sabato, Aprile 20, 2024

Italia, Politica

Dopo quasi dieci anni riappare il Cnam – Consiglio Nazionale per l’Alta Formazione Artistica e Musicale

Dove eravamo rimasti con le istanze per l’insegnamento delle Arti?

di Laura Sestini

Il CNAM è un’Istituzione che funge da think thank relativamente all’alta formazione delle materie artistiche e musicali italiane – punto di incontro delle rappresentanze di docenza e degli studenti delle Accademie di Belle Arti e dei Conservatori di Musica con il Ministero dell’università e della ricerca. Il Consiglio viene eletto allo scopo di ascoltare le voci dirette di coloro che entro questi ambienti altamente professionalizzanti – fucina di artisti e dei musicisti del futuro – ci lavorano, ci insegnano e ci studiano, scorgendone anche le criticità da risolvere.

Istituito nel 1999 con la legge 508, Il Cnam si dovrebbe rinnovare ogni quattro anni ma, immotivatamente è rimasto in silenzio dal 2013 – saltando due rinnovi. Finalmente tramite un decreto apposito di luglio 2021 viene indetta una nuova tornata elettiva tenutasi ad ottobre. Entro le questioni che le Accademie ed i Conservatori portano in discussione al Cnam, ci sono tematiche bloccate dal varo della legge 508 sopracitata, ovvero 21 anni. Mentre per l’iter burocratico delle elezioni, della nomina degli eletti e di convocazione per l’insediamento del neoeletto Consiglio – prevista per il 28 aprile – son volati via altri nove mesi. Per riallinearsi, quindi, dovranno essere fatti passi da gigante.

Le lotte delle Accademie e dei Conservatori contro la politica poco attenta, si sono ormai stratificate nei molti anni del lentissimo cammino, dove i differenti interessi delle parti sono stati inclusivi di recriminazione professionale e sindacale dei docenti e del personale degli Istituti, nonché delle istanze degli studenti.

Per comprendere meglio quali siano le misure più urgenti per le riforme da attuare abbiamo chiesto di raccontare questo lungo percorso ad alcuni docenti delle Accademie di Belle Arti di Lecce, Reggio Calabria e Venezia – rispettivamente nelle persone di Grazia Tagliente, Andrea Leuzzo e Saverio Simi de Burgis, che ben conoscono le differenti fasi dei casi portati sui tavoli della politica e dei sindacati.

ll Cnam è stato ‘bloccato’ per ben nove anni, dopo esser decaduto nel 2013. Quindi è un ente ad attività temporanea?

Grazia Tagliente – Sicuramente è un Ente che accompagnerà l’AFAM – Alta Formazione Artistica e Musicale verso l’integrazione nel sistema Universitario. Poi si vedrà.

Saverio Simi de Burgis – Purtroppo il silenzio è stato totale: la comunicazione in questo ambito di ricerca è ancora poco attenta, anche se le questioni sarebbero abbastanza semplici. Con le nuove nomine auspichiamo ad un percorso molto più celere per la riforma e la risoluzione delle criticità.

Andrea Leuzzo concorda con le tutte le risposte dei colleghi.

Per quale motivo – o con quali scuse – nel Paese che detiene più opere d’arte al mondo, un organo consultivo ministeriale come il Cnam, che ha il polso reale della formazione e dei nuovi movimenti creativi, rimane dimenticato nel cassetto del Ministero?

G.T. – La risposta a questo non è univoca se pensiamo che nell’ultimo decennio la stabilità del Governo centrale è stata messa a dura prova da più fronti sia endemiche (Governi nati senza il suffragio universale) che esterne (crisi economica, pandemia).

S.S.d.B. – Di questo finalmente se ne è reso conto anche il Ministero, anche se ampiamente in ritardo; ma non basta aver preso coscienza, è necessario andare velocissimi verso una soluzione di un problema che si trascina da molti anni, almeno da quando abbiamo avuto il riconoscimento di status universitario con la vecchia riforma, la legge 508 del 1999. Sono passati 21 anni.

Il nuovo Consiglio si è rinnovato anche nei membri che ne fanno parte, o si ritrovano i ‘soliti noti’?

