sabato, Luglio 27, 2024

Economia, Italia, Politica

L’Italia è come il Titanic, si continua a danzare mentre affonda

Pochi si interrogano su come sarà il 2023

di Ettore Vittorini

In occasione delle vacanze estive e invernali, dei “ponti” – lunghi e corti – i giornali radio e televisivi ripetono in continuazione i bollettini sull’esodo dei vacanzieri, e nell’elencarne i numeri gli speaker ci mettono il massimo entusiasmo come se fosse un segno del benessere del nostro Paese.

Sono strombazzate inutili che ricordano la “storica” frase di Berlusconi – “i ristoranti sono sempre pieni “- pronunciata quando era Premier nel 2011, mentre le finanze italiane si erano avviate verso la bancarotta e lui poco dopo si dimise. Fanno pensare anche alla propaganda fascista dei “treni popolari” che negli anni Trenta portavano in vacanza gli Italiani con biglietti “andata e ritorno” in terza classe a prezzi stracciati. Ma era una vacanza molto breve, nel giorno di domenica, che iniziava all’alba e si concludeva al tramonto.

I bollettini festosi dei telegiornali di oggi non credo interessino a nessuno: non ai proclamati 12 milioni di vacanzieri di questi giorni, attenti più che altro ai viaggi che devono intraprendere, alle condizioni del traffico, ai blocchi per lavori o incidenti sulle autostrade malandate; agli orari delle ferrovie e dei voli; alle condizioni atmosferiche. Non interessano, per rassegnazione, nemmeno al resto degli italiani, quelli che in vacanza non ci possono andare e devono pensare ai mutui, alle bollette da pagare e alla spesa quotidiana.

Pranzo di Natale offerto alle persone povere dalla comunità di Sant’Egidio
Foto: Comunità di Sant’Egidio

Nella realtà quest’anno il clima delle feste si mostra di basso tono, privo della speranza che il nuovo anno sia migliore. Le previsioni degli esperti e dei tuttologi sono scarse e contraddittorie: solo pochi azzardano risposte concrete sul futuro del Mondo e – nel suo piccolo – dell’Italia.

La pandemia e la sporca guerra in Ucraina, insieme al perenne caos mediorientale e al massacro di giovani compiuto dal regime teocratico dell’Iran, non lasciano troppe speranze. In Europa e nel resto dell’Occidente democratico, le popolazioni sembrano rimuovere dalla loro mente i pericoli che ostacolano il cammino globale verso il futuro.

Viene in mente il naufragio del Titanic – considerato inaffondabile – quando i passeggeri di prima classe continuavano a danzare mentre il transatlantico imbarcava acqua e un’ora dopo sarebbe affondato. Bastò un iceberg per cancellare di colpo quel simbolo del progresso che regnava nel mondo di allora o “Nel mondo di ieri”, come lo definiva lo scrittore austriaco Stephan Zweig nella sua autobiografia.

Rimanendo in Austria, Robert Musil descrisse nel romanzo “Uomo senza qualità” – ambientato nel 1913 – la caduta dei valori e la graduale scomparsa della società ottimista e spensierata di allora che l’anno dopo portarono allo scoppio della Grande guerra.

E l’Italia di oggi? Secondo l’ultimo rapporto del CENSIS l’Italia non cresce, non reagisce e non guarda al futuro. È da più di 30 anni che si trova in questa impasse: la crescita secondo l’OCSE, è stata in questo lungo periodo meno della metà della media dell’Eurozona con un PIL agli ultimi posti e un tasso di occupazione giovanile e femminile da Terzo mondo. Di conseguenza ogni anno migliaia di giovani tecnici e laureati emigrano in altri Paesi ben lieti di accoglierli offrendo condizioni che in Italia sono negate.

I provvedimenti disordinati dell’attuale Governo di destra hanno inferto un altro colpo a questa situazione, ma nel passato tanti altri esecutivi – anche di sinistra – hanno fatto poco o niente per lo sviluppo della Nazione. Il governo Prodi del ‘96-’98 ci permise di entrare nell’Eurozona, ma non fece altro: nessun piano di sviluppo, mentre ormai le industrie di Stato erano finite nelle mani di privati, come le autostrade e la parziale privatizzazione delle ferrovie che dette risultati negativi, favorendo l’alta velocità e trascurando i percorsi delle merci e dei passeggeri delle piccole e medie tratte.

Con Prodi era ministro della Pubblica Istruzione l’ex comunista Luigi Berlinguer – cugino del più illustre Enrico, scomparso anni prima – il quale varò una riforma che si limitò a porre poche modifiche alla nostra Scuola e lasciò l’Università in mano ai “baroni”. L’altro ex PCI Giorgio Napolitano ministro degli Interni, non portò alcuna riforma nell’assetto della polizia e lo si vide nel 2001, durante il governo Berlusconi con la dura repressione di Genova.

Ci si aspettava da Napolitano che aprisse “l’armadio della vergogna” che conteneva tutti i segreti sugli attentati e gli eccidi da piazza Fontana in poi, ma non avvenne. Dopo Prodi successe il breve governo D’Alema ma a giudicarlo basta la frase di Nanni Moretti: “Dicci qualcosa di sinistra”. E poi ci fu la conseguente grande sconfitta del PD alle elezioni regionali in seguito alle quali cadde il centro-sinistra e si riaprirono le porte a Berlusconi.

Gli ex comunisti e Prodi non furono capaci neanche di affrontare una seria riforma dei tributi contro l’evasione delle tasse che oggi supera i 100 miliardi di Euro. È possibile che l’Italia non riesca ad adeguarsi alle regole di tante altre nazioni più progredite? Evidentemente esistono degli interessi contro i quali nessuno da sinistra a destra osa intervenire.

L’unica grande riforma rivoluzionaria e moderna del passato è stata la creazione del Servizio sanitario nazionale proposto da Tina Anselmi – donna eccezionale della DC – e attuato nel 1980 dal ministro della Sanità Aldo Aniasi, socialista di quelli veri. La OMS la classificò come la seconda al mondo tra le migliori, dopo la Francia. Poi tra Regioni inadempienti, burocrazia e ladri, ha perso quel primato.

Tra le grandi opere pubbliche realizzate rimane nella memoria soprattutto quella dell’autostrada del Sole – Milano, Roma, Napoli, Salerno, che percorreva gli Appennini e fu costruita dall’IRI in otto anni, dal 1956 al ’64. Invece per completare il recente tratto di una settantina di chilometri della variante tra Bologna e Firenze ce ne sono voluti 20.

Negli ultimi anni il PD pur partecipando a diversi governi, non ha mai dato il via a qualcosa di “rivoluzionario” che si potesse ricordare, ma è rimasto immobile e silente di fronte ai tanti problemi del Paese: non ha mai fatto qualcosa che potesse definirsi “di sinistra”.

Sabato, 7 gennaio 2023 – n° 1/2023

In copertina: il Titanic nel dipinto di Willy Stöwer (1912)Immagine di dominio pubblico

Condividi su: