martedì, Marzo 19, 2024

Notizie dal mondo

La rete mercenaria di violenza e di abusi dello Stato turco in Siria

Un report delle Nazioni Unite e una sentenza del Dipartimento di Giustizia Usa ne confermano i legami

testo e traduzione di Nancy Drew

Il 2 settembre scorso, l’Ufficio degli Affari Pubblici del Dipartimento di Giustizia statunitense rilascia un comunicato per informare della colpevolezza di un cittadino ex-combattente dell’ISIS, rimpatriato e dichiarato colpevole con l’accusa di terrorismo.

La questione dei foreigner fighters, che hanno combattuto a fianco del Califfato Islamico in Iraq e Siria, seppur ancora tutta da affrontare dagli innumerevoli Stati di provenienza dei mercenari – che spesso ‘fanno orecchie da mercante’ – sta muovendo alcuni timidi passi, tantoché anche negli Stati Uniti si è iniziato a rimpatriare e sottoporre alla giustizia soggetti che hanno avuto relazioni di collaborazione jihadista.

Il comunicato riporta quanto segue: “Omer Kuzu – un cittadino statunitense di 23 anni catturato dalle Forze Democratiche Siriane e tornato negli Stati Uniti attraverso l’FBI, dopo un periodo di cinque anni trascorso alla gestione delle comunicazioni per l’ISIS – è dichiarato colpevole di aver cospirato per fornire supporto materiale al terrorismo”.

“Il Dipartimento di Giustizia rimane impegnato a ritenere responsabili coloro che hanno lasciato il Paese per aderire e sostenere l’ISIS”, ha detto John C. Demers, Assistente procuratore generale per la sicurezza nazionale. “Siamo grati per il lavoro dei nostri partner stranieri e dell’FBI nel riportare Kuzu in questo Paese per affrontare la giustizia in un’aula di tribunale americana. Ci auguriamo che i Paesi di tutto il mondo, inclusi i nostri alleati e partner europei, si assumano anche loro la responsabilità dei propri cittadini che hanno viaggiato per sostenere l’ISIS.”

“Questo imputato, un cittadino americano radicalizzato sul suolo americano, ha giurato fedeltà a un brutale gruppo terroristico e ha viaggiato in mezzo mondo per attuare il suo programma”, ha detto Erin Nealy Cox, il Procuratore degli Stati Uniti per il distretto settentrionale del Texas. “Gli Stati Uniti devono fare tutto il possibile per prevenire e scoraggiare questo tipo di radicalizzazione e dare priorità al perseguimento di coloro che sostengono l’agenda terroristica dell’ISIS. Sono gratificato dal fatto che il signor Kuzu abbia affrontato la giustizia in un tribunale americano”.

Mentre sembra d’obbligo che ogni Stato rimpatri e giudichi, nei propri tribunali, l’appartenenza dei connazionali al Califfato Islamico, alcuni particolari del comunicato, anche se non troppo dettagliati, sembrano notevolmente rilevanti per comprendere l’iter burocratico, i movimenti geografici e le consuetudini ai quali sono andati incontro tutti, o una gran parte degli aspiranti mercenari jihadisti.

[….] Nelle carte di patteggiamento, Kuzu ammette che lui e suo fratello, Yusuf, sono partiti dal Texas per Istanbul, in Turchia, il 16 ottobre 2014. Si sono poi recati a Urfa (Sanliurfa), in Turchia, dove un ‘taxi dell’ISIS’ li ha prelevati e portati di nascosto attraverso il confine, in Siria. Sono stati infine sbattuti in una serie di ‘case d’attesa’ prima di finire a Mosul, in Iraq.

A Mosul, insieme ad altri 40 combattenti stranieri, i fratelli sono stati sottoposti a cinque giorni di addestramento fisico e militare guidati da istruttori dell’Isis. Sono stati poi inviati a Raqqah, in Siria, dove Kuzu ha iniziato a lavorare presso la direzione delle telecomunicazioni dell’ISIS.

Poco dopo – ammette Kuzu – ha promesso fedeltà, o “Bay’ah”, al leader dell’ISIS Abu Bakr al-Baghdadi e al Califfato Islamico. Gli sono stati, quindi, dati in cambio uno stipendio mensile, un AK 47 di fabbricazione cinese e una sposa dell’ISIS.

