sabato, Aprile 27, 2024

Notizie dal mondo

La falsa democrazia europea

Stragi di innocenti e diritti internazionali non osservati

di Nancy Drew

Il 3 ottobre del 2013, a poche miglia dalle coste di Lampedusa, il naufragio di un barcone, considerato in quel momento la più grande tragedia mai accaduta nel Mediterraneo, fece 368 vittime, in massima parte eritrei, donne, uomini e bambini. Il peschereccio era salpato da Misurata, in Libia, e davanti a Lampedusa prese fuoco e affondò. I sopravvissuti furono 155 e circa 20 furono valutati i dispersi. Vito Fiorino, trasferitosi a Lampedusa dopo molti anni vissuti a Milano, in mare all’alba con un amico per pescare, salvò circa 50 naufraghi e diede per primo l’allarme alla Capitaneria di Porto.

In seguito al drammatico evento, Enrico Letta, allora Presidente del Consiglio, decise di rafforzare a livello nazionale l’operazione Mare Nostrum, un insieme di operazioni di monitoraggio e soccorso ai barconi in arrivo in Italia dal Nord Africa, attuata dal 18 ottobre 2013 al 31 ottobre 2014 dalle forze della Marina Militare e dell’Aeronautica Militare italiane.

Lampedusa: monumento in memoria delle 368 vittime del naufragio del 3 ottobre 2013 Foto: ©Laura Sestini (tutti i diritti riservati)

Dal 2016, il 3 ottobre è la Giornata della Memoria e dell’Accoglienza, attraverso la legge 45/2016. La ricorrenza è stata istituita per ricordare e commemorare tutte le vittime dell’immigrazione e promuovere iniziative di sensibilizzazione e solidarietà. L’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, aveva preso posizione più volte a favore di questa iniziativa.

Solo dopo una settimana dalla tragedia di Lampedusa, l’11 ottobre 2013 ci fu un altro grave naufragio, già conosciuto come “la strage di bambini”, dove persero la vita 286 persone, di cui almeno 60 minori. In quell’occasione le autorità italiane competenti – IMRCC e CINVNAV – in contatto con le persone a bordo del barcone, avevano rifiutato di coordinare il soccorso e omesso di fornire informazioni complete alle autorità maltesi, responsabili per l’area SAR dove si trovava il natante, e ordinato alle proprie navi di allontanarsi dalla posizione dell’imbarcazione in distress, poiché la nave in pericolo si trovava fuori dalla zona SAR italiana. Infine, senza soccorso, il mezzo si capovolse e centinaia di persone persero la vita. Sul quel caso vennero imputati, per rifiuto di atti di ufficio e omicidio colposo, il responsabile della centrale operativa del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto con compiti di Soccorso, Leopoldo Manna, e del Capo sezione della sala operativa di CINCNAV (Comando in capo della squadra navale della Marina Militare), Luca Licciardi. La sentenza del Tribunale di Roma del 15 dicembre 2022, ha dichiarato la prescrizione dei reati contestati, il processo ha avuto molti ritardi e ci sono stati anche tentativi di archiviazione da parte della Procura, ma infine il verdetto, allo stesso tempo, non ha escluso la responsabilità degli imputati per quanto accaduto nel 2013.

Se guardiamo indietro, e si confrontano le politiche di soli pochi anni fa, appare evidente come le politiche migratorie comunitarie e italiane siano divenute sempre più stringenti, discriminanti, razziste, brutali, fino ad essere palesemente assassine, per i rimpalli di responsabilità tra gli Stati comunitari e le sempre più numerose omissioni di soccorso che si stanno succedendo una dietro l’altra, a Cutro, così come l’ultima al largo del Peloponneso, in Grecia, di cui tuttora si cercano centinaia di dispersi in mare, colpevole di un’immane strage di bambini, almeno cento, ben sapendo che i numeri sono sempre in difetto. Cento bambini fanno un intera scuola materna.

