Un’organizzazione internazionale di nazioni per proteggere l’operato della Corte internazionale di giustizia (ICJ) e della Corte penale internazionale (ICC) in relazione al conflitto israelo-palestinese
Redazione TheBlackCoffee
Il Gruppo dell’Aja ha dichiarato la sua creazione il 31 gennaio 2025 ed è stato fondato da nove stati membri: Belize, Bolivia, Cile o Cuba, Colombia, Honduras, Malesia, Namibia, Senegal e Sudafrica. I membri fondatori hanno invitato diversi altri paesi a unirsi, tra cui la Spagna.
Il Gruppo dell’Aja è presieduto da Varsha Gandikota-Nellutla, co-Coordinatrice generale di Progressive International, che ha descritto la motivazione per la creazione del gruppo: “Il Gruppo dell’Aja nasce dalla necessità. In un mondo in cui le nazioni potenti agiscono impunemente, dobbiamo unirci per difendere i principi di giustizia, uguaglianza e diritti umani”.
Noi, rappresentanti dello Stato Plurinazionale di Bolivia, Repubblica di Colombia, Repubblica di Cuba, Repubblica di Honduras, Malesia, Repubblica di Namibia e Repubblica del Sud Africa all’Aia, Paesi Bassi, in questo 31 gennaio 2025, inauguriamo il Gruppo dell’Aia,
guidati dagli scopi e dai principi sanciti nella Carta delle Nazioni Unite e dalla responsabilità di tutte le nazioni di sostenere i diritti inalienabili, incluso il diritto all’autodeterminazione, che essa sancisce per tutti i popoli;
addolorati per le vite, i mezzi di sostentamento, le comunità e il patrimonio culturale persi a causa di Israele, delle azioni genocide della potenza occupante a Gaza e nel resto del Territorio palestinese occupato contro il popolo palestinese, rifiutando di rimanere passivi di fronte a tali crimini internazionali.
rifiutando di rimanere passivi di fronte a tali crimini internazionali;
per rispettare i nostri obblighi di porre fine all’occupazione israeliana dello Stato di Palestina e sostenere la realizzazione del diritto inalienabile del popolo palestinese all’autodeterminazione, compreso il diritto al proprio Stato indipendente di Palestina.
Richiamando gli ordini della Corte internazionale di giustizia nel caso di Sudafrica contro Israele del 29 dicembre 2023, che riflettono una seria preoccupazione per la perpetrazione di crimini di genocidio in Palestina, e notando il numero significativo e diversificato di Stati che si sono uniti come Stati terzi nel caso, per chiedere la condanna e l’immediata cessazione del genocidio in corso, il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia del 19 luglio 2024 sulle “Conseguenze giuridiche derivanti dalle politiche e dalle pratiche di Israele nel territorio palestinese occupato, compresa Gerusalemme Est”;
il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia del 9 luglio 2004 “Conseguenze giuridiche della costruzione di un muro nel territorio palestinese occupato”; la risoluzione A/RES/Es-10/24 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, adottata il 18 settembre 2024 alla decima sessione speciale di emergenza, che ha approvato il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia del luglio 2024 e gli impegni degli stati membri a rispettare gli obblighi previsti dal diritto internazionale come riflesso nel parere consultivo;
l’emissione da parte della Corte penale internazionale il 21 novembre 2024 di mandati di arresto per aver indicato “ragionevoli motivi per ritenere che il signor Netanyahu e il signor Gallant abbiano ciascuno una responsabilità penale in quanto superiori civili per la guerra “crimine di dirigere intenzionalmente un attacco contro la popolazione civile…il crimine di guerra di ridurre in fame il mezzo di guerra…e i crimini contro l’umanità di omicidio, persecuzione e altri atti disumani”;
l’ordinanza della Corte internazionale di giustizia in Nicaragua contro Germania del 30 aprile 2024 “che ricorda a tutti gli Stati i loro obblighi internazionali relativi al trasferimento di armi alle parti di un conflitto armato, al fine di evitare il rischio che tali armi possano essere utilizzate per violare” la Convenzione sul genocidio e le Convenzioni di Ginevra in relazione alla condotta di Israele a Gaza e nel resto del Territorio palestinese occupato,