G.T. – I soliti noti sono parte di un sistema di relazioni radicato non soltanto nel Cnam anche se in questa tornata ci sono dei ‘cigni neri’ su cui dirigere l’attenzione e programmare una visione.

S.S.d.B. – Non si deve puntare a rafforzare le proprie posizioni personali, bensì lavorare tutti insieme per le finalità comuni e raggiungere gli obiettivi come forze studentesche, organico, docenti, ma anche Ricerca, metodo di valutazione e tutto quello che l’Università ha già da tempo ‘conquistato’. A mio avviso tutta la questione principale ruota intorno a questo quid pro quo appena descritto, che ad alcuni non ha permesso – tra le tante incompatibilità – di sostituire i ‘soliti noti’ al Cnam. Il fatto che il Consiglio per questi anni non sia stato rieletto come avrebbe dovuto, di fatto ha rafforzato la linea dei soliti nomi, che non hanno operato né male, né bene, soprattutto è stato fatto pochissimo, rispetto ai nove anni trascorsi. Il nuovo Consiglio non si compone, quindi, dei soliti noti, nonostante l’eccezione di Andrea Leuzzo, oggi docente all’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria – e negli anni ’90 nel Movimento della Pantera, dall’omologo istituto a Firenze – che nel Cnam aveva già rappresentato gli Studenti.

Grazia Tagliente – docente all’Accademia di Belle Arti di Lecce e membro del CNAM
Foto: (tutti i diritti riservati)

Negli ultimi nove anni il mondo ha acquisito una velocità vorticosa nella comunicazione di cui il linguaggio delle arti fa parte. Il neo eletto Cnam avrà molto da lavorare per recuperare un minimo di standard temporale?

G.T. – La questione del linguaggio riguarda l’acquisizione di un lessico operativo che il mondo del digitale richiede e di cui la comunicazione è solo un’aspetto. Si tratta di mettere in discussione critica fattori fondanti della società umana come la memoria, l’identità e la definizione di una nuova etica post-capitalistica.

S.S.d.B. – Si deve fare un passo da gigante, tant’è che anche le equivalenti Istituzioni straniere sono università riconosciute a tutti gli effetti da molto tempo. Il Paese della cultura e dell’arte è rimasto spaventosamente indietro e deve assolutamente recuperare. Menomale che con il Ministro Gaetano Manfredi è stato fatto moltissimo, ed anche al Ministero è stato impresso un nuovo assetto, immettendo nuove forze. Ciò che non è stato fatto in 21 anni, alla fine lui è riuscito a farlo in qualche mese. Da professore universitario quale è Manfredi – anche ex Magnifico Rettore e Presidente del CRUI – Conferenza Rettori delle Università Italiane – ha avuto l’intelligenza di sapere come muoversi.

In Italia, entro le Accademie, non tutti i docenti sono equiparati ai loro colleghi che insegnano nelle Università materie più letterarie. A che punto è la discussione politica su questa battaglia sindacale?

G.T. – La battaglia sindacale si conduce sul campo dell’economia, credo che sia cruciale spostare l’asse di attenzione sul campo della Ricerca.

S.S.d.B. – L’assurdità maggiore nell’ambito delle Accademie di Belle Arti consiste nel fatto che siamo una struttura universitaria, con un’utenza studentesca proiettata verso quella direzione, quindi parliamo ‘impropriamente’ di lauree, mentre invece si rilasciano diplomi equipollenti alle lauree.

Di fatto abbiamo anche un organico inquadrato e contrattualizzato come nella Scuola media superiore. Questa è una delle più evidenti incongruità che ritroviamo nell’ambiente delle Accademie e dei Conservatori. Legalmente non torna questa differenza di equiparare un insegnamento che svolge funzioni universitarie per poi inquadrare e retribuire l’organico come ad una scuola di livello inferiore. A differenza dei docenti universitari, i docenti del comparto AFAM sono contrattualizzati tramite CCNL ed usufruiscono della mediazione dei sindacati del settore, ma sono inseriti nello stesso ‘calderone’ delle altre figure lavorative, come bidelli, impiegati amministrativi, ecc.

Non è una questione venale e retributiva, ma è come avere la testa nella Scuola media superiore ed i piedi nell’Università. Anche gli studenti dovrebbero ribellarsi, non si può parlare di lauree e poi effettivamente rilasciare diplomi equipollenti. Dovrebbero essere indiscutibilmente lauree, come nel resto d’Europa.

