lunedì, Novembre 10, 2025

Notizie dal mondo

Heval Riza Altun

Vita di un partigiano per la libertà del popolo curdo – seconda parte

di Devriş Çimen (traduzione dall’inglese di Laura Sestini)

Il nucleo del movimento per la libertà si forma ad Ankara – Tenevano numerose riunioni e cercavano nuovi compagni d’armi. Tuttavia, non pensavano ancora di fondare un partito o di intraprendere una lotta armata. Piuttosto, a metà degli anni ’70, erano un gruppo di circa 25 studenti e giovani di sinistra ad Ankara alla ricerca di qualcosa di nuovo: basato sul socialismo, in Kurdistan. Come in altre parti del mondo a quel tempo, la sinistra stava suscitando scalpore nella politica turca. Nella primavera del 1972, i pionieri ideologici della sinistra turca, tra cui Deniz Gezmiş e due dei suoi compagni, furono giustiziati dallo stato turco e Mahir Çayan e i suoi amici furono uccisi in un’imboscata militare mentre protestavano contro le condanne a morte. Questo contesto influenzò Öcalan, che fu arrestato durante un’altra protesta e trascorse sette mesi in prigione.

Tuttavia, i successori di questa sinistra rivoluzionaria furono anche influenzati dal rifiuto dello Stato nei confronti dei Curdi, che si manifestò in vari modi. L’atteggiamento della sinistra turca rappresentava un dilemma per Öcalan, che fin dall’inizio era il leader naturale del gruppo Apocular (Apoisti) o Kürdistan Devrimcileri (Rivoluzionari del Kurdistan). L’approccio offensivo del gruppo a questo dilemma gli diede slancio negli anni successivi e lo aiutò a ottenere rapidamente un ampio sostegno in Kurdistan, che Öcalan descrisse come una “colonia” a causa della politica statale.

Solidarietà, amore e indispensabilità come tratti caratteriali – Il gruppo aveva un’idea, ma non disponeva di risorse finanziarie e materiali sufficienti per realizzarla. L’ispirazione ideologica e filosofica del movimento per la libertà del Kurdistan, che oggi è sostenuto da milioni di persone, fu sviluppata da questo nucleo centrale tra il 1973 e il 1978. Solo pochi membri di questo gruppo sono ancora in vita oggi.

Ricordando questi primi tempi difficili, Rıza Altun ha sottolineato la natura vitale dell’amicizia: “Nel gruppo, ognuno doveva costantemente dare il massimo per creare qualcosa di completo. Siamo riusciti a crescere dando tutto e sacrificandoci. Questo ha creato un sentimento e un’atmosfera molto speciali tra noi. Le caratteristiche più importanti del nostro gruppo erano la solidarietà, l’amore e l’indispensabilità tra amici. Queste qualità hanno poi plasmato il carattere e lo spirito del nostro movimento di liberazione”.

Nel maggio 1977, Haki Karer, che aveva portato l’idea dell’Apocular nelle città curde, fu assassinato ad Antep a seguito di una cospirazione di un gruppo legato allo Stato turco. Ad Ankara, il gruppo era disarmato e aveva difficoltà a procurarsi alcune pistole per autodifesa. Per fortuna, Altun riuscì a procurarsele. Karer fu il primo compagno dell’Apocular a cadere e rimane una fonte fondamentale di ispirazione per il movimento ancora oggi. Öcalan si riferiva a lui con grande rispetto come alla sua “anima nascosta”.

Il gruppo di Altun ad Antep – Dopo la morte di Haki Karer, Öcalan giunse alla conclusione che solo la fondazione di un partito avrebbe potuto rendere giustizia alla sua memoria. Quindi redasse il programma del PKK, fondato il 27 novembre nei pressi della città di Diyarbakır. Ma c’era prima un compito più urgente a cui dedicarsi: la vendetta. Rıza Altun, che si stava riprendendo da un grave incidente a Diyarbakır, era l’uomo perfetto per questo compito. Öcalan inviò Altun ad Antep, dove fascisti ostili e oppositori turchi di sinistra avevano intensificato i loro attacchi contro l’Apocular.

