venerdì, Marzo 28, 2025

Teatro & Spettacolo

Edipo Re

Must della tragedia greca in scena con gli attori-detenuti di Castelfranco Emilia

di Laura Sestini

Secondo la giustizia italiana, il reiserimento dei detenuti nella società cosiddetta perbene, non deviata, dovrebbe avvenire attraverso progetti sociali, di istruzione, di lavoro già durante il periodo utile, più o meno lungo a seconda dei casi, per scontare la pena, intesi all’interno delle strutture carcerarie. Addirittura, sarebbero previste le misure alternative durante l’ultimo anno di pena che conduce verso la libertà, in modo che, quando si già intravede una tenue di luce in fondo al tunnel, si possano riprendere in mano le redini della propria vita, per poi rientrare definitivamente nei ritmi e nelle modalità esistenziali delle persone libere.

Guardando da un altro punto di vista, la sociologia definisce l’istituzione carceraria come “un’istituzione totale“, poiché la volontà, e di conseguenza la personalità di chi entra in un qualsiasi penitenziario per scontare una pena, viene trasformata, piegata, appiattita da regole uniformate, uguali per tutti, indistintamente dal gruppo culturale di provenienza, e sottomessa ad una autotità totalitaria. E’ poi risaputo, lo affermano ancora le scienze sociologiche, che l’istituzione penitenziaria, e lo stato di detenzione, sia un contesto violento, psicologicamente e talvolta anche fisicamente. Lo dimostrano palesemente i numerosi suicidi che avvengono entro le mura carcerarie italiane, già 12 in soli due mesi dall’inizio del 2025.

Se per le pagine della giustizia vengono approvati, e ivi impressi, grandi progetti di impegno sociale e di reinserimento delle persone detenute, nella realtà dei fatti, in gran parte, questi non vengono attuati, per un intreccio di concause: l’indirizzo più o meno criminalizzante del Ministro della Giustizia di turno, lo specifico direttore dell’istituto che può agire in maniera autoritaria e retriva, si uniscono alle annose giustificazioni di mancanza di fondi, di personale di sicurezza, o altre criticità legate tanti istituti di pena. A nostro più modesto avviso, manca soprattutto una reale volontà di migliorare il sistema carcerario nazionale.

La regione Emilia Romagna, seppur non si possa affermare che i penitenziari entro il suo territorio godano di buona salute, Modena docet, da tempo ha scommesso sui progetti di reinserimento sociale per i detenuti attraverso l’arte teatrale, per cui mette a disposizione alcuni spazi, veri teatri del circuito ERT – Emilia Romagna Teatro – e ne cofinanzia le produzioni insieme ad altri enti. I laboratori permanenti in carcere vengono invece finanziati dalla Cassa delle Ammende, un’agenzia del Ministero della Giustizia.

Proprio nella città di Modena ha sede la compagnia del Teatro dei Venti, diretta dal regista Stefano Tè, la quale da numerosi anni è operativa con i laboratori teatrali negli istituti penitenziari di Modena e Castelfranco Emilia.

Durante il mese di febbraio, per due intere settimane, la Compagnia ha portato in scena in prima assoluta la Trilogia dell’Assedio, un ciclo tebano che comprende le tragedie di Sofocle ed Eschilo, Edipo Re, Sette contro Tebe e Antigone, un nuovo progetto di produzione teatrale realizzato nelle carceri di Castelfranco Emilia e di Modena, del cui ultimo ne è coinvolta anche la sezione femminile che ha lavorato sul mito di Antigone, simbolo di lotta e determinazione delle donne.

Mentre durante i giorni feriali della settimana gli spettacoli sono andati in scena con i singoli titoli, nelle due domeniche incluse nell’arco temporale tra l’11 e il 23 febbraio, il pubblico ha assistito a delle vere e proprie maratone teatrali che comprendevano nell’insieme i tre classici della mitologia sulla città di Tebe. Tutta la Trilogia ha ottenuto grande successo, il pubblico modenese ha dimostrato avere notevole sensibilità nei confronti delle restituzioni dei laboratori teatrali tenuti in carcere.

La Compagnia del Teatro dei Venti è anche capofila di un progetto transnazionale europeo AHOS All Hands on Stage, che abbraccia alcuni enti di promozione sociale provenienti dalla Grecia, Germania, Serbia e Polonia. Il progetto è cofinanziato dal programma Creative Europe per la professionalizzazione di figure entro i contesti di spettacolo come il teatro: tecnica, luce, audio, scenografia, costumi, e per la valorizzazione e il sostegno degli attori-detenuti già inclusi nei progetti teatrali.