La Vecchia Europa in pochi anni si è trasformata in un pianeta alieno, senz’altro molto più a destra politicamente, un contesto aberrante di indifferenza umana, che tradisce tutti i presupposti di democrazia su cui si è basata la nascita dell’Unione Europea. Ciò non accade solo per i mancati soccorsi in mare, che vede sul podio Malta, regina dell’indifferenza, per il naufragio del 18 aprile 2015, quando un barcone con 1050 persone si rovesciò nell’area Sar maltese e solo 28 persone furono salvate, ma pure Grecia e Italia; anche le rotte di terra – balcanica e ispanica – falciano vittime e coinvolgono più Paesi, ma sono meno visibili e poco rilevate dai media.

Fenice F 557 era una delle otto corvette coinvolte nell’Operazione Mare Nostrum del 2013-14
Foto: LivornoDP – CC BY-SA 3.0

In Italia, il Decreto Cutro ha definitivamente mandato all’aria quel poco che di benevolo era rimasto nelle politiche per i flussi migratori verso l’Europa, a cui i numerosi governi, dal 2015 in poi, hanno non poco contribuito a peggiorarle, attuando respingimenti, istituendo Centri di permanenza e respingimento – CPR – e misure di accoglienza sempre più scadenti.

Mentre la Commissaria Ue per gli Affari Interni, Ylva Johansson, dopo il naufragio di Pylos, si è prodigata a condannare il ruolo dei “contrabbandieri” che caricano le persone sui barconi, sostenendo che “non li stanno mandando in Europa, li stanno mandando a morte. Questo è quello che stanno facendo ed è assolutamente necessario prevenirlo, l’Europa si rivela ancora una volta non coerente con i propri principi democratici, poiché prevenire va interpretato con il significato più ampio e netto di “bloccare” il fenomeno nel suo insieme.

L’8 e 9 giugno il Consiglio dei Ministri europeo ha discusso e approvato nuovi accordi sulle politiche migratorie comunitarie, i ricollocamenti, i Paesi terzi “amici” ove respingere chi non riceve l’asilo, e molto altro. In pratica, un numero maggiore di persone che arriveranno per cercare protezione in Europa saranno soggette a procedure di frontiera, piuttosto che vedere il loro caso esaminato da una normale prassi di asilo. L’uso esteso dell’iter di frontiera equivarrà a più persone nei centri di detenzione alle frontiere esterne e soggette a procedure di asilo al di sotto degli standard. Il rischio di detenzione sarà maggiore, i respingimenti aumenteranno, la lunghezza e la complessità delle procedure anche.

A due giorni dall’accordo europeo sulle nuove procedure di asilo, che dovrà comunque incontrare il consenso del Parlamento Europeo, la Presidente Meloni si è immediatamente recata per la seconda volta in Tunisia, insieme a Ursula von der Leyen e Mark Rutte, Primo ministro olandese, per parlare di flussi migratori in cambio di Euro che aiutino a fermare i migranti.

In sintesi, la Tunisia, che non versa da tempo in buone circostanze economiche, diverrà al pari della Libia e della Turchia un paese di sbarramento dei flussi? Fungerà da frontiera esterna ai confini EU? E poiché il Presidente tunisino Kaïs Saïed non ha nulla da perdere, può tirare maggiormente la corda, e nei fatti non ha accettato le prime proposte economiche europee, alzando la posta in gioco, nonché precisando che la Tunisia non accetterà mai di essere guardia di frontiera di nessun altro paese, né accetterà di ospitare immigrati sul proprio suolo. Qualcosa di più sensato è arrivato proprio dalle parole di Saïed, che ha richiesto la necessità di adottare un nuovo approccio al fenomeno dell’immigrazione irregolare, che elimini le cause piuttosto che insistere sui risultati numerici, auspicando a sforzi congiunti per porre fine al fenomeno, descritto come innaturale e disumano.

La visita europea in Tunisia ha generato un accordo ritenuto strategico, per un futuro partenariato, carico di speranze italiane, tra Tunisia e Unione Europea, che sosterrà anche le trattative di prestito, in corso da mesi, tra Tunisia e Fondo Monetario Internazionale.

Per approfondire: https://www.theblackcoffee.eu/pietro-bartolo-risponde-sulle-politiche-migratorie-europee/

Sabato, 24 giugno 2023 – n°25/2023

In copertina: La Porta d’Europa di Mimmo Paladino (2008) – Foto: ©Laura Sestini (tutti i diritti riservati)

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