la Risoluzione 418 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 4 novembre 1977 e la Risoluzione 591 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 28 novembre 1986, che “hanno imposto un embargo obbligatorio sulle armi” contro l’apartheid in Sudafrica;
tutte le risoluzioni pertinenti del Consiglio di sicurezza, inclusa la risoluzione 2334 (2016) del 23 dicembre 2016, che ha ribadito che “l’insediamento da parte di Israele di insediamenti nel territorio palestinese occupato dal 1967, compresa Gerusalemme Est, non ha validità giuridica e costituisce una flagrante violazione del diritto internazionale”;
Sottolineando che le norme giuridiche violate da Israele includono alcuni obblighi di carattere erga omnes che, per loro stessa natura, riguardano tutti gli Stati e, in considerazione dell’importanza dei diritti coinvolti, tutti gli Stati possono essere ritenuti avere un interesse legale nella loro protezione;
Sottolineando la necessità di garantire la responsabilità per i crimini più gravi ai sensi del diritto internazionale attraverso indagini e procedimenti giudiziari appropriati, equi e indipendenti a livello nazionale o internazionale, e di garantire giustizia per tutte le vittime e la prevenzione di crimini futuri;
Convinti che l’azione collettiva attraverso misure legali e diplomatiche coordinate a livello nazionale e internazionale sia un imperativo urgente per sostenere i principi di giustizia e responsabilità che costituiscono il fondamento della Carta delle Nazioni Unite, dichiariamo la nostra intenzione di:
- Impedire la fornitura o il trasferimento di armi, munizioni e attrezzature correlate a Israele, in tutti i casi in cui vi sia un chiaro rischio che tali armi e articoli correlati possano essere utilizzati per commettere o facilitare violazioni del diritto umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani o del divieto di genocidio, in conformità con i nostri obblighi internazionali e in linea con il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia del 19 luglio 2024 e la risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite A/RES/Es-10/24.
- Sostenere la risoluzione delle Nazioni Unite A/RES/Es-10/24 e, nel caso degli Stati Parte, supportare le richieste della Corte penale internazionale e rispettare i nostri obblighi ai sensi dello Statuto di Roma, per quanto riguarda i mandati emessi il 21 novembre 2024; e attuare le misure provvisorie della Corte internazionale di giustizia, emanate il 26 gennaio, 28 marzo e 24 maggio 2024.
- Impedire l’attracco di imbarcazioni in qualsiasi porto, se applicabile, all’interno della nostra giurisdizione territoriale, in tutti i casi in cui vi sia un chiaro rischio che l’imbarcazione venga utilizzata per trasportare carburante e armamenti militari in Israele, che potrebbero essere utilizzati per commettere o facilitare violazioni del diritto umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del divieto di genocidio in Palestina, in linea con l’obbligo legale perentorio degli Stati di cooperare per prevenire il genocidio e altre violazioni di norme imperative con tutte le misure legali a loro disposizione.
Invitiamo tutti gli stati a intraprendere tutte le azioni e le politiche possibili per porre fine all’occupazione israeliana dello Stato di Palestina.
Invitiamo tutte le nazioni a unirsi a noi nel Gruppo dell’Aja nell’impegno solenne per un ordine internazionale basato sullo stato di diritto e sul diritto internazionale, che, insieme ai principi di giustizia, è essenziale per la coesistenza pacifica e la cooperazione tra gli Stati.
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Sabato, 8 marzo 2025 – Anno V – n°1072025
In copertina: l’assemblea di fondazione del Gruppo dell’Aja (31 gennaio 2025) – Foto: Al-Qalam