Altun era già stato attivo ad Antep in precedenza, ma la sua seconda visita ebbe qualcosa di speciale, che descrisse come segue: “A causa dei feroci attacchi, i nostri amici ad Antep non potevano uscire e muoversi liberamente. La pressione era enorme. Dopo l’omicidio del nostro amico Haki, si era creata un’atmosfera cupa creata dallo Stato. Il nostro leader Öcalan disse: “Non possiamo più accettare questa situazione. Formate un gruppo e combattetela”. Poi formò un gruppo di cinque amici fidati, dicendo: “Era un gruppo completamente indipendente e autonomo, distinto dai gruppi politici e organizzativi. Dovevamo condurre una vera e propria battaglia difensiva, ma avevamo bisogno di armi pesanti come i kalashnikov. Per respingere gli attacchi, dovemmo lanciare un attacco ancora più terrificante. A quel tempo, il nostro gruppo aveva un solo kalashnikov, che usavamo ovunque fosse necessario. Lo portammo ad Antep. Quando integrammo le nostre armi esistenti con esso, diventammo praticamente invincibili. Nel giro di tre mesi, tutto ciò che doveva essere fatto fu fatto. La situazione ad Antep tornò alla normalità. A metà del 1978, il nostro leader ci ordinò di cessare le nostre attività.”

Nel mirino dello Stato turco – Anche allora, il gruppo non aveva alcuna intenzione di intraprendere una lotta armata. Piuttosto, si trattava di affermarsi politicamente. Con questo in mente, si prepararono a fondare un partito politico socialista che si battesse per i diritti dei curdi.

Con la fondazione del PKK, il gruppo finì sotto l’occhio vigile dello Stato turco. Allo stesso tempo, l’esercito imperversava in tutto il paese, portando a un colpo di stato militare il 12 settembre dell’anno successivo (1980). Decine di quadri dirigenti erano già stati imprigionati in varie operazioni, tra cui Mazlum Doğan, Kemal Pir, Mehmet Hayri Durmuş, Mustafa Karasu e Rıza Altun nell’estate del 1979.

Il colpo di stato militare portò a una violenta ondata di repressione contro le forze di sinistra, di opposizione e progressiste. Ci furono oltre 600mila arresti, migliaia di vittime di tortura e oltre 170 morti. Decine di migliaia di persone fuggirono all’estero. Il governo fu deposto, tutti i partiti furono messi al bando e fu istituita una giunta militare fascista guidata da Kenan Evren. Le conseguenze del colpo di Stato continuano a plasmare la politica in Turchia ancora oggi e hanno eroso in modo permanente le fondamenta dell’ordine democratico nel Paese.

Resistenza in carcere – Nel 1980 e negli anni successivi, numerosi quadri e simpatizzanti del PKK furono imprigionati nella prigione n. 5 di Nolu Cezaevi (Carcere n. 5) a Diyarbakır, che il Times annovera tra le “dieci prigioni più famigerate al mondo”. Non a caso questo luogo è noto come “L’inferno di Diyarbakır” (in turco: Diyarbakır cehennemi). Il personale militare sadico tentò di piegare i prigionieri politici con metodi brutali di tortura. Altun disse: “Erano simili a esseri umani, ma non umani. Ci torturarono in modi che la mente umana non può sopportare”. Ma lui e i suoi compagni non si lasciarono piegare. Mazlum Doğan, un altro pioniere del movimento ad Ankara, era famoso per la sua resistenza nella prigione di Diyarbakır fino a quando, il 21 marzo 1982, sacrificò la sua vita per fare una dichiarazione politica.

