giovedì, Aprile 25, 2024

Lifestyle, Società

Partir bisogna

Osservare la morte per imparare a vivere

di Giorgio Scroffernecher

Mi sarà capitato almeno con venti persone di sentire pronunciata una frase simile: “Se mi capita qualcosa e vivo solo perché sono attaccato a una macchina, per carità, staccate subito la spina!”. Di queste venti persone, solo una, al massimo due hanno depositato il loro testamento biologico.

La morte è certamente una cosa seria, siamo noi umani occidentali a non prenderla sul serio. Preferiamo far finta che saremo vivi per sempre, noi e i nostri cari, e poi quando ‘La Signora’ arriva siamo sprovvisti della minima attrezzatura emotiva e pratica per affrontarla. Togliamo i nostri morenti dal posto giusto per trapassare, la loro casa, per affidarli alle cure di ‘addetti ai lavori’ che spesso, pietosamente, decidono tutto per noi, inclusa l’accelerazione del passaggio finale – con super sedazioni letali – togliendo presenza e consapevolezza al morente e a tutto il suo contorno affettivo.

Sul piano pratico poi, spesso, ce ne andiamo lasciando nelle mani degli eredi le complicate questioni di ripartizione degli oneri, onori e orrori, invece che provvedere responsabilmente per tempo.

«Risulta, dunque, necessario affrontare l’argomento fin dalla tenera età, normalizzarlo, tenendo presente sia dello stadio evolutivo di chi cerca risposte sia della elaborazione avvenuta da parte di chi si prende la responsabilità di rispondere a tali interrogativi. Secondo il padre della tanatologia Feifel (1959), infatti, è possibile vivere un’esistenza consapevole e genuina solo incorporando in essa il concetto di morte, dunque un percorso educativo che si prefigga tale obiettivo è quantomeno auspicabile. In Gran Bretagna e negli Stati Uniti, già a partire dagli anni Settanta, è prevista all’interno dei normali percorsi curricolari la Death Education, attività educativa finalizzata a rendere gli individui più consapevoli e competenti nella gestione della propria e altrui morte».(www.stateofmind.it/2020/12/death-education-morte)

In Italia forse abbiamo visto il peggio con il caso Eluana Englaro, con la decisione inequivocabilmente amorevole dei genitori che dopo decenni di coma irreversibile della figlia, decisero di sospendere alimentazione e idratazione. Per questo furono oltraggiati da una protesta alla porta della clinica dov’era custodita Eluana, da parte di cattolici integralisti e politici di destra sempre in vena propagandistica, tutti agitando bottigliette d’acqua evocando la morte per sete voluta dai ‘feroci genitori’.

E, naturalmente, vediamo il peggio anche in Parlamento dove è impossibile addivenire ad una legge seria sul fine vita che includa l’eutanasia, legge sollecitata anche dalla Magistratura che per questo ha sospeso la sentenza sul caso DJ Fabo, come tutti ricorderanno.

Comunque qualcosa già si può e si deve fare, nonostante, come scriveva qualche tempo fa Valentina Melis sul Sole 24 Ore «Appena il 19,3% degli italiani dichiara di conoscere bene il testamento biologico. Uno su tre non ne ha mai sentito parlare». E’ in vigore in Italia una legge sul testamento biologico dal 31 gennaio 2018, ma, ad oggi, sono state depositate meno di 100.000 “Disposizioni Anticipate di Trattamento”, ovvero le scelte che ognuno può fare in vita, per quanto possa a lui accadere in caso di irreversibilità di stato a causa di un grave trauma, ictus, infarto o altro.
Che sia inconsapevolezza si deduce anche dal fatto riportato dalla stessa giornalista del Sole: «La fascia di età degli over 70 è quella meno preparata sul fine vita: il 57,3% non conosce affatto la legge 219. Quella tra 26 e 40 anni registra invece il miglior livello di conoscenza».
Come a dire che più ne sei vicino e più scappi a gambe levate!

Ecco un breve vademecum per depositare il proprio testamento biologico.
Si invia richiesta al sito della Associazione Luca Coscioni per il modulo da compilare (https://www.associazionelucacoscioni.it/landing/testamento-biologico ),questo viene subito inviato gratuitamente ed è generalmente accettato da tutti i Comuni Italiani per essere depositato all’Anagrafe e divenire quindi una disposizione valida a tutti gli effetti e eventualmente modificabile in seguito dallo stesso soggetto, in merito a quanto si desidera nello sfortunato caso che ci veniamo a trovare in uno stato di irreversibilità vitale.

Con l’occasione, mi preme esprimere un grazie sentito alla Associazione citata e a chi, anche in questo campo delicatissimo, si trova a sopperire con etica e civiltà, alla gravissima e endemica malattia italiana che si chiama Vuoto Legislativo.

Sabato, 22 gennaio 2022 – n° 4/2022

In copertina: immagine di Valgerd Kossmann/Pixabay

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