La contrattualizzazione, poi, non dovrebbe uno strumento sindacale per la docenza nelle Accademie e nei Conservatori, che necessita invece di una libera docenza garantita come nelle Università. Se raggiungeremo il settore pubblicistico – come i magistrati, il personale diplomatico, gli universitari – non avremo più bisogno dei sindacati. Alcuni sindacati non vorrebbero uscire dalla contrattazione, dando varie possibilità di soluzione: raggiungere l’equiparazione con la docenza universitaria, attraverso la contrattazione, anche se è difficile entrare nel merito delle competenze dei docenti universitari per compararne anche le retribuzioni – come abbiamo già sottolineato – pur rimanendo in ambito di contratto sindacale della Scuola media superiore. Un’altra proposta è rimanere nella contrattazione avvicinandosi ad alcuni ambiti della Ricerca che sono già contrattualizzati e divisi su tre livelli, il cui primo è molto elevato anche come compensi retributivi, sicuramente più vantaggioso rispetto al livello inferiore di insegnamento a cui siamo afferenti. Naturalmente dipende anche da quanti fondi ci saranno a disposizione, metodologia valida anche per le Università.

Il PNRR ha previsto maggiori incentivi alle Accademie? Per il rinnovo delle attrezzature, od anche solo mirati agli ambienti di studio, spesso datati e fatiscenti?

G.T. – Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha già incrociato i bisogni delle Accademie Italiane durante il primo periodo della pandemia con incentivi alla digitalizzazione e alla messa in sicurezza degli spazi didattici. Il prossimo futuro ci vede coinvolti nella delicata fase di progettazione di una visione comune in cui l’amministrazione, il corpo docente e gli studenti sono chiamati a prendere coscienza delle opportunità che riguardano il presente, ma richiede uno sforzo nel pensare di raccogliere i frutti negli anni a venire. Una mappatura dello stato attuale di tutte le Accademie sarebbe un primo passo per poter organizzare interventi mirati, mentre una rivoluzione nella coscienza di ogni partecipante – nel mettere sulla bilancia dell’azione artistica e culturale il valore del nostro patrimonio in relazione al valore dei nuovi linguaggi – è un atto dovuto verso le nuove generazioni di studenti.

Andrea Leuzzo – docente all’Accademie di Belle Arti di Reggio Calabria e membro del CNAM
Foto: Paolo Ferraina (tutti i diritti riservati)

Quali sarebbero le richieste più urgenti del comparto di alta formazione artistica da mettere in agenda del Mur – Ministero Università e ricerca?

G.T. – Le richieste che andrò a proporre fanno parte del programma elettorale riassunto in sei punti chiave:

  • La nuova bellezza. Inclusione e cooperazione tra tutte le Istituzioni Afam con una sintonia d’intenti nazionale per rispondere alle sfide dell’Europa e del mondo.
  • L’Arte è ricerca. Attivazione dei dottorati di ricerca, anche in funzione della partecipazione ai Bandi PRIN (Piano straordinario di investimenti nell’attività di ricerca).
  • L’esperienza è valore. Per tutti i docenti, possibilità di estensione del limite dell’acquiescenza a settant’anni come previsto per i professori ordinari dell’Università.
  • L’unicità della creazione. Le Accademie hanno il compito di conservare e rinnovare la tradizione del più grande patrimonio artistico mondiale attraverso la pratica laboratoriale.
  • Il testimone agli studenti. Le nuove generazioni di studenti disegnano una mappa psicogeografica della condizione del pianeta: l’arte è un bisogno costante e universale.
  • L’AFAM è Università. Collocazione nell’ambito universitario per il titolo di laurea agli studenti e per il trattamento delle retribuzioni economiche ai docenti.