Per protestare contro le condizioni disumane nel carcere di Diyarbakır, i pionieri Kemal Pir, Hayri Durmuş, Akif Yılmaz e Ali Çiçek iniziarono uno sciopero della fame il 14 luglio 1982. Chiesero “la fine della tortura, la disciplina militare imposta e l’uso dell’uniforme”. Questa azione non intendeva solo richiamare l’attenzione sulla situazione nelle carceri; voleva anche inviare un segnale alla popolazione esterna al carcere affinché riaccendesse la lotta contro la giunta militare fascista. Nel corso di questa azione, Kemal Pir, Mehmet Hayri Durmuş, Ali Çiçek e Akif Yılmaz persero la vita. Questa resistenza nel carcere n. 5 di Diyarbakır rafforzò il sostegno popolare e consolidò la cultura della “Resistenza del 14 luglio”, che ancora oggi guida il movimento.

“Alzati!” – Le azioni di resistenza dei suoi compagni – tra cui Kemal Pir e Mazlum Doğan in carcere, così come l’organizzazione al di fuori – portarono ad Altun nuove responsabilità. Assunse la guida dei prigionieri e partecipò a molti scioperi della fame successivi. Fu trasferito in almeno otto diverse prigioni in Turchia e sua madre fece spesso fatica a trovarlo per fargli visita. Era come un angelo custode, sempre al suo fianco quando affrontava difficoltà. Ovunque venisse trasferito, continuò a resistere alla dittatura militare, diventando così una figura simbolica della resistenza carceraria. Con coraggio, arguzia e incrollabile determinazione, lottò per preservare la dignità, la speranza e l’equilibrio mentale dei suoi compagni di prigionia. Altun ha spiegato il seguente esempio: “Hanno cercato di piegarci con torture e insulti. Un giorno volevano imporci l’uniforme. Io ero uno dei responsabili. Prima mi hanno portato via e torturato. Poi hanno radunato tutti gli altri prigionieri nel cortile. Mi hanno gettato a terra davanti a tutti. Il direttore del carcere mi ha gettato gli abiti ai piedi e ha detto: ‘Rıza, d’ora in poi indosserai questi abiti, e inizieremo da te’. Il sangue mi colava dalla bocca. Riuscivo a malapena ad aprire gli occhi e ho detto agli altri prigionieri: ‘Non li indosserò. E mi occuperò di chi li indossa’. I suoi compagni si sono uniti alla sua protesta, non per paura, ma per non vergognarsi di fronte a lui. La volontà incrollabile di Altun ha portato al successo. “In effetti, ho impedito il passaggio all’uniforme, ma sono stato torturato così a lungo che sono rimasto privo di sensi per giorni.”

Durante tutta la sua permanenza in prigione, H. Rıza si è rifiutato di cedere di un millimetro allo Stato. Ha trovato il coraggio di continuare laddove altri avevano perso la speranza. Per lui, c’era sempre un modo per cercare di raggiungere il suo obiettivo, e ha insegnato lo stesso ai suoi compagni di prigionia. Questa era la sua unicità e la sua forza. Abdullah Kanat, che ha trascorso otto anni nella stessa prigione di Rıza Altun, ha detto: “Altun era un amico che ha assunto un ruolo guida e non è sceso a compromessi”. Un altro compagno di cella, Mahmut Manas, ha detto: “La sua resilienza e il suo atteggiamento ci hanno sempre incoraggiato. Ci diceva sempre: ‘Siate forti!'”

1984: L’inizio della lotta armata – La resistenza carceraria influenzò anche il movimento di liberazione curdo al di fuori delle mura del carcere. Tuttavia, Öcalan aveva lasciato il Kurdistan settentrionale nel 1979 per il Libano (viaggiando via Kobanê, nella Siria settentrionale). Il movimento, indebolito da numerosi arresti, tentò di organizzarsi politicamente. A quel tempo, il movimento progressista palestinese era un luogo di incontro per molti movimenti internazionali, dove si scambiavano idee ed esperienze. Il PKK ne approfittò e, a partire dal 1982, si organizzò militarmente nella valle della Bekaa, in Libano, controllata dalla Siria, dove allestì un campo di addestramento. Il 15 agosto 1984, il PKK lanciò una lotta armata contro l’esercito turco, che sostenne per tutti gli anni ’80. Questa guerriglia spezzò la politica negazionista dello Stato turco. Fece notizia e accese dibattiti sulla questione curda e sul conflitto, sia in patria che all’estero. I curdi fuggiti si organizzarono, soprattutto in Europa, e portarono la questione sulla scena internazionale con grandi manifestazioni. Il sostegno della popolazione curda al PKK e, di conseguenza, il sostegno internazionale allo Stato turco crebbero di giorno in giorno.

