venerdì, Aprile 26, 2024

Lifestyle, Società

Lavorare sì, ma non troppo

Smart working per vivere meglio?

di Simona Podestà

Al ritorno dalle vacanze la routine lavorativa viene vissuta da molti come un momento ansiogeno o  addirittura terrorizzante. 

Ma una nuova frontiera si sta palesando tra i giovani Millenials e i cosiddetti Generazione Z, nati con  uno smartphone in mano: quella di lavorare il minimo indispensabile. 

Lo spartiacque è stato il ritiro forzato dal lavoro e l’avvento dello smart working, che nella sua  costrizione ha spalancato una finestra su nuove possibilità lavorative, riappropriandosi di spazi vitali  che erano stati relegati in fondo alla scala di priorità, se non addirittura negati.

I giovani non sono più disposti a rinunciare ai propri interessi per rimanere seduti davanti a un  monitor in un ufficio, anche perché spesso la fatica non porta più a un avanzamento di carriera come  lo è stato per le generazioni precedenti.

Il fenomeno sta prendendo una piega globale ed è già stata coniata la definizione di “quiet quitting” -abbandono silenzioso – in Occidente e “mo yu” – toccare i pesci – in Cina.

La Gallup – importante società di ricerche di mercato – ha realizzato uno studio secondo cui solo  il 21% dei dipendenti si sente realizzato e soddisfatto dal proprio lavoro: d’altra parte non si può  certo vivere senza uno stipendio ed ecco che la scelta si orienta sul fare lo stretto indispensabile  sfruttando al massimo lo smart working che permette di delocalizzarsi rispetto alla sede di lavoro  per andare a vivere lontano da grandi città dove la vita è costosa e i ritmi stritolanti.

Ed ecco che succede che il plurilaureato con tanto di PHD conseguito in una prestigiosa università londinese si trasferisca in Andalusia dove può vivere a costi più che dimezzati una vita a ritmi lenti che rispecchi i propri più intimi desideri, collegandosi con il luogo di lavoro il tanto che basta per  garantirsi la sopravvivenza economica, privilegiando le proprie aspirazioni rispetto alla costruzione  di una prosperità futura, per nulla garantita in questi tempi di quotidiane emergenze.

Che abbiano ragione loro scegliendo di vivere il presente? 

Del resto non è una novità: i saggi della filosofia orientale lo insegnano da sempre.

Sabato, 27 agosto 2022 – n° 35/2022

In copertina: immagine di Amarily Moreno/Pixabay

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