Le ultime due righe riportate sopra meritano di essere sottolineate e dettagliate: lo stipendio mensile percepito dai foreigner fighter o da chi si associ al Califfato comprova che chiunque – anche senza credere nella jihad islamica – avrebbe potuto aderirvi per il solo gusto di combattere e/o di uccidere, o per altre motivazioni personali; le armi e le abitazioni essendo fornite dal sistema, come si vedrà in dettaglio nell’inchiesta del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite; infine la circostanza infinitamente spietata, sia dal punto di vista teorico dei diritti umani violati, sia dal punto di vista della violenza su terzi, quella perpetrata ai danni di migliaia di donne rapite, vendute e costrette al matrimonio forzato, sia con i mercenari interni siriani e iracheni, sia con quelli provenienti da tutto il resto del mondo. Tra queste, ricordiamo le migliaia di donne e bambine ezida – della regione irachena dello Shingal, a ridosso dei confini siriani – ridotte in schiavitù entro i confini del Califfato – delle quali tuttora 2800 risultano disperse. Le cosiddette spose dell’Isis.

[….] Successivamente, Kuzu è stato inviato in seconda linea a Kobani e Hama, in Siria, per fornire supporto nelle comunicazioni ai combattenti dell’Isis in prima linea. Ha anche lavorato nel centro tecnologico del Califfato.

Nel marzo 2019, Kuzu è stato catturato dalle SDF, insieme a 1.500 sospetti combattenti dell’ISIS. È stato consegnato alla custodia dell’FBI, restituito al suolo americano e accusato di cospirazione per fornire supporto materiale all’ISIS.

Nei suoi documenti legali, Kuzu ammette di sapere che l’ISIS era stata designata come organizzazione terroristica straniera (FTO) e impegnata in attività terroristiche.

Ora rischia fino a 20 anni in una prigione federale. La condanna è fissata per il 22 gennaio 2021.

Sul fronte della tutela dei diritti umani, invece, ci si muove per indagare su chi violi le leggi del diritto internazionale nell’ambito della guerra siriana.

Difatti, entro i primi di ottobre, il Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni Unite sottoporrà all’attenzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il più recente report indipendente – richiesto dallo stesso Consiglio per i Diritti Umani a una Commissione esterna diretta da Paulo Sérgio Pinheiro – utile a investigare e a registrare tutte le violazioni del diritto internazionale per mezzo di un’inchiesta, che è proceduta per tappe successive e ha avuto inizio a marzo 2011 nella Repubblica Araba di Siria.

Il Rapporto della Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sulla Repubblica araba siriana, il numero 21, è un’inchiesta condotta nei primi sei mesi del 2020 – da mettere in agenda per la 45° sessione del Consiglio Generale – che si compone di 25 pagine, e cita nella prefazione: “Dall’inizio dei suoi lavori nel 2011, la Commissione ha prodotto oltre 20 relazioni su mandato. Inoltre, la Commissione ha prodotto 13 documenti per sale conferenze, documenti politici e documenti tematici su questioni quali la violenza sessuale e di genere, la detenzione e i diritti dei bambini nella Repubblica araba siriana. La Commissione ha anche informato oralmente il Consiglio dei diritti umani – circa tre volte all’anno – sul conflitto in Siria, oltre a informare il Consiglio di Sicurezza durante le sessioni di Arria Formula (meeting informale ONU per le questioni di pace e sicurezza). Il contenuto di questi rapporti e briefing ha delineato le violazioni dei diritti umani commesse in tutto il Paese da numerose parti e si è basato su interviste con oltre 8000 tra testimoni e vittime”.

L’attuale report che, verosimilmente, non sarà l’ultimo, dato che la questione siriana non sembra aver fine, è strutturato in differenti sezioni e articoli, divisi per argomento.

Di seguito riportiamo un estratto di articoli particolarmente interessanti dal punto di vista delle violazioni del diritto internazionale, ma in special modo per comprendere cosa stia sistematicamente accadendo dopo il 20 gennaio 2018 – principalmente nelle aree di Afrin e del governatorato di Aleppo – ovvero da quando le forze armate turche hanno condotto l’operazione militare nel Cantone a maggioranza curda di Afrin e nell’area di Tel Rifaat, nella Siria settentrionale, denominata in codice Olive branch/Ramoscello d’Ulivo, con l’obiettivo della conquista territoriale e della sostituzione etnica.

Milizie mercenarie affiliate all’Isis

Saccheggio e appropriazione di beni

47. In tutta la regione di Afrin, più resoconti indicano che i beni di proprietari curdi sono stati saccheggiati e confiscati dai membri dell’Esercito Nazionale Siriano in modo reiterato. Ad esempio, nel settembre 2019, i civili nel sottodistretto di Shaykh al-Hadid (della regione di Afrin) hanno descritto come i membri della Divisione 14, Brigata 142 (la Brigata Suleiman Shah) dell’Esercito Nazionale Siriano fossero andati di porta in porta istruendo le famiglie curde con meno di tre membri a lasciare le loro case – queste ultime utili ad accogliere persone che arrivavano da fuori. Altri sono stati costretti dai membri dell’Esercito Nazionale Siriano a pagare una ‘tassa’ sui raccolti agricoli o un determinato importo di affitto come condizione preliminare per rimanere nelle case di loro proprietà. Le famiglie hanno ricordato di avere subito estorsioni per un importo compreso tra LS (lire siriane) 10.000 e 25.000, a seconda dei loro mezzi e della capacità di pagare.