La NATO sostenne pienamente il suo Stato membro, il che includeva anche la criminalizzazione della lotta di liberazione del PKK. A causa dell’intensificarsi delle azioni militari del PKK, nel 1987 fu dichiarato lo stato di emergenza nelle province curde della Turchia, sotto il regno di Kenan Evren. Nel tentativo di privare il PKK del sostegno sociale, più di 4mila villaggi curdi furono distrutti dall’esercito turco in quegli anni. Migliaia di omicidi “irrisolti” (in turco: faili meçhul) furono commessi, migliaia di persone scomparvero e milioni di curdi furono costretti a rifugiarsi in Europa e nelle città della Turchia a causa di una sistematica pulizia etnica. La documentazione di innumerevoli massacri, stupri, torture e arresti si trova negli archivi delle organizzazioni per i diritti umani.

Rıza Altun viene rilasciato – Fino al 1989, Turgut Özal era formalmente primo ministro sotto la giunta militare fascista di Kenan Evren. Il 31 ottobre 1989 fu eletto presidente civile dal parlamento. Per disinnescare la questione curda, sottolineò che sua nonna era curda e allo stesso tempo tentò di negoziare un cessate il fuoco con il PKK attraverso vari canali e mezzi. Durante il suo primo mandato, rilasciò diversi prigionieri politici, tra cui Rıza Altun e Mustafa Karasu, nel 1992. Tuttavia, si trattava di un tentativo di inviare un messaggio politico. Altun faceva spesso ridere i suoi amici in prigione con battute e umorismo, quindi, quando seppe per la prima volta che la sua condanna a morte era stata commutata e che sarebbe stato rilasciato, pensò che si trattasse di uno scherzo. Quando le guardie carcerarie lessero la sentenza e i suoi compagni di prigionia scoppiarono in lacrime, si rese conto della gravità della situazione.

Dopo il suo rilascio a sorpresa nel 1992, Altun lasciò rapidamente la Turchia e si recò all’Accademia del partito, da poco inaugurata a Damasco e guidata da Abdullah Öcalan. In quanto rivale politico e storico della Turchia, il governo siriano offrì spazio all’accademia del partito per dieci anni, fino alla sua chiusura a causa delle pressioni della Turchia e degli Stati Uniti.

Altun descrive questo periodo con le seguenti parole: “A quel tempo, il nostro leader Apo (Öcalan) viveva in un grattacielo ad Aleppo. Quando arrivammo lì con Mustafa Karasu, lui scese all’ingresso e ci accolse con grande gioia e abbracci. Disse: ‘È significativo aver raggiunto questo obiettivo’. Dopo un po’, andammo insieme a Damasco all’accademia, dove rimanemmo insieme, discutemmo e lavorammo. Karasu in seguito andò in Europa come responsabile, ma io rimasi lì a lungo. Lì ero coinvolto in molte attività, soprattutto diplomatiche, finché non andai in Iran come responsabile”. Altun entrò a far parte della cerchia ristretta – come lo era stato nei primi giorni ad Ankara – e accompagnò i colloqui diplomatici a nome del movimento, inclusa la preparazione del primo cessate il fuoco nel 1993. Prese parte anche alla conferenza stampa di Beirut con Öcalan il 20 marzo, in cui il PKK (attraverso vari intermediari) cercò una soluzione politica con il presidente turco Turgut Özal. Özal, che si batteva anch’egli per una soluzione, morì in circostanze misteriose il 17 aprile 1993, proprio il giorno in cui stava pianificando di rispondere al cessate il fuoco.

