martedì, Marzo 19, 2024

Lifestyle, Società

L’incanto della vecchiaia

L’ultima stagione della vita come opportunità per crescere ancora

di Giorgio Scroffernecher

La dico subito bella diretta: la vecchiaia è l’opzione migliore!


Sapendo tutti quale è l’altra e unica opzione, chi può contestare l’affermazione?
Tranquilli su questo, possiamo ragionare su tutto il resto.

Per esempio: chi può vivere una bella vecchiaia? La risposta è semplice: chiunque lo voglia davvero.
Se ci pensi, il bello dell’ultima età è che ti serve poco. Infatti, non è la ricchezza a farti felice come subito qualcuno si affretta ad eccepire. La storia del mondo è piena di ricchi attempati e disgustati, depressi, infelici, suicidi.
Sei vecchio e hai dolori di schiena? Vuoi mettere con i dolori di un innamoramento frustrato, un lavoro perso, il tradimento di un amico, un’umiliazione per un ego sfavillante fino al minuto precedente?

Lo so, la società non aiuta, ce lo spiega bene l’anziano filosofo Umberto Galimberti «A sostegno del mito della giovinezza ci sono due idee malate che regolano la cultura occidentale, rendendo l’età avanzata più spaventosa di quello che è: il primato del fattore biologico e del fattore economico che, gettando sullo sfondo tutti gli altri valori, connettono la vecchiaia all’inutilità, e l’inutilità all’attesa della morte».
Ma non è certo la cosmetica della vecchiaia la soluzione, sempre secondo il nostro saggio Galimberti «La faccia del vecchio è un atto di verità, mentre la maschera dietro cui si nasconde un volto trattato con la chirurgia è una falsificazione che lascia trasparire l’insicurezza di chi non ha il coraggio di esporsi con la propria faccia».


Un altro grande saggio filosofo, Norberto Bobbio (1909-2004), coniò la celebre frase che, oltre che una constatazione, è ricetta per una terza età felice «In vecchiaia contano più gli affetti che i concetti».

In altre parole, parafrasando Max Weber (1864-1920) fondatore della moderna sociologia, il segreto è morire sazi di vita, non stanchi da morire.

In realtà come ce la caviamo con la nostra vecchiaia? Beh, generalizzando, le donne se la cavano molto meglio degli uomini. Lo vediamo spesso: il vecchio ricorda i rancori, la vecchia i perduti amori. L’anziano si tutela nelle abitudini, l’anziana sorride alle novità. il vedovo tende a deprimersi, la vedova a rifiorire.
La spiegazione è semplice. Il maschio non sa distinguere l’essere dal fare. E quando finisce il fare, finisce anche l’essere. Il raggiungimento dell’età della pensione, lo staccare, spesso per gli uomini è l’inizio dell’orrore del vuoto a volte accompagnato da nuove malattie e infelicità.
Prendi lo sport – lì si stacca presto – quanta gloriosa malinconia il saluto in lacrime del gladiatore Francesco Totti al centro di uno stadio piangente in tutte le curve, dove campeggiava la frase «Speravo de morì prima».
Anche Federica Pellegrini piange alla sua ultima vasca, ma si affretta a dire «Sto piangendo per la gioia!». Chiara la differenza?

Ma, praticamente, quale può essere l’indicazione che possiamo dare a noi stessi per trasformare l’età della stanchezza in età delle opportunità? Facciamo qui qualche ipotesi costruttiva.
Per tutta la vita ho fatto il burocrate tra le scartoffie? In vecchiaia imparo la grazia della falegnameria, le meraviglie della pittura oppure la costanza dell’occuparmi del mio corpo che è una vita intera che attende che io lo faccia.
Una vita sedentaria può essere onorata con una vecchiaia di movimento, la danza per esempio. I grandi maestri di danza contemporanea esortano gli allievi «danza il tuo limite!» non è perfetto anche per una persona anziana? La danza può essere la bellezza di immaginare un movimento…

La coreografa e danzatrice Pina Bausch – Foto Wilfried Kruger

E poi se vogliamo ispirarci al detto attribuito a Michelangelo Buonarroti «Come il chiodo in disuso arrugginisce, così l’inazione sciupa l’intelletto», bene, continuiamo a lavorare ma non per ricavare profitto, ma per amore sociale. Il barone universitario lasci il suo posto a giovani più lucidi e motivati e si regali il piacere di aiutare il prossimo senza neppure aspettarsi un grazie. Il primario che non molla manco a morire (chiaro il concetto?) provi a sperimentare l’amore incondizionato tenendo la mano di un uomo o una donna senza più memoria che non ha bisogno di cure mediche ma solo di sguardi sinceri. I giovani immigrati feriti nel corpo e nell’anima hanno necessità di insegnanti e tutori amorevoli. I centri di recupero per animali selvatici hanno un gran bisogno di volontari. Esempi a caso.

Di nuovo gli indiani d’America ci insegnano che il tentativo costante di raggiungere l’armonia si rivela educando i giovani a trattare con rispetto gli anziani, e gli anziani a cedere il loro potere alle generazioni successive preparandole al meglio per questo compito.
http://www.nativi.org/news/106-la-saggezza-della-vecchiaia.html

Gli Indiani – quelli d’India in questo caso – con lo Yoga dicono che la durata della vita è determinata non dagli anni vissuti ma dal numero di respiri compiuti. Quindi, se respiri lentamente vivrai più a lungo. Dedichiamoci al nostro respiro più che alle elucubrazioni sull’infelicità obbligata dalla vecchiaia.

Infine un ‘segreto’ davvero prezioso. Una ricerca svolta sui bimbi della prima infanzia ha stabilito che i soggetti che maggiormente manifestavano curiosità, stupore, meraviglia – per esempio osservando giochi di magia o piccoli trucchi ludici – maggiormente sviluppavano capacità cognitive e, in definitiva, capacità di affrontare la vita con soddisfazione nel proseguo della vita.
La vecchiaia, come si dice, è ridiventare bambini. Forse non dobbiamo fare altro che accettare proprio questo. E con questo accedere all’incanto: di osservare una farfalla in volo vicino a noi, sentire la pioggia sul viso, commuoverci per una musica struggente o la frase finale di un libro che ha rapito il nostro cuore. Fermarci a lungo a sentire il profumo del gelsomino. Chiudere gli occhi tenendo per mano una persona amata…

Sabato, 28 agosto 2021 – n° 31/2021

In copertina: immagine fotografica di Tom Andernach

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