martedì, Ottobre 08, 2024

Le riflessioni della giraffa

E’ possibile evitare la guerra

L’invasione dei Mongoli nel Giappone del 1200

di Elisa Ciulli

Il Buddismo ha un’idea della vita fondamentalmente positiva.

Il suo messaggio centrale è che ogni individuo possiede una dignità e un potenziale infiniti. Nel Sutra del Loto, la scrittura riconosciuta nella tradizione di Nichiren Daishonin – fondatore del Buddismo giapponese vissuto in Giappone nel 1200 – come il più completo e importante insegnamento di Shakyamuni, fondatore del Buddismo vissuto in India circa 2500 anni fa, viene usata l’immagine di un’imponente torre ingioiellata per illustrare la bellezza, la dignità e la preziosità della vita stessa.

Se comprendiamo profondamente che la vita umana è il più prezioso di tutti i tesori, allora saremo in grado di valorizzare la nostra vita e quella degli altri. Da questa prospettiva risulta chiaro che la guerra, come estremo sopruso e crudeltà verso gli esseri umani, è totalmente e assolutamente da rigettare, e la pace dovrebbe essere il nostro obiettivo costante.

Se la società abbracciasse questa visione del valore della vita, prevenire la violenza e dedicarsi ad alleviare ogni forma di sofferenza diventerebbero le priorità assolute del genere umano, anziché l’accumulo di ricchezza e potere. Tutti quelli che si occupano di allevare, educare, curare e sostenere la vita – genitori, infermieri, medici e insegnanti – verrebbero trattati col massimo rispetto.

Ma la maledizione dell’umanità sta nell’incapacità di apprezzare e credere pienamente nel valore della propria vita e di quella degli altri. E anche se lo accetta in teoria, è estremamente difficile metterlo in pratica, quotidianamente. Quando ci imbattiamo in un amaro conflitto interpersonale possiamo ancora sentire in noi il veleno della gelosia e dell’odio, e il desiderio di far del male a qualcuno o che, in qualche modo, “sparisca”…..

Nel Giappone del XIII sec., durante la vita di Nichiren Daishonin, una serie di disastri naturali – terremoti, alluvioni, pestilenze e incendi – avevano devastato il paese. Le sofferenze della gente comune erano enormi. Nichiren era fermamente determinato a trovare la causa fondamentale di tutta questa infelicità, e per questo studiò e analizzò a fondo le credenze sulle quali si strutturava la società del tempo. Era consapevole che sebbene il paese proliferasse di templi e di preti buddisti, in qualche modo le loro preghiere non riuscivano a realizzare pace e sicurezza per la gente.

Egli sentì che il disordine evidente nel mondo rifletteva il disordine che regnava all’interno degli esseri umani.

La carestia sopravviene a causa dell’avidità, la pestilenza come risultato della stupidità e la guerra come risultato della collera. Il Daishonin era convinto che solo il Buddismo potesse fornire alla gente la forza per superare nel corso della loro vita questi veleni spirituali ma, come risultato di uno studio ad ampio raggio, egli concluse che il Buddismo, così come veniva praticato ai suoi tempi, stava incoraggiando una passività che rendeva le persone vulnerabili all’influenza di questi veleni piuttosto che dare loro la spinta per superarli.

Nichiren Daishonin rigettò chiaramente la convinzione prevalente che tutto ciò che il Buddismo poteva offrire fosse la speranza di un conforto dopo la morte, e che l’atteggiamento migliore da tenere verso la vita fosse quello di una paziente sopportazione. Egli credeva appassionatamente che il Buddismo, come insegnato all’inizio, avesse ben altro da offrire: la possibilità di ottenere felicità e realizzazione nell’esistenza presente, dando alla gente la forza per trasformare la stessa società in una terra ideale e pacifica.

Il suo trattato più importante, intitolato Rissho Ankoku Ron, letteralmente “Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese“, presentato al reggente politico del tempo nel luglio 1260, fu un richiamo appassionato a ritornare all’intento originale del Buddismo – assicurare la pace e la felicità della gente. Una funzione chiave dei preti del tempo era quella di pregare per la protezione dei governanti della nazione. In contrasto, il punto focale di Nichiren erano i cittadini comuni.