Ciò nonostante, Öcalan e il PKK hanno perseverato nella loro ricerca di contatti nella politica turca. Öcalan ha cercato con grande perseveranza di risolvere il problema con mezzi politici e pacifici. Quando questo non è riuscito, ha persino tentato di portare la questione sulla scena internazionale. Prima di essere rapito e portato in Turchia nel 1999, trascorse mesi in Europa alla ricerca di sostegno internazionale per una soluzione politica.

Un ritorno al conflitto armato – Ciò ha chiaramente sabotato gli sforzi per raggiungere un cessate il fuoco e una soluzione politica e pacifica. Nel conseguente vuoto di potere, i leader politici turchi hanno riacceso il conflitto armato. La Turchia e il suo esercito sono riusciti ad avere la meglio nel conflitto grazie all’ulteriore sostegno internazionale della NATO. In cambio di numerose concessioni politiche, economiche e geostrategiche, la lotta di resistenza del PKK è stata criminalizzata in molti paesi e demonizzata come organizzazione terroristica (prima negli Stati Uniti e poi nell’UE dal 2002). La comunità internazionale ha visto il PKK esclusivamente attraverso la lente del nazionalismo turco e della dottrina statale. La verità è stata distorta fino a renderla irriconoscibile da sistematiche campagne diffamatorie e propaganda politica.

Durante questo periodo, Altun era presente ovunque il movimento avesse bisogno di lui: a volte come diplomatico e rappresentante del movimento in Libano, Iran e Iraq; a volte come politico con responsabilità sociale, come nella creazione del campo profughi di Makhmour (in curdo: Mexmûr) in Iraq e durante l’esilio europeo; e altre volte come istruttore ideologico e comandante della guerriglia sulle montagne del Kurdistan.

Ispirare l’Europa – Dal 2001 in poi, Altun si è impegnato a comunicare le idee del movimento all’interno delle organizzazioni curde in Europa. Ha svolto un ruolo di collegamento tra i movimenti giovanili e femminili e le strutture organizzative in esilio, fornendo loro un orientamento ideologico e politico. Ho partecipato a un seminario a Parigi nel 2004 e sono stato uno dei tanti partecipanti ispirati dalla sua lezione. Egli ha sottolineato quanto sia importante impegnarsi politicamente contro il male che imperversa ovunque e quanto sia cruciale dare impulsi personali. Ha fornito esempi tratti dalla sua vita: “Un’autoeducazione intensiva è necessaria per sviluppare fiducia in se stessi nel pensiero e nell’azione. Gli individui rivoluzionari che agiscono con fiducia in se stessi e sono disposti ad assumersi le proprie responsabilità possono influenzare i processi, indipendentemente dalla difficoltà della situazione in cui si trovano”. Ha parlato molto della resistenza in carcere, poiché era stata un punto di svolta nella lotta. Ogni volta che parlava di Kemal Pir, la sua ammirazione era palpabile. I suoi occhi brillavano e lo descriveva come una scuola che lo aveva profondamente influenzato. Da giovane giornalista, ho avuto la fortuna di incontrare Altun diverse volte e di fargli molte domande. Ha parlato a lungo della storia del movimento e dei suoi aspetti internazionali, che purtroppo hanno ricevuto troppo poca attenzione a causa della criminalizzazione. L’ho incontrato l’ultima volta in Europa nel 2007, prima del suo ritorno sulle montagne del Kurdistan.

Resistenza ovunque, contro tutto ciò che vuole distruggerti – Per anni l’ho tempestato di domande. Nel 2015 mi ha descritto come la resistenza a Kobanê (contro IS/Daesh) incarnasse lo spirito del movimento: “Resistenza ovunque, contro tutto ciò che vuole distruggerti, fino all’ultimo secondo e all’ultima occasione”. Ho incontrato poche persone così convincenti dal punto di vista sociale, politico e teorico come lui. Questo lo rende un rivoluzionario davvero speciale e una fonte di speranza per me e per molti altri.

