martedì, Marzo 19, 2024

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Turchia-Libia: un ponte armato sul Mediterraneo

Cosa ribolle sotto le ceneri della guerra civile?

di Laura Sestini

Mentre il nuovo governo libico formato dal Primo Ministro ad interim Abdul Hamid Dbeibah ha già da tempo iniziato a ricevere in visita ufficiale i rappresentanti delle nazioni europee e non solo, e parallelamente si esauriscono gli ultimi strascichi del ‘sofagate’ tra Turchia, Italia e Unione Europea, giovedì 15 aprile lo stesso Dbeibah è volato a Mosca per incontrare il premier della Federazione Russa, Mikhail Mishustin, e il ministro degli Affari Esteri russo, Sergey Lavrov, mentre nei giorni precedenti aveva incontrato i rappresentanti di alcuni Paesi del Golfo.

Con la formazione del nuovo Governo di Unità Nazionale – GNU – l’incontro di Dbeibah con i politici russi, ha l’obiettivo di ri-allacciare i rapporti economici libici con il Paese – legami di lunga tradizione, già in atto anche ai tempi di Muhammar Gheddafi.

Lo stesso Mario Draghi aveva scelto la Libia come primo viaggio all’estero nelle vesti di Presidente del Consiglio – per ritrovare i rapporti italo-libici di un tempo.

Ma aldilà degli incontri diplomatici di cortesia o di accordi economici per la ricostruzione e il rilancio della Libia, ciò che si dimostra più interessante da indagare e approfondire sono i numerosi episodi che si consumano dietro le quinte o lateralmente – di cui in pochi scrivono – se non prevalentemente i media libici.

Senza andare troppo indietro nel tempo, dal 15 marzo – giorno che si è insediato il Governo di Dbeibah – tra le milizie che hanno occupato il palcoscenico bellico libico in entrambe le fazioni, risultano moti interni che potrebbero essere definiti delle ‘ri-armonizzazioni’ di distribuzione del potere.

A fine marzo, in 72 ore si sono registrati ben quattro omicidi di rilievo. Tra questi risulta l’assassinio di Mahmoud al-Werfalli – a Bengasi il 24 marzo – maggiore della Brigata di forze speciali al-Saiqa – gruppo già facente parte dell’esercito di Gheddafi, nelle LAAF – Forze armate arabe libiche – di cui il generale Khalifa Haftar fu il comandante. Durante la annosa guerra civile appena conclusasi, tra gli eserciti del Governo di Liberazione nazionale – LNA – di Haftar e il Governo di Accordo nazionale – GNA – di al-Sarraj, al-Werfalli era rimasto al fianco del suo vecchio comandante LAAF, combattendo in Libia orientale.

Al-Werfalli aveva un mandato di arresto internazionale, dal 2017, per essere giudicato davanti alla Corte internazionale penale de L’Aja per crimini di guerra, con l’accusa di aver ucciso 43 persone, inclusa l’esecuzione sommaria di 10 prigionieri bendati fuori dalla moschea Bi’at al-Radwan di Bengasi.

I primi di marzo un video pubblicato da media e social libici – girato dallo stesso al-Werfalli – aveva ritratto il combattente, scortato da alcuni suoi miliziani, mentre distrugge la sede generale Toyota a Bengasi con la giustificazione che il proprietario fosse un finanziatore dell’Isis e spendesse i suoi soldi all’estero – entrate provenienti dagli acquisti di auto dei cittadini libici – trascorrendo una vita lussuosa, invece di reinserire il denaro nella disastrata economia libica.

A soli quattro giorni dall’omicidio in cui è rimasto vittima al-Welfalli, viene assassinato Rabee Al Sharkas – membro delle forze di sicurezza interna di Haftar – mentre le forze al-Saiqa di Mahmoud Werfalli avevano precedentemente messo a soqquadro la sede di quel corpo armato. Trattasi di faide interne?

Sul fronte opposto, con il giuramento del nuovo Governo libico – quasi prosecuzione del GNA di al-Sarraj, primo governo riconosciuto dall’Onu e l’Europa – l’11 aprile viene scarcerato Abd al-Rahman al-Milad, più famoso come Comandante Bija, scagionato da ogni accusa dal procuratore generale di Tripoli per mancanza di prove. Costui è considerato dalla Corte Internazionale de L’Aja e le Nazioni Unite tra i maggiori trafficanti di esseri umani e di petrolio del Mar Mediterraneo, tantoché era stato spiccato anche per lui un mandato di arresto. L’uomo aveva fatto parte della Guardia Costiera libica (finanziata dall’Italia), attraverso la quale muoveva il suo traffico di migranti dal campo-carcere di al-Zawiya.

In Italia era giunto alle cronache nazionali per aver partecipato, come esperto accreditato, a un vertice politico sulle migrazioni attraverso la rotta libica, organizzato a Catania dall’Oim – l’Organizzazione per le migrazioni delle Nazioni Unite e finanziato dall’Europa. Originario della città di al-Zawiya, nel distretto di Sabrata, Bija ha fatto rientro da uomo libero nella sua città, tra i festeggiamenti dei suoi miliziani del gruppo al-Nasr.

