venerdì, Marzo 29, 2024

Italia, Politica

Il Giorno della Memoria tra partecipazione, indifferenza e negazione

Che non diventi un rituale, ma un ricordo costante

di Ettore Vittorini

So’ tutt muert abbruciat”. Questa frase scritta in dialetto appartiene a uno studente di 18 anni dell’ISIS – Istituto Statale di Istruzione Superiore – di Ponticelli, un quartiere di Napoli, scritta in occasione del Giorno della memoria. Le quattro parole iniziavano e completavano il suo tema, assegnato dalla professoressa alla classe. Come commentare l’episodio: il ragazzo ha voluto manifestare la sua vocazione di ironico barzellettiere? O lanciare una sfida alla scuola? Oppure contestare un rituale che riteneva noioso?

La risposta potranno darla i suoi docenti. Speriamo bene per lui. Ma intanto l’europarlamentare napoletano – Forza Italia – ha già emanato una sentenza: ”Andrebbe bocciato senza indugi”. “Alla faccia del…”, avrebbe commentato Totò, suo concittadino.

La miglior soluzione sarebbe quella di dare al ragazzo un libro sulla Shoah, farglielo leggere per poi scriverne un ampio riassunto, ovviamente dopo avergli spiegato qualcosa su quanto accadde in quel giorno del gennaio 1945 e ancora prima. Un diciottenne, già con diritto di voto, è in grado di comprendere la differenza tra bene e male se glielo consente l’ambiente in cui vive, a partire dalla famiglia.

È giusto quindi che nelle scuole si affronti il tema della Shoah e non solo quello: le stragi nella storia del 1900 sono tantissime e dimenticate. Si parla raramente dell’eccidio di un milione e mezzo di armeni, cittadini turchi, durante la prima guerra mondiale per ordine del governo islamico di Istanbul.

Per quanto riguarda l’Italia, solo di recente si racconta la verità – sempre raramente – sulle stragi fasciste compiute contro la popolazione etiope e libica. In quest’ultima colonia 100 mila tra uomini donne e bambini, furono relegati in un enorme campo di concentramento nel deserto con poca acqua e cibo. Ne morirono la metà. Il governatore Rodolfo Graziani, esecutore degli ordini di Mussolini, non venne mai processato nel dopoguerra per questo, anzi oggi nel suo paese natale è stato eretto un mausoleo in sua memoria. Un film straniero sulla repressione italiana in Libia venne vietato addirittura dal governo del socialista Bettino Craxi.

Non basta educare i giovani con i viaggi ad Auschwitz o i temi in classe e alcune testimonianze, quando poi nelle famiglie e nelle Istituzioni trovano ignoranza e avversione verso quelle verità. Il pericolo che la memoria scompaia viene dagli adulti indifferenti, da nostalgici di quel passato che non hanno vissuto e dai negazionisti.

Per esempio un professore di diritto ed economia politica di un altro ISIS – il “Curie – Sraffa” di Milano – ha interrotto uno spettacolo teatrale sulla shoah. Il docente, Pietro Marinelli che accompagnava gli allievi allo “Spazio Teatro 89”, mentre un’attrice elencava il numero delle vittime dei nazisti, ha urlato dalla platea:” Questa è la vostra verità, dite solo quello che vi fa comodo; state gonfiando volutamente i numeri”. Alla attrice che ha risposto “questa è storia”, ha ribadito “questa è ideologia”. Poi ha lasciato la platea. Gli studenti e altri insegnanti hanno preso posizione contro Marinelli di cui conoscevano già le tendenze negazioniste, no-vax e di odio verso i gay. È il quadro completo di un mondo reazionario che in mala o buona fede respinge la realtà della storia.

Su questo atteggiamento molto esteso, è stata molto esplicita la senatrice Liliana Segre, deportata ad Auschwitz e scampata alla morte, quando ha affermato che “Il Giorno della Memoria è inflazionato, la gente è stufa di sentir parlare degli ebrei”. Ma pur mantenendo il suo pessimismo, giustamente lei continua a diffondere la sua testimonianza.

Quando Fabio Fazio l’ha intervistata vicino al famigerato Binario 21 della stazione centrale di Milano, ha fatto un racconto commovente che appartiene ormai alla storia e non all’ideologia. In quel racconto è impossibile per chi l’ha ascoltata dimenticare o ignorare anche il ritorno di Liliana vestita di stracci nella sua casa vuota di Milano; il portinaio che non l’ha riconosciuta e voleva mandarla via; i nonni e gli zii che ne hanno criticato l’aspetto malandato senza chiederne le cause.

Uno scenario simile viene narrato anche da Primo Levi – anche lui scampato dalla strage di Auschwitz – in “Se questo è un uomo”. I parenti, i vecchi amici non volevano sapere niente della sua esperienza di prigioniero. Difatti in Italia, tra l’opinione pubblica per anni non si è mai parlato di Auschwitz, di Bergen-Belsen, di Anna Frank e della shoah. Le scuole hanno completamente ignorato quel terribile periodo della storia del Novecento.

Ricordo che al liceo di Livorno, la maggior parte degli studenti ignorava le deportazioni, l’olocausto e l’esistenza dei lager. All’Università di Pisa tra le associazioni studentesche dominava la fascista FUAN. I docenti non ne parlavano mai, anche quelli di sinistra con la motivazione che “l’argomento non faceva parte del programma”.

Eravamo in pochi a “sapere”, come se fossimo appartenuti a una associazione segreta. In realtà avevamo letto il libro di Primo Levi e nelle nostre famiglie la storia del fascismo e del nazismo era ben presente. Quindi anche se può apparire come un anniversario scontato, un rituale da imporre, il Giorno della Memoria deve essere sempre ricordato come una testimonianza che rimanga impressa per sempre nelle menti di tutti.

Sabato, 4 febbraio 2023 – n°5/2023

In copertina: la grande lapide posta al binario 21 della Stazione centrale di Milano – Foto: Fondazione Memoriale della Shoah di Milano ONLUS

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