Ha condiviso questa capacità di persuasione con i suoi familiari più stretti. Tutte e tre le sue sorelle e i suoi quattro fratelli erano o sono politicamente attivi e hanno convinto anche i loro figli a seguire il suo esempio. Suo fratello minore Haydar (Kara Ömer) è stato ucciso a Heftanin nel 1991 mentre era comandante della guerriglia, quando Rıza Altun era ancora in prigione. Tre dei suoi nipoti presero parte alla lotta di liberazione come guerriglieri, due dei quali furono uccisi: Salih Doğan Yıldırım (Cumaali) cadde nel 2005 in uno scontro con l’esercito turco; e Sinan Altun (Doğan) nel 2006 per mano dell’artiglieria iraniana.

In risposta alla sistematica criminalizzazione da parte dello Stato turco e dei suoi alleati, il Comitato per le Relazioni Estere del KCK, fondato e guidato da Rıza Altun dal 2012, ha costantemente informato l’opinione pubblica e i politici internazionali sul movimento in Kurdistan. Ciò ha inevitabilmente provocato una reazione da parte dello Stato turco, che lo ha preso di mira. Nel giro di un anno, è rimasto ferito in tre diversi attacchi con droni, prima di perdere la vita in un quarto. È caduto sui monti Qandil il 25 settembre 2019.

C’è una chiara contraddizione: da un lato, gli stati internazionali sottolineano ripetutamente di voler difendere i diritti umani. D’altra parte, i droni utilizzati dallo Stato turco sono stati prodotti con il supporto internazionale. Nei primi due attacchi e in quelli successivi, almeno sei stretti collaboratori di Rıza Altun, attivamente coinvolti nel comitato, sono stati uccisi.

Cemil Bayık è un membro fondatore del PKK e co-presidente del Consiglio Esecutivo del KCK. È stato uno dei primi collaboratori di Altun ad Ankara, con cui ha collaborato in molti ambiti della lotta di liberazione. Bayık ha poi sottolineato che lo Stato turco riteneva che non sarebbe stato un bene per le sue politiche omicide se Altun e il comitato avessero continuato il loro lavoro. Per questo motivo è stato specificamente preso di mira, perché stava cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale sugli sviluppi in Kurdistan e sulle prospettive del movimento attraverso attività di pubbliche relazioni. “H. Rıza è stato un grande rivoluzionario, un grande socialista e un compagno appassionato che non si è mai lasciato scoraggiare dagli ostacoli. (…) Ha mantenuto il suo cameratismo con il leader Apo (Öcalan) fino al giorno della sua morte da martire. Su questa base, ha anche mantenuto un cameratismo esemplare con me e, soprattutto, con gli amici del movimento. (…) È stato il mio compagno e abbiamo combattuto insieme. Mi ha influenzato. Ho preso molto da lui come modello e continuerò a farlo.”

Allo stesso modo, Duran Kalkan, membro del Consiglio Esecutivo del KCK e compagno fin dai primi giorni ad Ankara, ha descritto Altun come segue: “Nelle circostanze più difficili, in luoghi considerati impossibili, ha dato un grande contributo a plasmare il corso della nostra lotta con grande coraggio e abnegazione, oltre che con creatività e iniziativa, e ha prevalso su tutti i possibili avversari.”

Gli Heval e Heval Rıza – Con il suo umorismo e la sua arguzia, H. Rıza era un rivoluzionario che conosceva le profondità e le difficoltà della vita, ma non ne perdeva mai il fervore, cercando di proteggere la bellezza della vita rappresentata nelle relazioni interpersonali, anche quando le circostanze erano difficili. Quanto possa essere difficile la vita di un rivoluzionario non ha bisogno di ulteriori spiegazioni. Rıza Altun diceva: “Bisogna tener testa a loro, e l’umorismo è un ottimo modo per farlo”. Non rendeva la politica rigida e sgradevole, ma piuttosto gioiosa, convincente e creativa.

