giovedì, Aprile 25, 2024

Italia

San Remo: il festival del cattivo gusto

Falso anticonformismo senza vera musica

di Elio Sgandurra

Per fortuna il frastuono del Festival di San Remo si è placato: la kermesse durata per una decina di giorni tra presentazione, spettacolo e successivi commenti, si è conclusa di colpo. È tornato il silenzio: i mostriciattoli multicolori con i loro fievoli e stonati barriti sono rientrati nelle loro tane e non se ne parlerà più per un anno. Il loro “domatore” Amedeo Sebastiani – in arte Amadeus – ha trasferito il suo sorriso stampato sotto i baffetti, nelle abituali trasmissioni televisive.

Confesso che lo spettacolo del festival non mi ha mai attratto: in gioventù – quando la televisione era ancora in bianco e nero – mi rinchiudevo nella mia stanza per fare all’ultimo momento i compiti di scuola, mentre la musica della rassegna sanremese che proveniva dalla Tv del soggiorno mi faceva compagnia. Anche se a quei tempi i miei idoli erano le stelle nascenti del “rock”, consideravo quella di San Remo vera musica che accompagnava veri cantanti. Nel 1958, in una serata della rassegna, mi precipitai fuori dalla mia camera per ascoltare Domenico Modugno che cantava “Nel blu dipinto di blu”.
Giorni dopo, davanti ai negozi di musica, si formavano code per comprare i dischi in vinile di quella canzone che già veniva canticchiata nelle case e per le strade. Negli anni successivi a quel festival, Modugno fu seguito da tanti nuovi cantautori, alcuni dei quali continuano ancora ad esibirsi con successo e di altri ne viene ricordata la bravura.

Oggi i motivi delle ultime edizioni di San Remo vengono subito dimenticati: sono arrangiamenti di voci afone e di suoni sgraziati impossibili da ripetere canticchiando, come invece accadeva un tempo. Ormai al festival lo spettacolo ha preso il posto della vera musica e quest’anno poi si è superato ogni limite. In nome di un falso anticonformismo gli “artisti” si sono presentati indossando i più strani abbigliamenti, mascherando i volti con truccature deformanti, esibendosi mezzi nudi per mettere in evidenza i tatuaggi che coprivano le braccia e i petti. Si sentivano tutti dei nuovi David Bowie e Renato Zero.

Mi è capitato di assistere all’esibizione di Achille De Marinis – in arte Achille Lauro – che a parte la voce rauca e stonata, assomigliava ad un “divo” di circo equestre. Chissà perché ha voluto prendere per nome d’arte quello dell’armatore partenopeo di 70 anni fa Achille Lauro, un monarchico che nel dopoguerra è stato a lungo acclamato sindaco di Napoli pur avendo messo a sacco l’edilizia della città. A quei tempi si raccontava che in cambio del voto donava pacchi di pasta alla popolazione, oppure una sola scarpa da appaiare alla seconda dopo la vittoria elettorale.

Il cattivo gusto dell’ultimo festival ha superato ogni limite anche nei giorni precedenti l’inizio, mentre in Parlamento era in corso la “guerra” per l’elezione del Presidente della Repubblica. La Rai nei titoli dei telegiornali dava più spazio alla rassegna sanremese, e le interviste ad Amadeus e “associati” duravano molto più dei commenti su quanto accadeva in politica.

A conclusione della kermesse un noto giornalista della RAI ha commentato con entusiasmo: “È stata l’espressione dell’Italia che cresce”. E non è stato il solo a dirlo. Speriamo che l’Italia si tenga ben lontana dalle previsioni di crescita secondo l’etica e il gusto sanremese.

Sabato, 12 febbraio 2022 – n° 7/2022

In copertina: scorcio sul lungomare cittadino – Foto: Wikipedia – licenza CC BY-SA 2.0

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