S.S.d.B. – Per fortuna Manfredi ha preso in mano questa delicata situazione, dal precedente ministro Fieramonti, ed ha risolto dove maggiormente sorgevano delle criticità – come lui stesso le ha definite. In primis ha lavorato sulle cosiddette ‘seconde fasce’ di insegnamento, una questione anomala del sistema in cui nelle Accademie esistono due livelli di docenza per sole otto materie, ed una sola nei Conservatori. Alle Università i professori associati sono invece reclutati per tutte le materie. Una distorsione nella valutazione delle docenze che Manfredi ha ritenuto dover risolvere una volta per tutte, riconoscendo le dovute professionalità di quei docenti che sono stati danneggiati a lungo da questo sistema, ruoli che finalmente potranno essere gestiti nella maniera appropriata.

Nei Conservatori in particolare succedeva che tutti erano docenti di prima fascia, ma alcuni venivano considerati ‘accompagnatori al pianoforte’, una mostruosità che nessuno ha mai evidenziato come doveva essere. Oltretutto la maggior parte dei docenti che insegnano ai Conservatori, ma pure alle Accademie, non ha mai frequentato l’Università; a loro volta hanno imparato nelle medesime Istituzioni. Anche la futura possibilità di intervento del nuovo Cnam sarà efficace in base a quanto lavorerà il Ministero, per dibattere tutte le problematiche che sono tuttora in essere nelle Accademie e nei Conservatori, ed ancora irrisolte. Qui ci vuole una legge, ci vuole la politica, che adegui le docenze una volta per tutte, ed è proprio questa che finora ha apportato gli interventi più significativi.

Poi c’è anche la questione della Ricerca, i progetti del PRIN – Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale – dove le Accademie partecipano ma ancora non rientrano nelle assegnazioni dei fondi.

Invece, le Accademie che hanno progetti di Ricerca dovrebbero avere voce in capitolo, perché è Ricerca specifica, non scientifica come nelle Università, anche se possono esserci alcuni aspetti in comune. Ciò vale anche per i Conservatori, dove andrebbe attivato lo stesso meccanismo di Ricerca specialistica. Queste argomentazioni si ritroveranno nell’assemblea consultiva del Cnam, anche se da voci di corridoio sembra che il Ministero già abbia un piano di lavoro a tappe, tracciato dal ministro Manfredi, che va proprio in questa direzione.

Come sono organizzati, in generale, i Paesi europei per la formazione artistica? Più all’avanguardia rispetto all’Italia o più standard, con proposte disciplinari di base?

G.T. – L’Europa è una costellazione di nazioni ciascuna con le sue sub identità regionali, pertanto è complicato mettere in relazione l’efficienza della formazione artistica italiana con una più generale interpretazione della formazione artistica europea – e questo lo sanno bene gli studenti che utilizzano mobilità Erasmus. Abbiamo delle differenze in termini di organizzazione e prospettive già dentro la nostra nazione per ovvie ragioni geografiche; quando ci spostiamo in Europa bisogna prendere in considerazione una per una le varie nazioni. Più in generale mi sento di dire che quando sono i nostri studenti a spostarsi verso l’Europa vengono sempre apprezzati per la loro specifica ‘italianità’.

Quanti anni rimane in carica il Consiglio nazionale e quante delle proposte che suggerirà al Ministero si vedranno realizzate? Tra i differenti Cnam, nel tempo c’è stata continuità di intenti, oppure chi arriva dopo ‘spazza’ via le idee dei predecessori, come avviene spesso nei Governi che si succedono?

G.T. – Il Consiglio nazionale appena formato durerà in carica quattro anni. Essendo un outsider ritengo che quattro anni siano un tempo giusto per misurare le opportunità, mentre spero in una riconferma per iniziare a costruire.

S.S.d.B. – Da pochi mesi Manfredi è divenuto sindaco di Napoli, quindi l’idea di riforma da lui pianificata dovrebbe essere attuata da Maria Cristina Messa – a lui subentrata come Ministra. Per esempio, uno dei nodi da sciogliere nel settore era l’età di pensionamento dei docenti universitari, questione già risolta con la possibilità di insegnare fino a 70 anni. Un’altra criticità è il riconoscimento delle Accademie come Istituti statalizzati, processo già in atto.

Durante gli anni in cui il Cnam non è stato rinnovato, esisteva comunque un Consiglio?