Ovunque si trovasse, era il carismatico e popolare Heval Rıza. In curdo, “Heval” significa “amico”, ma comprende molto di più. Nel corso della lotta di liberazione, il termine divenne sinonimo delle decine di migliaia di quadri del PKK che dedicarono la loro vita alla rivoluzione. Socialisti contrari al nazionalismo, al razzismo, alle forme patriarcali di società e soprattutto al capitalismo, questi militanti non hanno alcun interesse per i beni materiali, non portano denaro e non possiedono nulla, ma le loro vite sono arricchite da ideali, idee e dalla motivazione per metterli in pratica. È quindi un grande merito e un tributo quando le persone che li seguono lo esprimono in questo modo: “Non è solo ciò che dicono, ma anche il modo in cui vivono che ci convince”. La madre di Altun, Hatice, una volta disse: “Quando gli heval venivano a casa nostra, pensavamo che gli angeli ci stessero visitando”.

Gli heval erano sempre presenti quando le persone che vivevano nella miseria e nell’oppressione non vedevano via d’uscita. Decine di migliaia di persone hanno perso la vita per cambiare le condizioni e creare spazio per la libertà e la dignità. Durante gli anni della lotta di liberazione, gli heval hanno sviluppato una propria cultura di resistenza: una comprensione etica di una vita libera, dignitosa e paritaria. Cercano di vivere questa cultura e questi principi nella loro vita quotidiana. H. Rıza è stato ed è un pioniere intransigente di questa nuova cultura di resistenza in Kurdistan.

In un’intervista, H. Rıza ha spiegato di essere rimasto sorpreso quanto lo Stato turco e il mondo intero dal successo della loro lotta: “All’epoca, ad Ankara, non avremmo potuto immaginare gli sviluppi odierni. Il nostro concetto chiave è la resistenza. Abbiamo deciso di resistere ovunque e contro tutto ciò che è sbagliato. Questo ha trovato eco in Kurdistan, dove milioni di persone ci hanno sostenuto con tutte le loro risorse. Abbiamo portato avanti una rivoluzione in Kurdistan che ha incluso molti altri processi rivoluzionari, come quelli delle donne, dei popoli e del confederalismo democratico”.

45 anni di lotta – All’età di 65 anni, H. Altun è caduto combattendo, il culmine di 45 anni di ininterrotta lotta rivoluzionaria e resistenza. Ma questa non fu una vita scelta per mera belligeranza o amore per la violenza, né i suoi atti rivoluzionari furono legati a un luogo specifico. Piuttosto, combatté e visse per una vita che trascendeva il mondo fisico: una vita fluida, piena di amore, resistenza e dignità.

Se si vuole approfondire la storia degli heval e della loro lotta per la liberazione in Kurdistan, la vita e la lotta di H. Rıza rappresentano un punto di partenza affascinante. Fu un combattente della resistenza che diede speranza alla popolazione scoraggiata del suo tempo in Kurdistan. Fu un guerrigliero errante e resistette quando tutto sembrava perduto.

Si oppose ai suoi avversari ovunque combattesse. La sua vita, iniziata con lo sradicamento, terminò dove per lui era più importante: sulle montagne del Kurdistan. E le montagne non furono per lui solo un simbolo, ma una necessità; divennero il luogo della sua più alta autorealizzazione: “Le montagne ci danno l’opportunità di essere veramente liberi. Non sono solo un luogo di rifugio, sono un prerequisito per la nostra lotta per la libertà. Per molti di noi, sono diventate un habitat indispensabile, uno stile di vita”. Ciò che ha lasciato in parole, azioni, incontri e idee rimane. Nei nostri cuori, nella nostra coscienza, nella nostra resistenza.

