martedì, Aprile 30, 2024

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Nove anni dall’omicidio irrisolto di Chokri Belaïd

A Tunisi ogni mercoledì si manifesta per chiedere giustizia

di Laura Sestini

Sono passati ben nove anni dalla mattina del 6 febbraio 2013, quando l’avvocato e politico tunisino Chokri Belaïd venne ucciso in un agguato armato davanti alla sua abitazione di El Menzah, quartiere della capitale Tunisi, in procinto di salire in auto per andare al lavoro. Dei colpi di pistola da distanza ravvicinata lo ridussero in fin di vita – perito poco dopo l’arrivo in ospedale.

L’odore delle proteste del 2011, la cosiddetta rivoluzione tunisina che aveva portato alla destituzione di Zine El-Abidine Ben Ali, era ancora nell’aria, ma nel breve frangente si erano consumate le prime elezioni libere – il 23 ottobre del 2011 – per votare l’Assemblea Costituzionale. Allora al potere era passato in maggioranza il partito di ideologia islamica Ennahdha, il cui leader è Rachid Ghannouchi, politico e partito spesso tacciati di corruzione e responsabili dell’infermità governativa, oltre che di deriva islamista per voce dei partiti laici di opposizione. Sì, perché Ennahdha ha presieduto – per numero di deputati – la maggioranza dei Governi tunisini, otto in totale, quasi uno all’anno, dopo la caduta della dittatura durata 23 anni, e le manifestazioni popolari del 2011.

Questa precarietà politica è andata avanti fino a quando il Presidente Kaïs Saïed, il 25 luglio scorso ha deciso repentinamente di sigillare il Parlamento e decretare una specie di stato di emergenza soft.

E’ chiaro che la Tunisia è un Paese in difficoltà economica ancor prima della pandemia; con l’arrivo dell’emergenza sanitaria ancor più si sono esacerbate le questioni politiche, sociali, lavorative, giuridiche, di corruzione e di malcontento popolare da risolvere. In questi due anni le contestazioni popolari sono state una costante, alcune anche molto violente con edifici dati alle fiamme, e migliaia di arrestati, tra cui 600 minori, di cui le famiglie per alcuni giorni non ebbero più notizie.

Il colpo di spugna di Saïed – auspicando che riesca ad invertire la rotta, viste le proroghe, l’annuncio di un referendum popolare per rinnovare la Costituzione fissato per luglio, e la promessa di elezioni politiche a fine del 2022, nonché la nomina di un nuovo Primo Ministro donna, già di per sé una sorprendente svolta storica – sembra voler ricominciare tutto daccapo. Tra le ultime azioni presidenziali la decisione di scioglimento del Consiglio Superiore della magistratura, considerata come sede stessa di corruzione ed imparzialità, collegate alla politica e viceversa.

Ad ogni mossa di Saïed – che ricordiamo essere un docente universitario di diritto costituzionale e senza aver mai militato in politica, nel 2019 aveva sbaragliato tutti i suoi avversari – seguono manifestazioni pro e contro, mentre i magistrati già hanno annunciato che non lasceranno i loro posti.

Chokri Belaïd (al centro) partecipa ad una manifestazione contro la violenza politica radicale, tre mesi e mezzo prima di essere colpito a morte.
Foto: Manuela Maffioli© (tutti i diritti riservati)

Ebbene, pure Chokri Belaïd era un uomo di legge, avvocato ed impegnato in politica fin dai tempi degli studi universitari; e chissà cosa penserebbe oggi della situazione politica del sua Tunisia, una decade dopo – quasi – dalla sua scomparsa. Siamo certi che non sarebbe sorpreso; d’altronde i primi ad essere accusati del suo assassinio – in stile mafioso, nella stessa modalità-fotocopia che toccherà pochi mesi dopo all’altro leader politico di opposizione laica e di sinistra Mohamed Bramhi, con una decina di colpi di pistola – furono proprio soggetti appartenenti a Ennhadha. Fu la famiglia di Belaïd, il fratello Abdelmajid, la moglie Basma Khalfaoui, avvocatessa anche lei, il padre, che avevano indicato come mandanti dell’omicidio Ghannouchi e altri componenti del partito islamista. Ma se il mandante non è stato ancora focalizzato, ed il processo è quasi immobile poiché in questi anni sono cambiati ben cinque magistrati a condurre le indagini e spariti importanti incartamenti dai fascicoli, il movente è condiviso da tutti coloro che da nove anni ogni mercoledì manifestano davanti al Teatro Municipale di Tunisi – o nelle vicinanze del Ministero dell’Interno – per sapere la verità e chiedere giustizia di questo omicidio politico annunciato.

Belaïd era il segretario e tra i fondatori – dopo pochi mesi dall’inizio della rivoluzione nel 2011 -del Movimento dei patrioti democratici (MPD), partito politico che richiama al marxismo e al panarabismo. Poco dopo Belaïd guiderà l’unificazione del MPD con il Partito del Lavoro Patriottico e Democratico (PLPD), che entrerà a far parte del Fronte Popolare, alleanza di un gruppo di partiti a sinistra.