Tre settimane prima della scarcerazione di Bija, ad al-Zawiya era accaduto un increscioso episodio a Abdul-Aali Al-Habouni – un uomo che viaggiava con un cammello dalla Cirenaica per portare un messaggio di pace al popolo libico, con l’opportunità del nuovo governo nazionale. Una volta ad al-Zawiya alcuni uomini delle milizie islamiste locali hanno rapito ‘il viaggiatore di pace’ ed hanno massacrato il suo cammello accusandolo di portare tra la gente – che al contrario aveva gradito il messaggio di speranza – le parole di Haftar. L’uomo è stato poi liberato. Un Tweet del Libyan Observatory, il 23 marzo, commentava così l’episodio: “After a campaign of incitement against Abdulaali al-#Habouni by #Volcano of #Anger activists, armed groups from #Zawiya affiliated to Defence Ministry and Interior Ministry of the #GNU, stationed south of Aljmail, arrested him and post video of them slaughtering his camel. #Libya” (Dopo una campagna di incitamento contro Abdul-Aali Al-Habouni – dei membri del gruppo armato di al-Zawiya ‘Vulcano di rabbia’, affiliato ai Ministri della Difesa e dell’Interno del Governo di Unità Nazionale – mentre l’uomo stazionava a sud di Alimail lo hanno arrestato ed hanno postato un video mentre stavano macellando il suo cammello – t.d.g.).

Mentre a Sirte le milizie si scontrano tra di loro – confermato dal molti post e immagini sui social, su cui si discute per le cause – dai traffici di droga (di cui i miliziani fanno anche molto uso) alle faide interne per il potere, si deve tener conto che dal momento del cessate il fuoco tra Haftar e al-Sarraj fino all’attuale Governo Dbeibah, numerosi capi milizia sono stati riabilitati in ruoli formali governativi. Lo stesso Bija, con la scarcerazione è stato promosso al gradi di maggiore.

Un altro dei movimenti politici ‘alternativi’ della neo-Libia riguardanti le milizie, che abbiamo già citato come numerose da entrambe le opposte fazioni Haftar/al-Sarraj, tira in ballo anche la Turchia affiancata ad al-Sarraj e i russi pro Haftar. Mentre l’attuale Governo libico, l’Europa e gli Stati Uniti ribadiscono l’uscita delle forze straniere dal territorio assieme ai loro mercenari, su Twitter vengono postate immagini sull’account delle forze libiche dell’Operazione Burkan Al-Ghadab, e il loro addestramento da parte del personale delle forze militari turche. Il post commenta che l’esercitazione rientra nel quadro della cooperazione militare siglata dal precedente GNA con la Turchia, che ha fornito al Governo al-Sarraj uomini e mezzi. La Turchia ha infatti provveduto a trasferire in Libia armamenti e oltre 18 mila mercenari dalla Siria, mentre un differente accordo riguarda le trivellazioni nel Mar Mediterraneo, i cui confini marittimi sono stati definiti nei giorni scorsi con Dbeibah, unitamente alla costruzione di nuove centrali di energia nel Paese nordafricano.

La Turchia ha istituito a Tripoli – e in altre aree strategicamente importanti della Tripolitania – anche sistemi di difesa aerea a corto e medio raggio e preparato la principale base aerea di Al-Watiya nella Libia occidentale per potenziali futuri schieramenti dei cacciabombardieri a reazione F-16 della sua forza aerea; parallelamente, immagini rilasciate a marzo dal Ministero della Difesa turco mostrano esercitazioni a militari libici con carrarmati M60 Patton di fabbricazione statunitense, trasferiti sul territorio libico in violazione sull’embargo sulle armi delle Nazioni Unite.

Il Governo del Primo Ministro Dbeibah deve accompagnare la transizione verso le elezioni politiche nazionali del 24 dicembre, mentre il LPDF – Forum politico libico di dialogo – è già tacciato di guidare unilateralmente il processo costituzionale oltre il proprio mandato – proponendo una base costituzionale per le elezioni che vedrebbero il Presidente eletto dai parlamentari e non dal popolo libico.

Altri puntano già il dito su Dbeibah, la cui delegazione per il tour diplomatico nei Paesi del Golfo era composta rispettivamente da Ibrahim Ali al-Dbaibah, cugino del Primo ministro; Ahmed Mustafa Omar Al-Karami e Ahmed Al-Circassi entrambi cognati, sottolineando che le cose – in Libia – rimangono tali e quali a sempre.

Il video pubblicato da Mahmoud al-Werfalli

Sabato,17 aprile 2021 – n°12/2021

In copertina: Abdul Hamid Dbeibah e Recep Tayyip Erdoğan siglano gli accordi – Photo credits GNU-Libya

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