffa

Unità e diversità

La diversità come arricchimento per raggiungere uno scopo comune

di Elisa Ciulli

Le Cronache dello storico di Ssu-ma Ch’ien (Sima Qian: 145-86 a.C.) sono la prima storia completa della Cina, che diverrà il modello dei resoconti successivi. Inizia con il leggendario sovrano Huang ti – Imperatore giallo – e termina con l’Imperatore Wu della dinastia Han (100 a.C.- 220 d.C.).

In questo antico testo della letteratura confuciana e taoista si narra la storia del re Chou di Yin che guidò in battaglia settecentomila soldati contro il re Wu di Chou con i suoi ottocento uomini, e di come il primo dei due, nonostante la schiacciante superiorità numerica, venne sconfitto dagli uomini del re Wu grazie alla loro perfetta unità.

Nel capitolo intitolato Regno di Chou, annale 4, si dice infatti che l’esercito di Chou era formato da un contingente di 700.000 soldati che però disprezzavano li loro tirannico sovrano e non avevano alcun desiderio di combattere né per lui né per la dinastia Yin. Per questo finsero solo di difendersi con la parte smussata delle loro armi, permettendo al re Wu di vincere.

Nichiren Daishonin – monaco vissuto nel 1200 in Giappone, nonché fondatore del buddismo di Nam myoho renge kyo – usa questo esempio storico per spiegare il principio di Itai Doshin – diverso corpo, stesso spirito – in contrapposizione a Dotai Ishin – stesso corpo, diverso spirito.

In effetti i soldati della dinastia Yin riuniti sotto una stessa bandiera come “uno nel corpo” non volevano combattere per il re Chou o per la dinastia Yin, erano dunque “molti nella mente”.

Al contrario l’esercito del re Wu era formato da contingenti di diversi signori feudali, ognuno sotto la propria bandiera. Dunque nominalmente non costituivano un vero e proprio esercito, ovvero erano “molti nel corpo”. Ma erano uniti dalla determinazione di sconfiggere il re Chou e creare una nuova epoca di giustizia.

Questo, spiega il Daishonin, significa essere “uno nella mente”. In questo esempio “uno nel corpo” si riferisce all’unificazione delle truppe sotto una stessa bandiera e con gli stessi comandanti, mentre “uno nella mente” indica un’unità fondata su uno scopo comune.

Sebbene un gruppo possa apparire come “uno nel corpo”, se i cuori dei suoi membri non sono uniti, non riuscirà a portare a termine nulla. Al contrario, nonostante un gruppo sia formato da “diversi nel corpo”, se i loro cuori sono uniti possono realizzare qualsiasi cosa. “Uno nella mente” significa schierarsi per realizzare un obiettivo comune.

Nel Buddismo del Daishonin essere uno nella mente significa impegnarsi per realizzare kosen-rufu.

Kosen-rufu si può definire come una pace onnicomprensiva, ottenuta attraverso un radicale cambiamento nel cuore delle persone grazie alla diffusa adozione di valori umanistici quali – prima di ogni altro – l’assoluto rispetto per la dignità della vita.

L’aspetto più interessante del principio di Itai Doshin è che ognuno contribuisce alla realizzazione di questa pace onnicomprensiva grazie alla sua diversità, e Tsunesaburo Makiguchi, pedagogista vissuto in Giappone tra la fine dell’ ‘800 e l’inizio del ‘900, nonché primo presidente della Soka Gakkai, eredita questa visione.

Tale diversità viene incoraggiata in controtendenza con la cultura che vuole le persone tutte ugualmente inquadrate.

Questo principio vale a livello sociale ma anche a livello individuale. Infatti Nichiren Daishonin afferma: “Perfino una sola persona se ha scopi contrastanti finirà per fallire.

Per approfondire: https://www.theblackcoffee.eu/il-significato-di-creazione-di-valore/

Bibliografia: Daisaku Ikeda, Il mondo del gosho, Esperia. Per la definizione più ampia di kosen-rufu vedere www.sgi-italia.org

Sabato, 1 luglio 2023 – n°26/2023

In copertina: foto di Truthseeker08/Pixabay

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