Coinvolse tutta la sua famiglia e tutti coloro con cui entrò in contatto nella lotta per la liberazione. È un grande esempio per chi desidera vivere una vita “vibrante”: per amare l’umanità e liberare gli oppressi, è necessario un personaggio come H. Rıza. Le persone sagge hanno ragione a dire che non si possono portare con sé i beni materiali dopo la morte; in fin dei conti, ciò che ha veramente valore è il tipo di vita che una persona ha vissuto e ciò che ha lasciato nella mente e nel cuore degli altri. Da questa prospettiva, H. Rıza non si è mai preoccupato dei beni materiali. Non possedeva né una casa, né un’auto, né beni finanziari, ma con la sua vita e il suo lavoro ha creato un’intera cultura di resistenza in Kurdistan. In questo testo, ho cercato di offrire ai lettori una piccola panoramica su Rıza Altun, che ho avuto il privilegio di conoscere e che ha avuto un ruolo importante nella mia vita. Nella sua vita movimentata, ha continuato la tradizione di Che Guevara, Ho Chi Minh, Bobby Sands, Rosa Luxemburg, Thomas Sankara, Thomas Müntzer, Sakine Cansiz, Antonio Gramsci e molti, molti altri.

Intellettuale rivoluzionario, socialista e universalmente istruito – Quasi 100 anni fa, dall’interno di una prigione fascista, Antonio Gramsci annotò uno dei suoi pensieri più importanti: “Dobbiamo creare persone sobrie e pazienti che non disperino di fronte ai peggiori orrori e non si esaltino per ogni stupidità. Pessimismo dell’intelletto, ottimismo della volontà”. Secondo Gramsci, tutti gli esseri umani hanno capacità intellettuali, ma non tutti assumono il ruolo sociale di un intellettuale. H. Rıza fu fonte di ispirazione e motivazione nella sua vita e nella sua lotta. Con la sua profonda capacità di persuasione e la sua conoscenza, esercitò una grande influenza su tutti. Come intellettuale rivoluzionario, socialista e universalmente istruito, H. Rıza svolse un’instancabile funzione sociale nella lotta per la liberazione.

In un’intervista dettagliata con l’agenzia ANF nel novembre 2017, descrisse il contesto internazionale, la sua ideologia e la sua attuazione politica. In particolare, ha affrontato la prospettiva socialista, cruciale per la sua lotta: “Se il capitalismo può sopravvivere oggi con politiche imperialiste, è perché le forze della libertà, le forze socialiste, non sono in grado di articolarsi sufficientemente bene e non riescono a organizzarsi e a trasformare le loro idee in una lotta. Proprio come il sistema economico mondiale capitalista è controllato da un punto centrale, anche le forze della libertà devono unirsi su base democratica per formare un’unità internazionalista. Senza questo, è improbabile che possano eliminare il capitalismo e l’imperialismo”. Nella sua dichiarazione, ha sottolineato con fermezza la necessità dell’internazionalismo socialista, definendo “una nuova internazionale” come “urgentemente necessaria”.

La vita non permette a tutti di vivere come H. Rıza. Anche se potessero, non tutti sceglierebbero di seguire questa strada. Ma è chiaro fin dall’inizio che chi ha scelto di vivere così non morirà vecchio, malato e sofferente a letto. Una vita segnata da così tanto movimento, emozione e passione si farà invariabilmente molti nemici, e H. Rıza non faceva eccezione. I suoi nemici lo perseguitarono, lo sorvegliarono costantemente e tentarono ripetutamente di togliergli la vita. La sua scomparsa arrivò troppo presto, ma un martire non muore mai veramente. H. Rıza sarà un esempio luminoso per tutti coloro che desiderano continuare a vivere con dignità e resilienza.

Devriş Çimen è giornalista e politico curdo

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Prima parte:

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Sabato, 4 ottobre 2025 – Anno V – n°41/2025

In copertina: Abdullah Öcalan durante una conferenza stampa. Dietro a dx Riza Altun – Immagini fornite dall’autore

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