Nichiren Daishonin – dipinto del XIV – XV secolo, conservato al Tempio Principale della Nichiren Shu, Kuon-ji.

Nel Rissho Ankoku Ron, per esempio, per scrivere la parola “paese” scelse il carattere cinese che ha al centro l’ideogramma che significa “gente comune”, piuttosto che quello solitamente usato che mostra il Re nel suo dominio, o la protezione armata del dominio. In un certo senso, la preoccupazione del Daishonin si potrebbe definire come ciò che ora si intende con “la sicurezza dell’essere umano”. Come il presidente della SGI Daisaku Ikeda ha dichiarato in un’analisi di questo trattato «nel passato, “sicurezza” implicava soltanto la sicurezza della nazione […] Ma di che genere di sicurezza si tratta se, mentre lo Stato è protetto, la dignità e la vita dei singoli cittadini vengono minacciate? Attualmente, la visione prevalente di sicurezza non è più incentrata sullo Stato ma piuttosto sull’essere umano».

Nichiren Daishonin comincia il suo Trattato descrivendo il disordine che vedeva intorno a sé. «Più della metà della popolazione è stata falciata dalla morte e non c’è una persona che non pianga almeno un lutto in famiglia» (RSND, 1, 6). La sua prima motivazione era una straziante empatia per le sofferenze della gente. Egli aveva fatto voto di condurre se stesso e gli altri all’Illuminazione, e questo voleva dire lottare per risvegliare e incoraggiare le persone ad affrontare il loro destino. La sua schietta determinazione gli fece guadagnare una reputazione controversa che persiste ai nostri giorni. «Non posso tacere – scrisse – non posso nascondere i miei timori» (RSND, 1, 7).

In termini di azioni concrete, Nichiren incitava i politici del tempo a smettere di proteggere ufficialmente o favorire le sette e ad aprire pubblici dibattiti in merito alle diverse scuole di Buddismo. A livello personale, chiamò i governanti «a cambiare i princìpi su cui si basa il vostro cuore» (RSND, 1, 26). In termini odierni ciò significa trasformare noi stessi e le nostre convinzioni più radicate circa la natura della vita.

Commentando la natura di questa trasformazione, il Presidente dell’SGI Daisaku Ikeda dice: “Ciò che conta è che lo spirito della grande filosofia di pace esposta nel Sutra del Loto (con il suo insegnamento che tutte le persone sono dei Budda) pervada l’intera società. A livello sociale, ‘stabilire l’insegnamento corretto’ vuol dire stabilire i concetti della dignità e della santità della vita umana come i princìpi che reggono e muovono la società.” (dal sito dell’Istituto buddista italiano Soka Gakkai)

Nello stesso trattato Nichiren ammonisce i governanti: continuando a sostenere i falsi maestri di Buddismo che non hanno a cuore il bene del popolo ma solo interessi personali, ovvero, se i concetti della dignità e della santità della vita umana non sono messi alla base della società, si verificheranno altre catastrofi cioè la guerra civile e l’invasione straniera.

In effetti così fu.

Pochi anni dopo la stesura e la presentazione di questo Trattato ci fu in Giappone l’invasione straniera da parte dei Mongoli.

Dopo qualche anno Nichiren Daishonin, che era stato perseguitato ed esiliato più volte, fu convocato dal governo per avere indicazioni sul prossimo attacco da parte dei Mongoli.

In base a tutto questo è dunque possibile prevedere le guerre e sarebbe anche possibile evitarle.

Le predizioni fatte da Nichiren Daishonin non hanno niente di magico ma sono basate sulla saggezza e sulla compassione di un uomo semplice che aveva a cuore la felicità di ogni persona.

Sabato, 3 febbraio 2024 – Anno IV – n°5/2024

In copertina: battaglia tra Mongoli e Giapponesi – dipinto di  Mōko Shūrai Ekotoba 蒙古襲来絵詞 (circa 1293)

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