48. Sempre ad Afrin, nel dicembre 2019, un membro anziano di un’altra brigata dell’Esercito Nazionale Siriano è andato di porta in porta in un grande edificio residenziale, chiedendo la prova della proprietà solo agli abitanti curdi. Un residente, incapace di fornire tale documentazione, è stato costretto a comparire presso l’Ufficio di Sicurezza della brigata, dove è stato insultato verbalmente e gli è stato detto: “Se dipendesse da me, ucciderei ogni curdo da 1 a 80 anni”. È stato anche minacciato di detenzione. Temendo per la sicurezza della sua famiglia, l’uomo è fuggito poco dopo. A una donna che si è rivolta a funzionari turchi nel distretto di Sheikh Hadid per lamentarsi dell’appropriazione della propria casa è stato detto di parlare con la Suleiman Shah Brigade – alla cui autorità era stata apparentemente delegata, dalla Turchia, la trattazione di tali casi.

51. In un altro caso, la casa di una famiglia curda è stata confiscata dai membri della Divisione 22 (la Brigata Hamza) e, successivamente, trasformata in un istituto di studi coranici gestito da una ONG turca, la Fondazione per i diritti Umani e le Libertà – Sollievo. Il 22 giugno, alla sua inaugurazione era presente il governatore di Şanlıurfa (Turchia). Sono pervenute anche segnalazioni sull’uso di abitazioni civili per scopi militari da parte delle forze di terra turche nel villaggio di Dawoudiya. Ai residenti di Dawoudiya è stato impedito di tornare alle loro case, alcune delle quali sono state distrutte tra aprile e giugno, mentre altre sono state assegnate a scopi militari dalle forze armate turche (vedi allegato II).

Privazione illegale della libertà, tortura e maltrattamenti

53. Per quanto riguarda gli episodi di detenzione, i civili sia a Ra’s al-Ayn che ad Afrin sono stati spesso detenuti da membri dell’Esercito Nazionale Siriano per i loro presunti legami passati con l’Amministrazione Autonoma, e sono stati privati ​​dell’accesso all’assistenza legale e, in alcune occasioni, interrogati da funzionari turchi con l’assistenza di interpreti, prima o durante la detenzione. Nella maggior parte dei casi documentati dalla Commissione, i civili sono stati detenuti nella prigione centrale di Afrin o in un’unità sotterranea del quartier generale della polizia militare dell’Esercito Nazionale Siriano situato nell’edificio di un ex liceo commerciale ad Afrin. L’unità è composta da cinque celle più grandi e quattro di isolamento. Altri sono stati portati in luoghi di detenzione sconosciuti.

54. Durante la detenzione, i civili – principalmente di origine curda – sono stati picchiati, torturati, privati ​​di cibo o acqua e interrogati sulla loro fede ed etnia. Un ragazzo ha descritto alla Commissione come era stato arrestato dalla polizia militare dell’Esercito Nazionale Siriano nella città di Afrin, a metà del 2019, e trattenuto per cinque mesi nel quartier generale dell’Esercito Nazionale Siriano, prima di essere trasferito nella prigione centrale di Afrin e rilasciato nel marzo 2020. Durante la detenzione, erano presenti sia membri dell’Esercito Nazionale Siriano sia funzionari di lingua turca vestiti con divise militari. Il ragazzo è stato ammanettato e appeso a un soffitto. È stato quindi bendato e picchiato ripetutamente con tubi di plastica. Il ragazzo ha descritto come gli ufficiali lo abbiano interrogato sui suoi presunti legami con l’Amministrazione Autonoma. In un altro caso, nel novembre 2019, due donne sono state arrestate mentre tornavano alle loro case, dall’Esercito Nazionale Siriano – a un checkpoint controllato congiuntamente con i funzionari turchi, nella regione di Ra’s al-Ayn. Una delle vittime ha descritto come, durante l’interrogatorio, sia stata minacciata di stupro e picchiata sulla testa da membri dell’Esercito Nazionale Siriano, alla presenza di funzionari turchi. La Commissione ha inoltre ricevuto informazioni sulle operazioni di arresto congiunto avviate dalla polizia militare dell’Esercito Nazionale Siriano e dalle forze di polizia turche ad Afrin, comprese le unità forensi.