Sofferta e travolgente, la tragedia di Edipo Re si è dipanata sul palco del Nuovo Teatro delle Passioni di Modena, circondato dagli spettatori su tre lati, tutti sold out, dove hanno partecipato attente e coinvolte alcune classi di studenti delle scuole superiori di Modena “che hanno seguito tutto il ciclo delle rappresentazioni tebane” – riporta soddisfatto il regista Stefano Tè. Un palcoscenico dove le distanze tra attori e pubblico è risultato prossimo, intimo, dove gli spettatori diventano scenografia, coro silente. Le musiche live della violista Irida Gjiergi hanno avvolto tutto l’ambiente, generando un’atmosfera di passioni laceranti, dolorose ma trascinanti e irrinunciabili; le sue note hanno irretito l’orecchio e il sentimento assorbendo lo spettatore dentro la “bolla” della finzione teatrale.

Il cast si Edipo Re è composto in maggioranza da attori-detenuti e due attrici (bravissime, è doveroso ricordarlo) della Compagnia del Teatro dei Venti nelle vesti dell’indovino cieco Tiresia e della regina Giocasta. Edipo è impersonato da un giovane talento di origine napoletana, che avevamo già applaudito nell’interpretazione di Amleto, anch’esso prodotto nei laboratori in carcere della Compagnia, spettacolo di punta della stagione precedente.

Dopo lo spettacolo, in un banchetto organizzato estemporaneamente nel foyer del teatro dai numerosi volontari, che formano il gruppo degli “Abitanti Utopici” e dedicano con passione il loro tempo al Teatro dei Venti e i loro progetti socioculturali, meritato momento di relax per gli attori-detenuti fino al termine orario per il rientro nella struttura carceraria, l’interprete di Edipo confida di sé come fin da bambino componesse testi e li recitasse in pubblico. Oggi, ancora, egli scrive testi e poesie che porta in scena in forma di monologhi.

Tra i creativi del gruppo anche chi ha il dono del disegno e crea bozzetti per le scenografie e i costumi. In scena interpreta Creonte, fratello di Giocasta. Tra i volontari, Nuvia Valestri, una professionista che recentemente ha abbracciato il progetto di teatro-carcere ed ha realizzato tutti i costumi della Trilogia.

I nomi degli attori-detenuti rimangono velati, e non è solo una questione di legge, di privacy e GDPR, ha un significato molto più umano, di rispetto della persona e della sua rivoluzione interiore. Riguardo a questo, per osservare una peculiare par condicio, la Compagnia ha deciso di omettere in cartellone anche quello dei suoi attori e attrici che hanno delle parti negli spettacoli.

Nella trama di Sofocle, l’oracolo di Tiresia sarà terribile, ma Edipo non arretrerà davanti all’oggettività del suo passato. La “verità” è un concetto indiscutibile per il Re di Tebe, disposto a morire per essa. Su questo punto della tragedia, si può trovare un significato, un riflesso sul passato di chi sta scontando una pena, dimostrato dagli attori in scena che guardando dritti al loro futuro.

La tragedia di Edipo rispecchia la metafora della vita, che incredibilmente può passare dal culmine della felicità al baratro dell’irreparabile. Gli attori-detenuti interpretano con grande enfasi i loro ruoli, consapevoli di quanta forza di trasformazione personale e sociale possa contenere l’arte del teatro. Alcuni, più estroversi, in momenti di socializzazione con il pubblico raccontano di quanto sia cambiata la loro esperienza carceraria partecipando ai laboratori e mettendosi in gioco mostrando la faccia. Ciò vale per il tempo presente, ma anche della speranza che si matura per un migliore futuro che verrà da persone libere.

Da uno spettacolo del Teatro dei Venti con gli attori-detenuti non si esce mai “indenni”, mai uguali a prima. Donano emozione, inducono a riflettere sull’esistenza umana e sulle sue potenzialità che, agite in positivo o in negativo rimangono unicamente responsabilità personale. Un messaggio intrinseco che vale per tutti, privati della libertà o illusi di averla sempre in mano.

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Lo spettacolo è andato in scena mercoledì 18 febbraio al Nuovo Teatro delle Passioni, Via A. Peretti, 9 – Modena – alle ore 20.00.

Edipo Re

regia di Stefano Tè

Drammaturgia: Vittorio Continelli, Azzurra D’ Agostino, Stefano Tè,

con gli attori-detenuti della Casa di Reclusione di Castelfranco Emilia

e due attrici della Compagnia del Teatro dei Venti.

Bozzetti della scenografia e dei costumi a cura di F. M.

Realizzazione dei costumi: Nuvia Valestri 

Musica: Irida Gjergji, violista

Lo spettacolo è creato nell’ambito di AHOS – All Hands on Stage, progetto cofinanziato dal programma Creative Europe. Produzione Teatro dei Venti, in coproduzione con Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale e con il Coordinamento Teatro Carcere Emilia Romagna nell’ambito del progetto Stanze di Teatro Carcere sostenuto dalla Regione Emilia Romagna (L.R.13/99), con il sostegno di Ministero della Cultura, con il contributo di Fondazione di Modena all’interno del progetto Abitare Utopie, con il contributo di BPER Banca.

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Sabato, 1 marzo 2025 – Anno V – n°9/2025

In copertina: l’indovino Tiresia interpretato da Francesca Figini – Tutte le foto sono di Chiara Ferrin – courtesy Compagnia Teatro dei Venti

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