martedì, Marzo 19, 2024

Lifestyle, Società

Umorismo versus Populismo

di Giorgio Scroffernecher

I fatti principali in cronaca questa settimana, messi bene uno vicino all’altro, lasciano incantati.

Lo spettacolo infausto della meteorologia che dal nord Europa fino alla Pianura Padana ha devastato in misure “senza precedenti” fiumi, città, campi. Così come in molte altre parti del mondo: in Cina in un solo giorno le precipitazioni di un anno intero. Chiare per tutti le cause: il clima della terra corrotto dagli uomini.

A Roma si tiene Il pre-vertice del Food Systems Summit 2021 delle Nazioni Unite. Qui tristemente si osserva che poco meno di un miliardo di persone nel mondo soffrono la fame mentre, nella parte più ricca del pianeta, ogni anno si buttano nella spazzatura un milione di tonnellate di cibo perfettamente commestibile.

Poi le Olimpiadi. Già il titolo sconforta “Tokyo 2020”. Eppure siamo nel 2021 e ogni giorno oltre alla cronaca sportiva dei giochi, abbiamo l’elenco degli atleti contagiati. La gioia decoubertiniana è affranta dall’assenza di pubblico, con i sudditi dell’Imperatore avversi e preoccupati per l’impennarsi delle curve di contagio sull’isola. In altre parole: Il Covid esiste, è vivo e gioca insieme a noi.

Infine, in Italia e non solo, migliaia di persone protestano contro l’adozione da parte dei Governi del Green Pass: Stelle di David, grida contro la dittatura sanitaria, appassionati slogan sulla libertà. Possiamo dire, tanta energia degna di miglior causa, magari scegliendo la causa tra quelle in evidenza nelle tre notizie precedenti. O almeno potremmo dedicare le nostre attenzioni a quanto in attualità –finalmente! – e potrebbe cambiare il nostro Paese: la riforma della giustizia e la progettazione del piano nazionale di ripresa e resilienza, che, per esempio, gli ambientalisti stanno cercando di migliorare.

Ma cosa diavolo ci è successo per essere ridotti così male e così incapaci di capire quali siano le priorità?
Azzardo una diagnosi tutta da dimostrare. Eccola: con la nascita del populismo è morto l’umorismo.

Forse Umberto Eco la direbbe così: il populismo rinasce con i social e con l’impossibilità di dar di gomito nei reni di quello alticcio al bar che le spara grosse e velenose per via dei suoi rancori col mondo.

In effetti, è in quella cornice che nascono gli odiatori poi ripartiti e ricolorati politicamente, capaci di far perdere del tutto il senso della politica per come dovrebbe essere, con i suoi pensieri lunghi, le grandi ispirazioni, le mediazioni.

Questa è la nuova politica: populista ad ampio spettro. I politici di sinistra ne sembrano intimiditi, preoccupati per l’inarrestabile emorragia di voti mentre quelli di destra rincorrono quando non promuovono movimenti viscerali tra gli elettori crescenti. Così la piazza anti élite si riempie di odiatori certi del grande complotto, sicuri delle ragioni per essere contro a Draghi, Speranza, la scienza, le istituzioni e tutti quelli che supinamente si fanno vaccinare. Il populismo è il contenitore naturale degli indignati, arrabbiati, rancorosi, malfidenti e certi che anche le questioni complesse si risolvano in modi semplici. Se vuoi, siamo sempre dalle parti del Vaffa grillino della prima ora, ma ora con miglioramenti fantasmagorici circa la lettura della realtà.

Infatti, il filosofo Umberto Galimberti sostiene che il virus del populismo ha ormai infettato anche i partiti e aggiunge: «E’ chiaro che coloro che vogliono essere eletti vanno incontro ai desideri del popolo, ma essi sono desideri individuali, privati e di interesse, non sono desideri del bene comune. E allora c’è una discrasia perché i governanti dovrebbero governare il popolo in vista del bene comune e invece vanno incontro ai desideri individuali della popolazione per votanti. In Italia non c’è più la democrazia da tempo: da quando si continua a rispondere attraverso le elezioni ai desiderata popolari».

Ma se un numero consistente di cittadini si lascia affascinare dalle argomentazioni inequivocabilmente demagogiche, quando non del tutto false, del nuovo populismo così acido, ostile, rancoroso, triste, incapace di confrontarsi dialetticamente con gli altri pensieri e posizioni, beh, forse siamo tutti dentro a una patologia destinata a peggiorare. Massimo Recalcati – che di malattie mentali se ne intende – già nel 2013 diceva che siamo di fronte a «un grande tema che attraversa il populismo ipermoderno, l’antipolitica come metodo. Tutto ciò che è composizione del conflitto viene interpretato come ferro vecchio della politica, roba da mestieranti. Il grande tema post ideologico del populismo è quello della libertà, il cavallo di Troia del populismo ipermoderno, che trovate sulla bocca di tutti i leader populisti. La libertà è diventata fondamentalmente oggi il diritto di fare quello che si vuole. La sostanza, direi come psicoanalista, è che la libertà è ridotta a un fantasma che ricopre l’esigenza pulsionale, che si afferma attraverso il proprio godimento particolare come godimento assoluto».

Vignetta di Altan

In casi disperati come questo, personalmente ricorro al pensiero tantrico, e qui, ancora una volta Osho Rajneesh è illuminante e spiritoso: «La vita non è una tragedia: è una commedia. Essere vivi significa avere un profondo senso dell’umorismo». Ha ragione, tanto odio che si vede in giro insieme a tanto vittimismo tragico, ha un antidoto che tutti dovremmo assumere e contemplare: l’umorismo!

Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi, sosteneva che l’umorismo funziona e serve ad allentare le nostre tensioni sessuali e aggressive represse, facilitando uno sbocco per quelle fondamentali pulsioni biologiche che sono presenti in tutti noi.

Tutte le più alte scuole spirituali ci sospingono verso il sorriso, la lievità, la comprensione dell’altro, il perdono. Senza questo esercizio quotidiano si va verso la cupezza e la disperazione.

L’umorismo è costruttivo, l’indignazione compulsiva è distruttiva.

Per concludere, con immensa gratitudine per chi ci rallegra con grande senso della realtà, annoto un classico che è sempre bello rileggere.

«La vita dovrebbe essere vissuta al contrario.
Tanto per cominciare si dovrebbe iniziare morendo, e così tricchete tracchete il trauma è già bello che superato. Quindi ti svegli in un letto di ospedale e apprezzi il fatto che vai migliorando giorno dopo giorno.
Poi ti dimettono perché stai bene, e la prima cosa che fai è andare in posta a ritirare la tua pensione, e te la godi al meglio.
Col passare del tempo, le tue forze aumentano, il tuo fisico migliora, le rughe scompaiono. Poi inizi a lavorare, e il primo giorno ti regalano un orologio d’oro.
Lavori quarant’anni finché non sei così giovane da sfruttare adeguatamente il ritiro dalla vita lavorativa.
Quindi vai di festino in festino, bevi, giochi, fai sesso e ti prepari per iniziare a studiare.
Poi inizi la scuola, giochi coi gli amici, senza alcun tipo di obblighi e responsabilità, finché non sei bebè.
Quando sei sufficientemente piccolo, ti infili in un posto che ormai dovresti conoscere molto bene.
Gli ultimi 9 mesi te li passi flottando tranquillo e sereno, in un posto riscaldato con room service e tanto affetto, senza che nessuno ti rompa i coglioni… e alla fine abbandoni questo mondo in un orgasmo!»
Woody Allen

Sabato, 31 luglio 2021 – n° 27/2021

In copertina: vignetta di Frago

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