57. La Commissione ha anche ottenuto informazioni che indicano che i cittadini siriani, comprese le donne, che sono state detenute dall’Esercito Nazionale Siriano nella regione di Ra’s al-Ayn, sono stati successivamente trasferiti dalle forze turche in Turchia, incriminati per reati che sarebbero stati commessi nella Regione di Ra’s al-Ayn, ossia con l’accusa di omicidio o appartenenza a un’organizzazione terroristica, ai sensi del diritto penale turco.

58. Inoltre, la Commissione è preoccupata per le notizie secondo cui le forze dell’Esercito Nazionale Siriano stanno reclutando bambini da utilizzare nelle ostilità al di fuori del territorio della Repubblica araba siriana.

Dimostrazioni di civili contro le ingerenze turche


Violenza sessuale e di genere

59. La situazione per le donne curde rimane precaria. Dal 2019, le donne curde in tutte le regioni di Afrin e Ra’s al-Ayn hanno subito atti di intimidazione da parte dei membri delle brigate dell’Esercito Nazionale Siriano, le quali hanno generato un clima pervasivo di paura che, in effetti, le ha confinate nelle loro case. Donne e ragazze sono state anche detenute da Combattenti dell’Esercito Nazionale Siriano e sottoposte a stupro e violenza sessuale – con gravi danni fisici e psicologici a livello individuale, così come a livello di comunità, a causa dello stigma e delle norme culturali legate alle idee di ‘onore femminile’.

60. Durante il periodo in esame, sono stati documentati casi di violenza sessuale contro donne e uomini in una struttura di detenzione ad Afrin. In due occasioni, in un apparente tentativo di umiliare, estorcere confessioni e instillare paura nei detenuti maschi, gli ufficiali della polizia militare dell’Esercito Nazionale Siriano hanno costretto i detenuti maschi a testimoniare lo stupro di un minore. Il primo giorno il minore è stato minacciato di stupro davanti agli uomini, ma lo stupro non è proseguito. Il giorno seguente, lo stesso minore è stato stuprato in gruppo, mentre i detenuti maschi sono stati picchiati e costretti a guardare un atto che equivale a tortura. Un testimone oculare ha ricordato che i funzionari turchi erano presenti nella struttura il primo giorno, quando lo stupro è stato interrotto, suggerendo che la loro presenza potrebbe aver agito come deterrente. Un altro detenuto è stato stuprato in gruppo nella stessa struttura alcune settimane dopo questo incidente.

Concludiamo con alcune righe della giornalista Marina Pupella per Strumenti Politici, che riportano dettagli importanti: “I giovani di Idlib e Aleppo sono assoldati dalle milizie islamiste, aggregatesi alle forze turche, e mandati a combattere nell’inferno della Libia. Altre persone sono arrestate o rapite dalla brigata di Sultan Marad per essere poi trasferite in Turchia o riscattate: lo scopo è avere finanziamenti e addestrare nuovi miliziani. La Divisione Sultan Murad è dispiegata nelle aree sotto il controllo dell’esercito turco nella campagna settentrionale e nord-occidentale di Aleppo ed è considerata una delle fazioni dominanti in quel territorio, perché riceve sostegno diretto dall’esercito turco. …Ad Afrin, Sultan Murad esercita un controllo su tutto, anche del centro cittadino, che ospita la sede del Mit (l’intelligence turca), dei Lupi Grigi e delle ‘task force’.

In copertina: Miliziani a controllo del territorio.

Legenda:
Esercito Nazionale Siriano (NSA-National Syrian Arm): recente rimpasto dell’ex Esercito Siriano Libero con numerosi sottogruppi jihadisti, mercenari e collaboratori a seguito della Turchia.
Forze Democratiche Siriane (SDF- Syrian Democratic Force): reparti militari istituiti dai Curdi in Siria di Nord-Est.

Approfondimenti:
https://www.justice.gov/opa/pr/repatriated-isis-fighter-pleads-guilty-terror-charge
https://www.justice.gov/opa/pr/united-states-citizen-who-joined-isis-charged-material-support-violations
https://www.ohchr.org/EN/HRBodies/HRC/Pages/NewsDetail.aspx?NewsID=26237&LangID=E

https://anfenglishmobile.com/rojava-syria/afrin-human-rights-organisation-says-many-civilians-kidnapped-46563
https://anfenglishmobile.com/rojava-syria/villagers-in-intensive-care-have-been-thrown-from-army-helicopter-46669

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