S.S.d.B. – Si, tra i docenti delle varie Accademie c’erano coloro che hanno accettato di partecipare alle elezioni del Consiglio, eventualmente per diventare membri dell’attuale Cnam, e sono state tentate varie strade per ottenere quello che ci si prefiggeva, con il fine prioritario di ottenere un definitivo status di universitari. Mancando ancora il Decreto sul reclutamento, nei Conservatori, ma anche nelle Accademie, sussisteva una certa politica clientelare, talvolta utilizzata dai Direttori soprattutto sui precari. In mancanza del Cnam esisteva una Commissione composta da alcune figure che avevano acquistato credibilità all’interno del Ministero e fungevano da Consiglieri del Ministro.

A destra Saverio Simi de Burgis – docente all’Accademia di Belle Arti di Venezia (con il collega Marco Pellizzola)
Foto: (tutti i diritti riservati)

A proposito di Storia dell’Arte

Saverio Simi de Burgis – Le modalità di votazione per questo CNAM sono cambiate, si vota per collegi. Io ho sempre insistito invece per avere rapporti con i colleghi di tutte le discipline ed artisti che insegnano nelle Accademie, quindi non essere solo interfacciati con chi insegna – come me – Storia dell’Arte. Questo caratterizzerebbe anche l’insegnamento della Disciplina – che in realtà si chiama Stile, storia dell’arte e del costume – dove non sussistono conoscenze specialistiche come nelle Università, insegnamento peraltro – secondo me – in parte in crisi, fin dai tempi che ha raggiunto il suo apice con Giulio Carlo Argan, Federico Zeri, fino a Vittorio Sgarbi di 30-40 anni fa.

I tempi sono molto cambiati da allora: prima c’era una forte specializzazione, Argan stesso sosteneva che non ‘si poteva insegnare l’arte’, ma era necessario confrontarsi costantemente con gli artisti per entrare in contatto con ‘la creatività del fare’, per non lasciare l’insegnamento alla pura teoria. Non tutti la pensano come me, ma considero il nuovo Consiglio una grande occasione per rinnovare anche la Storia dell’Arte all’interno non solo delle Accademie, ma anche delle Università, restituendo alla materia un senso ed un valore anche in direzione antropologica, sociologica, psicologica e di comunicazione. La Storia dell’arte ha tante diramazioni, quindi quale luogo migliore delle Accademie dove siamo a diretto rapporto con gli artisti, ed anche con gli studenti che si proiettano in quel ruolo? La Storia dell’arte non si può ghettizzare solo tra gli storici dell’arte, quindi è una occasione per imprimergli un senso più rinnovato.

La Disciplina è entrata nelle università grazie a Giovanni Battista Cavalcaselle e Adolfo Venturi, mentre antecedentemente era dominio di coloro che insegnavano nelle Accademie – dal Vasari in poi, vissuto nel XVI° secolo. Cavalcaselle non amava i suoi professori all’Accademia di Venezia dove era iscritto, perché non ammetteva che si insegnasse la materia sulle opere del passato e che le si maltrattassero lavorandoci sopra. Cavalcaselle era anche un attivista politico – tra i maggiori promotori delle lotte risorgimentali del nord Italia – e dovette riparare all’estero perché fu cacciato dagli Austriaci. In pratica visse da esule per diversi anni, dando però una continuità di ricerca alle sue tesi sull’arte. Lavorò molto con il disegno, suo talento, riempendo libri ed archivi con i suoi schizzi. Una volta tornato in Italia, dopo il 1871 ebbe cariche politiche all’interno del nuovo Stato italiano, e si diede da fare per la nascita della Sovrintendenza (attualmente Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio) – esautorando tutta la serie di accademici, pittori, letterati che maltrattavano le opere dentro i musei e le Gallerie annesse alle Accademie – con la volontà di portargli via il potere di controllo che questi avevano sulla Storia dell’arte, ed attribuendola agli Storici dell’arte. L’istituzione della prima cattedra di Storia dell’arte avvenne nel 1900 all’Università La Sapienza di Roma con Adolfo Venturi, un percorso che poi si è sviluppato fino a giorni nostri, ma facendo un giro a ritroso, tornando quasi al punto di partenza.

Lettera di convocazione del CNAM

Sabato, 23 aprile 2022 – n° 17/2022

In copertina: la sede dell’Accademia di Belle Arti di Venezia – Foto: Abxbay – Licenza CC BY_SA 3.0

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