All’epoca dell’assassinio, il Governo è guidato da Hamadi Jebali di Ennhadha, partito e politiche che Belaïd critica continuamente attraverso il suo partito all’opposizione, argomentando in maniera trasparente e culturalmente consapevole le sue visioni per aprire una via politica alternativa alla Tunisia, e condannando tout-court i numerosi episodi di violenza causati dai militanti politici radicali nel Paese. Il politico, laico e di sinistra come Brahmi, da tempo riceve continue minacce. Ne aveva ricevuta l’ultima la sera prima di morire.

A seguito della morte si accende una grande e violenta contestazione popolare entro cui diverse sedi di Ennhadha, in differenti città, vengono date alle fiamme. Per il giorno del suo funerale viene decretato lo sciopero generale nazionale dal più importante sindacato dei lavoratori UGTT.

Il corteo funebre sarà accompagnato da circa un milione e mezzo di persone.

Funerali di Chokri Belaïd, 8 febbraio 2013: da sinistra verso destra la moglie Basma Khalfaoui , la figlia, l’allora presidente dell’ordine degli avvocati, Chawki Tabib, l’allora segretario generale del’UGTT, Houcine Abbassi, e in primo piano il padre. Foto: Manuela Maffioli© (tutti i diritti riservati)


La morte di Chokri Belaïd non è dimenticata e chiede verità, tantoché, mentre il Presidente Saïed ha sciolto il Consiglio Superiore della Magistratura ed è volato a Bruxelles per partecipare al summit Unione Europea – Unione africana – e qualcuno lo allerta ironicamente che in sua assenza dalla Tunisia potrebbe attuarsi un colpo di Stato – dalla Francia arriva una lettera di sostegno alle sue azioni contro la negligenza dei magistrati tunisini. L’avvocato Philippe de Veulle – legale delle vittime francesi dell’attentato terroristico dello Stato Islamico al Museo del Bardo di Tunisi nel 2015, dove si ricorda morirono 24 persone di molte nazionalità diverse – nella sua missiva cita anche i delitti dei due leader politici di opposizione, Belaïd e Brahmi.

Riportiamo qui interamente la lettera in lingua originale ripresa dai social dell’avvocato de Vaulle, ma pubblicata anche su quotidiani francesi e tunisini:

La presse française relaie les décisions du président tunisien Kaïs Saïed, pour avoir suspendu le Conseil supérieur de la magistrature tunisienne. Au regard du respect d’un processus de la Constitution tunisienne, cela pourrait être interprété comme une violation du droit constitutionnel et de la démocratie.

Or, il semble que le président Kaïs Saïed, souhaite assainir la justice d’éléments complètement infiltrés par le parti islamiste « Ennahdha ». Je salue ici son courage et sa détermination, sachant qu’il est à la fois menacé de l’intérieur et qu’il subit d’importantes pressions de pays tiers, qui ne souhaitent pas la manifestation de la vérité qui pourrait être compromettante.

Le juge d’instruction de l’époque de Tunisie, Béchir Akremi, complètement adoubé par la France et notamment par la justice française, n’a pas fourni tous les éléments sur l’enquête de l’attentat islamiste du Bardo à Tunis (18 mars 2015). Parmi les 22 victimes (de 11 nationalités différentes) de ce sanglant attentat terroriste, il y a eu quatre de nos compatriotes tués dans cet attentat, ainsi que six blessés graves.

En effet, il est reproché au juge d’instruction d’avoir relâché six complices présumés de l’attentat au motif de tortures jamais établies. De nombreux articles et témoignages ont été publiés et produits sur ce dysfonctionnement judiciaire. Mais, cela n’a pas suffi à modifier le cours de l’instruction et le déroulement d’un procès qui a été complètement bâclé…

Je n’ai jamais cessé de dénoncer ces faits d’une très grande gravité commis par un juge en exercice qui se doit d’être indépendant et impartial. Il est aussi accusé d’avoir dissimulé des éléments dans les enquêtes de l’instruction sur des opposants politiques Chokri Belaïd et Mohamed Brahmi, assassinés par les islamistes.

À ce titre et en tant qu’avocat de cinq victimes françaises de l’attentat du Bardo, je m’associe à mes Confrères tunisiens du comité de défense de Chokri Belaïd et de Mohamed Bramhi, dans cette quête de justice et de vérité…

Aussi, j’attends de la part de tous les candidats à la présidence de la République française de s’exprimer sur cette affaire, qui concerne nos quatre victimes et nos six blessés, ainsi que toutes autres victimes, qui ont été humiliées dans cette parodie de procès d’Assises de l’affaire de l’attentat islamiste du Bardo.

Il Presidente Saïed – nonostante essere accusato ancora una volta di voler portare la Tunisia alla dittatura – si è riservato di nominare lui stesso i componenti del nuovo Consiglio Superiore della Magistratura; e chissà che non sia un cambiamento definitivo – positivo – dove la giustizia possa davvero fare il suo corso onestamente, scevra da accidia, collusioni e corruzioni – e si assicurino i colpevoli dei delitti politici di Chokri Belaïd e Mohamed Brahmi ad appropriati processi e condanne.

Sabato, 19 febbraio 2022 – n° 8/2022

In copertina: manifestazione ‘Skun ktal Chokri? – (trad. ‘Chi ha ucciso Chokri?’) che si svolge ogni mercoledì, da nove anni . Tutte le immagini sono concesse in esclusiva a www.theblackcoffee.eu da Manuela Maffioli© (tutti i diritti riservati)

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